La scorsa settimana alcuni eventi scioccanti e imbarazzanti hanno minato la sicurezza del governo statunitense. Caso strano è che Arkane Studios, casa di produzione di Dishonored e Prey, è stata in qualche modo coinvolta nel disastro politico.
A quanto pare all’interno del web ha iniziato a circolare una foto molto particolare che metterebbe in cattiva luce la casa di produzione francese. La foto ritrae i tatuaggi che un esponente della rivolta ha sul dorso delle mani. All’inizio, l’opinione pubblica ha associato quei tatuaggi a qualche simbolo “comunista” o “Antifa”, si è poi scoperto che in realtà quel simbolo non è altro che il marchio dell’Esterno, presente nella serie Dishonored.
Arkane Studios sotto i riflettori della rivoluzione
Twitter si infiamma a causa della foto, che ormai, ha fatto il giro del mondo. Anna Megill, scrittrice della serie ha twittato una frase semplicissima:
“Questo mi spezza il cuore”
Intanto il regista Harvey Smith combatte contro i sostenitori di Trump. A quanto pare i rivoltosi hanno strappato quel simbolo dal suo contesto videoludico per dargli un significato politico. Smith ha risposto:
“Vi assicuro che non è un simbolo politico”
Ma Arkane Studios non è l’unica azienda sotto gli occhi dell’opinione pubblica americana. Dall’altra parte del mondo Capcom ha preso le distanze dai commenti del doppiatore Reuben Langdon, voce di Dante in Devil May Cry e di Ken in Street Fighter.
Il doppiatore ha criticato le manovre di censura ai danni dell’ex presidente Donald Trump, accusando così i media di conflitto d’interesse. Un portavoce dell’azienda giapponese ha rilasciato una dichiarazione alla redazione di Video Game Chronicle:
“Le opinioni espresse da Langdon non riflettono quelle di Capcom”.
Di tutta risposta, Langdon dichiara:
“L’assalto alla capitale è stato una vergogna per gli Stati Uniti. In nessun modo ho o ho mai sostenuto il loro comportamento. Non ho incitato nessuno alla violenza e tanto meno ho sostenuto qual si voglia forma di danneggiamento alla proprietà privata. Ritengo che i rivoltosi debbano rispondere delle loro azioni. Si tratta però di libertà di parola e dell’ipocrisia dei media.”
Intanto continua lo scandalo americano, uno scandalo che ha colpito non solo la capitale Stati Uniti ma anche il mondo intero, finendo per intaccare un medium totalmente esterno alla politica, fondato sul principio dell’intrattenimento e della passione.