Correva l’anno 2008 quando le console della seconda generazione (PlayStation 2, principalmente) stavano scomparendo dall’orizzonte videoludico aprendo nuovi scenari ad una tecnologia più avanzata e ad un inedito conflitto fra case produttrici grazie all’avvento della nuova console Microsoft, Xbox 360. I giocatori di tutto il mondo erano diventati, per la prima volta, non solo fruitori di un servizio tecnologicamente più avanzato, ma anche oggetto di una contesa a tratti estremamente accesa fra Sony e Microsoft, impegnate, per la prima volta, a superarsi l’una con l’altra nel tentativo di aggiudicarsi fette di mercato via, via più grandi.
Correva l’anno 2008 quando, sull’allora appena lanciata nuova generazione (che fra pochi giorni sarà, per altro, superata con l’avvento delle rispettive nuove ammiraglie Sony e Microsoft), appariva un nuovo franchise made in Ubisoft, dal titolo capace di rapire fin dalla prima lettura del titolo: Assassin’s Creed.
Al di là dell’immediato successo commerciale, ciò che ha decretato fin dall’inizio anche la fidelizzazione dei giocatori (che, ad oggi, rimangono attaccati alla serie, giunta alla sua dodicesima iterazione nel canone ufficiale) è stato quel mix fra un mondo aperto da esplorare e un gameplay improntato all’azione stealth alternata a momenti di aperta azione.
Non solo: Assassin’s Creed ha offerto da subito qualcosa di ben più importante. In un panorama videoludico completamente rinnovato dal punto di vista tecnologico ha dato una storia degna di un film con un risvolto moderno e un’idea centrale che ha, da subito, mosso le fila di tutta la serie: che cosa succederebbe se, in un futuro non troppo lontano, fosse possibile rivivere le vite dei nostri antenati grazie al nostro codice genetico? Il protagonista dei primi episodi, Desmond Miles, è rimasto nell’iconografia dei protagonisti dei videogiochi insieme al suo celeberrimo alter ego Ezio Auditore da Firenze, forse il personaggio più amato e più celebrato dell’intera serie (oltre che quello di cui i fan della prima ora sentono di più la mancanza).
Insomma, un capitolo dopo l’altro, nella prima trilogia di Assassin’s Creed il giocatore era condotto alla scoperta di un mistero le cui basi erano state gettate già nel primo episodio: un conflitto secolare fra Assassini e Templari che, in scenari diversi, si protraeva proprio come il DNA di ciascuno di noi si propaga da una generazione all’altra. L’intervento di divinità fondatrici e l’esistenza di artefatti dagli enormi e pericolosi poteri hanno immerso i giocatori in un mondo estremamente credibile e coinvolgente, anche grazie ad una scrittura agile e capace di tenere un ritmo sostenuto nel racconto.
Abbiamo visto così la storia di Ezio Auditore da Firenze intrecciarsi con quella di Desmond Miles fino all’acme di Assassin’s Creed III (non farò spoiler ai giocatori che non hanno ancora messo le mani su uno dei titoli più importanti della serie) che, da un certo punto di vista, ha sancito la fine di un ciclo e l’inizio di una nuova epoca per Assassin’s Creed.
Infatti, se la vena creativa degli sviluppatori si è espressa con la creazione di mondi aperti via, via maggiormente interattivi e ricchi di attività collaterali, ciò è, tuttavia, corrisposto ad una progressiva perdita delle fila della storia principale che, in ogni capitolo, ha iniziato a rimanere sempre meno in scena per lasciare il posto a nuovi protagonisti che, malgrado la (quasi) sempre eccellente caratterizzazione da parte degli sviluppatori, non sono praticamente mai riusciti a scalzare Ezio Auditore dai cuori dei fan della serie, nemmeno con il reboot avvenuto con la trilogia Origins/Odyssey/Valhalla.
Non solo: ciò che la fan base di Assassin’s Creed rimprovera ad Ubisoft sopra ogni altra cosa è il fatto che il secolare conflitto fra Assassini e Templari si sia pian piano affievolito fino a scomparire per lasciare il posto a giochi che raccontano storie di uomini e donne mitici e capaci di gesta incredibili ma dei quali, a tratti, non si coglieva la connessione con il canone principale. Insomma, in che modo Bayek di Assassin’s Creed Origins si collega alla storia delle divinità fondatrici? Come Alexios (o Cassandra) di Assassin’s Creed Odyssey si collegano alla storia dei frutti dell’Eden o al conflitto coi Templari? Come Arno Dorian in Assassin’s Creed Unity si connette al percorso narrativo di Desmond Miles?
Se è vero che Assassin’s Creed rimane, almeno a parere di chi scrive, da sempre un gioco estremamente gradevole e ben realizzato ad ogni sua iterazione, rimane la perplessità, da parte dell’intera fan base, rispetto a ciò che è diventato (o, per alcuni, come si è addirittura snaturato) nel tentativo di rinnovarsi e di dare ai fan sempre di più. Perché, infatti, se è vero che una parte (forse, talvolta, piuttosto abbondante) della storia è sfumata o è passata in secondo piano, lo ha fatto perché gli sviluppatori hanno tentato di offrire esperienze di gioco progressivamente più immersive – anche a scapito, questo va detto, di un arco narrativo che persino i più irriducibili fra i fan non riescono più ad individuare con precisione.
Assassin’s Creed arriva, in questi giorni, alla sua dodicesima iterazione con Assassin’s Creed Valhalla che, tuttavia, rappresenta un evidente, emozionante tentativo da parte di Ubisoft di tornare alle origini della serie, fornendo attività collaterali degne dei primi episodi. In un mondo di gioco vario, costellato di attività a margine di quelle principali, Eivor sembra il risultato di un riuscito mix fra tutti gli assassini che abbiamo incontrato fin qui.
Accusare Ubisoft di sfruttare il brand solo in nome di cospicui incassi annuali non è giusto. Non lo è perché in ogni episodio team di centinaia di persone lavorano per far arrivare nelle nostre mani un gioco più rifinito possibile (al di là degli inevitabili bug in giochi praticamente open world come lo sono le ultime iterazioni di Assassin’s Creed). Sorprende ad ogni episodio l’accuratezza delle ricerche storiche, delle indagini storiografiche e la scrittura dei personaggi, oltre che la cura della sempre eccellente colonna sonora. Tutto questo insieme all’enorme sforzo artistico di cui ogni volta Assassin’s Creed ha l’onore di potersi fregiare.
Quali prospettive ci sono per Assassin’s Creed adesso che la nuova generazione è appena arrivata?
Al di là dei livelli grafici incredibilmente accurati, possiamo augurarci che Ubisoft continui a lavorare in direzione di un riavvicinamento delle nuove storie con quella originale (non fosse altro che per permettere ai fan di capire come è veramente andata a finire!). Tuttavia, per tutti noi che amiamo la saga degli Assassini, che abbiamo, in un certo qual modo, subito la fascinazione del Credo, rimane che Assassin’s Creed è stato capace di attraversare due generazioni (quella in cui ha debuttato e quella che adesso si sta concludendo) con la forza di rimanere iconico e capace di dare ai giocatori ogni volta la trepidante attesa di nuove terre da esplorare e la possibilità di prendere in mano (e cambiare) il destino del mondo.