Sviluppato da Trickjump Games Ltd e pubblicato in sinergia con PQube, ArcRunner è uno sparatutto sci-fi in terza persona facente parte dell’ormai spopolata categoria dei roguelike. Noi abbiamo affrontato l’IA impazzita su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto a immergerti in un futuro distopico?
ArcRunner: cattiva IA, non si fa!
Siamo in un futuro non meglio precisato, il pianeta è ormai quasi del tutto digitalizzato e dietro ogni angolo s’aggirano robot di varie forme e dimensioni. Un paradiso per gli amanti dello sci-fi se non fosse che l’incipit di ArcRunner ci catapulta subito al cuore del problema: l’IA denominata KORE che gestisce ogni singola funzione dell’Arc è stata infettata da un misterioso virus.
Facciamo un passo indietro. Cos’è l’Arc? Trattasi di una gigantesca stazione spaziale sede dell’intera avventura di ArcRunner (da cui parte del titolo stesso dell’opera firmata PQube). La stazione è affidata interamente a un’intelligenza artificiale (in breve IA, appunto) che dovrebbe gestirla autonomamente garantendone le varie funzionalità.
Con l’IA infettata e in preda a chissà quale hacker, tutti i sistemi di difesa e ogni singola entità robotica presente sull’Arc perde il suo ruolo pacifico e iniziano a dar vita a un caos totale e imprevedibile. In mezzo a tale devastazione, c’è però un piccolo barlume di speranza: noi. Noi siamo un agente tattico dotato di corpo robotico potenzialmente eterno.
Tale corpo robotico e la sua continua rigenerazione in caso di morte, sono dovuti a una parte del sistema difensivo dell’Arc che non è stata raggiunta dal virus. Tale parte, unica entità con cui avremo un monotono dialogo a ogni rinascita, è il nostro unico alleato oltre che mandante del nostro obiettivo: percorrere tutta la stazione spaziale, arrivare al cuore di KORE e purificarla dal virus.
Se te lo stai chiedendo, narrativamente parlando, ArcRunner non offre altro. L’incipit, come avrai potuto notare, non è chissà quale rivoluzione e anche il canovaccio, flebile e stringato, si sviluppa in modo pigro e prevedibile, rallentato dal sistema a loop tipico dei roguelike. Un peccato considerando il potenziale di base legato soprattutto a una buona atmosfera cyberpunk sfruttata timidamente.
Spara, muori e ricomincia
ArcRunner è un classicissimo roguelike che non prova neanche a introdurre qualcosa di nuovo o unico ma che, anzi, si perde in un sistema monotono e pigro. La caratteristica principale nonché principale punto a favore del titolo, è il suo essere un buon sparatutto in terza persona, veloce, accessibile e dotato di un buon ritmo d’azione.
Ogni bioma è diviso in un determinato numero di aree con un boss alla fine e un mid-boss al centro del percorso. Come ogni roguelike, se muori, dovrai rifare tutto dal principio. Ma prima di entrare nel dettaglio, è bene spendere due parole sul protagonista stesso. Abbiamo già detto che il corpo robotico viene ricreato a ogni morte ma ciò che va aggiunto, è la possibilità di poter cambiare classe all’inizio di ogni run.
Purtroppo, il titolo offre tre sole classi, una di queste da sbloccare successivamente. La prima, quella del soldato, è un classico guerriero, particolarmente consigliato ai neofiti e dotato di uno scudo riflettente e di un attacco ravvicinato che, seppur lento, riesce a causare una buona mole di danni. L’altra classe disponibile è quella del ninja, meno brutale e più votato allo stealth, questa classe diventa invisibile e colpisce veloce e a sorpresa. Un sistema leggermente più tattico che rischia di prolungare un po’ troppo i vari scontri.
L’ultima classe denominata pirata, è un hacker ed è anche il più caratterizzato dei tre con la possibilità di intervenire sui codici dei nemici stravolgendo ogni ondata e rendendo gli scontri leggermente più caotici e ancor più tattici rispetto al ninja. Il fatto che viene sbloccato successivamente rispetto agli altri due, è la conferma che si tratta di una classe leggermente più complicata da padroneggiare ma anche con qualche lieve vantaggio extra.
Se le abilità di partenza mutano al mutare della classe, le armi no. All’inizio avrai solo una pistola ma, ti basterà recuperare dai nemici o dalle casse una delle tante altre bocche da fuoco per attivare subito una serie di sfide (legate a quell’arma) la cui risoluzione ti consentirà di scegliere quell’arma sin dall’inizio delle successive run. Da evidenziare che ogni arma ha determinate statiche oltre a un livello di rarità. La stessa arma può quindi mutare in potenza ma anche in effetti secondari (come possibilità di creare danni di fuoco, d’acido, ecc.).
Questo sistema mira a far cambiare spesso arma anche in considerazione del fatto che, più andrai avanti, più i nemici diventeranno forti e numerosi, causando più di una morte. Perché in ArcRunner si muore spesso, anche in modalità facile. Questo, più che frustrazione, può causare noia. Una noia legata al fatto che aree e nemici sono poco varie e le run si assomigliano troppo tra loro.
Potenziamenti sciapi e sfide ripetitive
A provare a cambiare le carte in gioco, oltre alle armi, ci sono dei potenziamenti ottenibili alla fine di ogni area. Questi ne sono quattro, totalmente randomici e sta a noi sceglierne uno solo prima di procedere all’area successiva. Queste modifiche temporanee e che vengono azzerate in caso di morte, vanno a intaccare lo scudo difensivo extra, la velocità, l’ampiezza del salto, i danni elementali e quant’altro.
Purtroppo non sono tantissimi e per questo il titolo tenderà a ripetersi molto unito al fatto che, ognuno di questi potenziamenti, è a sua volta ri-potenziabile. Esempio: il potenziamento dello scudo extra, può essere a sua volta ripotenziato, ampliando ulteriormente lo scudo. Un modo fiacco per coprire la scarsa varietà dei potenziamenti stessi.
Altro elemento che vorrebbe mutare le cose ma che in realtà non ci riesce, sono delle sfide del tutto opzionali nascoste nelle varie aree di gioco. Queste sfide richiedono l’uccisione dei nemici in determinati modi come uccidere TOT robot mentre sei sospeso in aria o eseguire un determinato numero di uccisioni multiple. Il tutto, in un breve lasso di tempo. Se la sfida riesce, come premio potrai aprire una speciale cassa contenente o un’arma, o delle cure, o degli scudi oppure dei naniti.
I naniti sono l’unico elemento che potrai portare con te di run in run. Questi possono essere spesi unicamente prima dell’inizio di una run e vanno a intaccare permanentemente le nostre statistiche (come il massimale dell’energia vitale) o aggiungendo vantaggi o abilità speciali (come la possibilità di poter tornare per una volta sola in vita senza ricominciare tutto dall’inizio). Queste abilità sono essenziali per poter affrontare al meglio le zone più complesse ma contribuiscono relativamente poco a variare l’esperienza di gioco.
Ci teniamo a evidenziare il problema della monotonia perché, ludicamente parlando, ArcRunner non è male. Anzi, il feedback delle armi, l’azione a schermo, il caos di colori e proiettili, funziona e nelle prime battute è anche discretamente divertente. Ma purtroppo tutto questo sfuma a una velocità disarmante e difficilmente avrai voglia di fare più run nella stessa sessione di gioco.
Per fortuna, gli sviluppatori hanno ben pensato di introdurre il multiplayer fino a un massimo di tre giocatori. In questa modalità, gli utenti possono cooperare insieme per affrontare le minacce che, inevitabilmente, diventano anche più facili ed accessibili e meno noiose da affrontare. Segno che ArcRunner nasce come titolo fortemente cooperativo.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, ArcRunner ha stile e le aree di gioco sono anche piacevoli a prima vista. Il problema nasce dal fatto che faticano a differenziarsi tra loro, risultando presto ripetitive e cicliche. Anche i nemici soffrono del medesimo problema, limitandosi a reskin colorate o con piccolissime aggiunte. Questo riciclo, sia di nemici che di elementi ambientali, non agevola un titolo che fa del loop il suo cuore pulsante.
Il sonoro è l’elemento che spicca di più con tracce orecchiabili, ben ritmate, perfettamente in linea con l’atmosfera dell’opera PQube. Le sonorità, seppur cicliche, sono l’unico elemento che difficilmente ti verrà a noia, grazie a un ritmo trascinante e gradevole. Da segnalare che ArcRunner include i sottotitoli in lingua italiana anche se la mole di testo a schermo è quasi ridotta all’osso, essendo anche orfana di documenti o lore di vario genere.