Sviluppato da Water Phoenix e Kotobuki Solution e pubblicato da PQube in sinergia con Kemco, Archetype Arcadia è una classica visual novel classificabile nel genere dark sci-fi ambientata in un mondo post apocalittico. Noi abbiamo affrontato il futuro distopico di Rust e amici su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione!
Archetype Arcadia – tra virtuale e reale
Archetype Arcadia è una visual novel decisamente classica e in quanto tale punta tutto sulla narrazione. Questa volta, abbiamo tra le mani un’opera fantascientifica di stampo apocalittico che prende spunto da innumerevoli altre opere, mescolandole e provando a fornire un mondo futuro con un’identità propria. Ma procediamo con ordine.
L’umanità è quasi del tutto malata, infetta da un misterioso male denominato “peccato originale” che spinge gli infetti a impazzire in preda a illusioni sensoriali e a istinti praticamente suicidi e distruttivi. Un vero e proprio tracollo delle società, una devastazione emotiva e fisica che non conosce limiti e che sta portando l’essere umano a estinguersi. I sopravvissuti, infatti, sono sempre di meno e quei pochi faticano non poco sia a resistere che a trovare gli altri sopravvissuti.
C’è però un vago e opaco palliativo, un modo per rallentare gli effetti di questo devastante male e la soluzione è vivere all’interno di un gioco virtuale il cui nome è il titolo stesso dell’opera PQube: Archetype Arcadia. In questo mondo fantasy digitale, la gente vive una seconda vita. Anzi, in molti… vivono completamente lì dentro. Isolandosi dall’orrore reale e creandosi una vita lì, in un mondo fantastico e apparentemente sicuro.
Ma così sicuro… non lo è. Non lo è affatto. Perché ci sono dei mostri che sembrano nati dall’amplificazione eccessiva dei sentimenti negativi umani. O forse sono essi stessi umani? Magari ex giocatori? E parlando degli altri giocatori: di quanti potrai davvero fidarti? E infine, ma non meno importante: la cura al male reale, è davvero nascosta in quel gioco? Muovendosi fra Sword Art Online, Ready Player One e tanti altri prodotti simili, Archetype Arcadia prova a raccontare una sua storia e in parte ci riesce anche bene.
Salvando alcune lungaggini eccessive, il titolo si difende abbastanza bene, colpisce, attira. La realtà stupisce meno del mondo virtuale dove gli avatar, le creature, l’ambientazione stessa, offrono una coerenza accattivante e funzionale al racconto. Quasi ci dispiace che il titolo sia una visual novel e non un gioco di ruolo vero e proprio. In ogni caso, prima di procedere al gameplay è bene spendere due parole sul protagonista: Rust.
Rust non è affetto dalla malattia ma la sua sorellina, sì. Ed è per lei che decide di immergersi nel mondo virtuale cercando una soluzione concreta e allo stesso tempo di sopravvivere agli innumerevoli pericoli che lo attendono. L’eroe di turno è un po’ un cliché, come gran parte del cast, ma non annoia e mantiene un carattere abbastanza solido unito a un lieve senso di crescita personale che non dispiace affatto.
Un buon libro da sfogliare
Archetype Arcadia è una visual novel assolutamente standard (qui puoi leggere il nostro approfondimento sul genere) che oltre a tutte le comodità tipiche del genere come velocizzare il testo, mettere pausa, avere innumerevoli slot di salvataggio e una buona cronologia, non innova praticamente niente. Anche il sistema delle scelte è molto ancorato ai classici del genere che qui prevedono anche innumerevoli finali negativi.
Esatto, Archetype Arcadia ha dei percorsi, anche abbastanza lunghi, destinati a concludersi in modi devastanti. Niente di irreparabile, considerando che il titolo è molto user friendly e permette di selezionare i capitoli e tener conto delle scelte già fatte. Il problema è che le suddette scelte da fare sono un po’ troppo prevedibile. In sintesi: capire cosa ti porterà alla disfatta è fin troppo evidente e quindi facile da schivare.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Archetype Arcadia non si difende affatto male. Anzi, riesce a dare una sorta di coerenza visiva dei due mondi del racconto con quello virtuale che spicca per originalità grazie soprattutto alle orrende creature mostruose. Gli avatar dei personaggi, invece, sono sì carini ma meno ispirati. Apprezzata la presenza di diverse scene d’azione, come l’esecuzione delle mosse degli avatar durante i combattimenti e qualche effetto visivo che vanno a spezzare una lettura altrimenti statica, standard e passiva.
Buona anche la caratterizzazione estetica dei personaggi con quelli maschili leggermente meno ispirati e un po’ anonimi, oltre che simili tra loro. Anche i fondali non sono malaccio seppur non tutti molto dettagliati. In compenso la varietà visiva è buona e i finali negativi sanno regalare anche scene abbastanza macabre che vanno a ricordarci il target del titolo (non adatto a tutti, ovviamente).
Il sonoro, che include un buon doppiaggio, è abbastanza piatto e non sempre coerente con quanto avviene a schermo ma non risulta mai fastidioso o ridondante. Buoni alcuni effetti sonori mentre ci duole segnalare la totale assenza, anche nei sottotitoli, della lingua italiana. Questo per una visual novel è sempre un tasto dolente, considerando la mole molto elevata di testo che ci attende.