In una saga per lo più a cadenza annuale, il salto di un appuntamento lascia presagire cambiamenti importanti: l’ultima volta che è avvenuto, dopo i discussi Unity e Syndicate, ci siamo trovati una formula pesantemente rinnovata in cui la visione classica è stata stravolta per fare spazio a quella attuale, pesantemente influenzata da meccaniche GDR.
Anche stavolta saremo davanti a cambiamenti sostanziali? Si continuerà sulla strada tracciata da Origins in poi? Scopriamolo subito
A brindar nel Valhalla
L’aspetto sicuramente principale nei vari capitoli di Assassin’s Creed, che da solo vale (quasi sempre) l’acquisto, è l’ambientazione.
Indipendentemente dal giudizio finale sui vari capitoli, Ubisoft riesce a farci sentire parte del periodo storico in cui sono ambientate le vicende che affrontiamo.
Che sia l’Italia Rinascimentale di Ezio Auditore o la Parigi rivoluzionaria di Unity, l’ambientazione e la sua resa scenica sono i fiori all’occhiello della saga.
Niente di strano, quindi, che dopo l’Egitto tolemaico e la Grecia della guerra del Peloponneso, gli sviluppatori canadesi abbiano scelto un’altra ambientazione da sempre suggestiva e sempre affascinante, come dimostrano videogiochi o serie tv più o meno recenti.
Giusto per fugare ogni dubbio: Assassin’s Creed Valhalla continua la tradizione delle ambientazioni impeccabili, su questo non ci possono essere dubbi. Il terzo capitolo della saga di Layla Hassan continua il processo di crescita del franchise post 2018.
Ambientato più precisamente all’epoca dell’espansione vichinga (IX secolo), in Valhalla qualsiasi nostra fantasia norrena prende vita, in un open world pieno di location da esplorare e di roba da fare. Fin troppa per certi versi, scopriremo anche perchè.
La nostra avventura inizia nell’873, quando il predatore vichingo Eivor si imbarca in una missione verso le coste inglesi, in quel periodo del medioevo che alcuni storici definiscono secoli bui. Eivor, che è orfano di entrambi i genitori che vengono uccisi nel corso di un assalto proditorio in una delle più belle sequenze iniziali di tutta la serie, viene adottato dal re con cui il padre aveva appena stretto un’alleanza e quando il fratellastro Sigurd torna da un viaggio incontra una coppia di Assassini che lo introducono all’ordine donandogli la mitica lama celata (che indosserà al contrario) e dando inizio ad un lungo viaggio.
Tuttavia il gioco inizia nel profondo nord, un avvio perfetto per mostrarci un gioco bello da vedere: è vero, alcuni personaggi ancora non convincono appieno ma Assassin’s Creed Valhalla è stupendo per quanto riguarda le ambientazioni, ricche di dettagli.
A cominciare dalla luminosità dell’aurora boreale, continuando con la neve al ginocchio talmente soffice che sembra di poterla toccare, per arrivare alle strutture dei Sassoni o alle rovine romane, il titolo di Ubisoft cattura l’occhio del giocatore come in poche altre occasioni. E sì che la Firenze del secondo capitolo o la Londra di Syndicate erano riprodotte molto, molto bene.
In questo caso, la contrapposizione tra la natura rigogliosa e gli edifici costruiti dall’uomo contribuisce molto a questa sensazione di appagamento visivo.
Quello che a Ubisoft è riuscito molto bene con Valhalla è stato l’utilizzo dell’ambientazione vichinga senza troppi compromessi: la guerra tra Templari e Assassini è presente in tutte le sue sfumature, con tutti i suoi sotterfugi e le sotto trame, ma lo scopo del viaggio di Eivor, pur mosso inizialmente dalla vendetta, è quello di trovare una nuova terra per il proprio clan. E tale rimarrà per tutto il tempo, scelta intelligente per far sì che tutto il resto non sembri inserito a forza nella narrazione.
Se in God of War abbiamo avuto a che fare con l’elemento sovrannaturale, divino, della cultura vichinga, in Valhalla scendiamo tra gli uomini per scoprirne virtù e miserie. Assistiamo a una leggenda in divenire.
Il gameplay di Assassin’s Creed Valhalla
Come già detto, l’elemento GDR che divide i giocatori tra estimatori e contrari, è presente anche qui. Combattimenti, luoghi da raggiungere e più in generale l’avanzamento nel gioco continuano a sottostare al livello del nostro personaggio.
Livello che qui viene definito Potere, a cui dobbiamo attingere per proseguire: come sempre il tutto si tradurrà in punti abilità da attribuire ad Eivor, come danni, salute, attacchi silenziosi eccetera. Nel caso specifico ogni abilità verrà identificata con un animale guida, in base alle sue caratteristiche; elemento che non incide nel gameplay ma varia un po’ la routine a cui siamo abituati.
Come sempre, abbiamo la possibilità di personalizzare liberamente il nostro protagonista combinando i vari equipaggiamenti fino a trovare quello più adatto al nostro stile di gioco. Gli equipaggiamenti disponibili non saranno più la tonnellata presente in Odyssey, dovremo ragionare un po’ di più su cosa utilizzare e dove installare le rune.
E’ un approccio leggermente più strategico, che alla lunga paga, rispetto al classico sistema che ci vede a scegliere su due piedi l’arma o equipaggiamento appena trovato.
Valhalla è un titolo fatto per l’esplorazione, e non cerca di nascondercelo. Già dalle prime battute veniamo catturati dalla mole di attività secondarie, perdendoci tra razzie, assedi e tutto quanto di nuovo ha da offrire il titolo fin quasi a farci mettere da parte la storia principale, che per la prima decina di ore di gioco sembra quasi sottotono.
Per quanto riguarda missioni e obiettivi secondari, sono stati ricondotti a tre macro categorie: Artefatti, Misteri e Ricchezze. Nel primo caso, come suggerisce il nome, dovremo collezionare alcuni oggetti rari, il secondo gruppo di missioni è più tradizionale e ci viene assegnato dai PNG per finire con l’ultimo gruppo di missioni che riguarda tutto quanto ci occorre per fare prosperare il nostro villaggio.
Queste side quest atipiche (McDevitt aveva detto che non ci sarebbero state missioni secondarie) sono caratterizzate da colori diversi, così da essere individuate rapidamente dal nostro corvo (niente aquila qui) che sono bianco, blu e oro. Un’ulteriore novità ben accetta e che libera la mappa dai numerosi segnali a cui siamo abituati.
Anche l’insediamento riveste una sua importanza, quasi come se fosse un personaggio: qui Eivor e il suo clan hanno la loro roccaforte, da cui partono per conquistare i dintorni e intessere nuove alleanze e fare affari. Tutto e tutti possono entrare nell’accampamento e rendersi utili.
Ci saranno i tatuatori, ma anche degli Assassini che lavoreranno sotto traccia per indicarci dei membri chiave dei Templari da eliminare e che, come negli altri capitoli, ci conferiranno nuove abilità con la loro morte.
Importantissimi anche i fabbri, che forgiano il nostro equipaggiamento e i cartografi a cui rivolgerci per individuare tesori nascosti.
Insomma, vedere il nostro insediamento crescere e prosperare è davvero appagante, anche se non è un processo rapido.
Questo perchè le risorse non piovono dal cielo, ma ce le dovremo conquistare. E dato che siamo vichinghi, cosa c’è di meglio di una razzia? Beh forse cantare canzoni oscene trangugiando litri di idromele, ma videoludicamente la razzia rende di più.
Ci basterà salire sulla nostra imbarcazione e trovare l’obiettivo, che sia un monastero o l’accampamento di una banda di fuorilegge poco importa: basterà premere il tasto triangolo che Eivor suonerà il suo corno dando l’inizio alla scorribanda. Quasi sempre è un momento esaltante, che riporta un momento fondamentale della vita di questi popoli del nord, sia pure in maniera edulcorata: è vero, ci lasceremo quasi sempre dietro una pila di cadaveri, ma la regola di non uccidere civili è rimasta integra, mentre nella realtà storica i vichinghi sono si facevano remore a massacrare chiunque si ponesse tra loro e il loro obiettivo.
Comunque anche in questa versione più politically correct avremo la nostra dose di combattimenti rudi, tra scudi spezzati, ossa rotte e mutilazioni in genere. A questo contribuisce un armamentario che oltre alle solite spade e archi comprende mazze, martelli, picche e tanto altro, il che implica degli schemi offensivi e difensivi che dovremo apprendere per rimanere vivi.
I nemici più semplici potranno essere spediti al creatore con pochi colpi, ma quelli più attrezzati vanno affrontati in maniera più studiata, coerenti con le nostre e le loro abilità.
Oltre agli attacchi standard, abbiamo a disposizione delle abilità a cui ricorrere tramite i tasti R2 e L2: che si tratti di un attacco in salto oppure di rallentare il tempo per fare a fette un nemico comodamente, si tratta di mosse che rinfrescano il combat system rendendo i massacri più piacevoli. Inoltre abbiamo una sorta di attacco finale, con R3, che infligge seri danni o uccide i nemici più deboli in maniera spettacolare.
A fare da contraltare, gli attacchi non saranno spesso portati con la precisione che vorremmo, specie nei luoghi chiusi: mi sono trovato più volte a colpire l’aria all’interno di una piccola capanna perchè Eivor non riusciva ad indirizzarsi correttamente e affrontare i nemici.
Nemici la cui IA non è sempre brillante, per cui a scontri impegnativi ci troveremo a fare messe di nemici senza troppa resistenza. Talvolta capita anche che i nostri bersagli rimangano inerti dopo che gli avremo piazzato una freccia tra le scapole.
In linea di massima comunque gli scontri vedono coinvolti talmente tanti componenti di entrambe le fazioni da risultare caotici al punto giusto e consentirci di passare sopra a questi piccoli difetti.
Per quanto la segretezza sembri un po’ un controsenso per un vichingo, la lama celata fa il suo gradito ritorno così come la possibilità di assassinare i nemici con un unico colpo.
Già avviando il gioco possiamo notare la grande cura messa da Ubisoft nella confezione del titolo che, insieme a The Last of Us Part II, è uno dei più accessibili della generazione. Ci sono numerose opzioni in grado di andare incontro alle esigenze dei giocatori, per quanto riguarda il comparto sonoro e quello visivo.
Personalmente ho trovato un po’ ipocrita la possibilità di scegliere il sesso del protagonista: dopo averci mostrato un Eivor indiscutibilmente maschio nell’introduzione in cui avrà una decina d’anni, potremo sceglierne il sesso oppure fare in modo tale che cambi nel corso dell’avventura.
Una scelta improntata alla parità, ma che avrebbe avuto più senso negli anni ’90 in cui le protagoniste donne erano poche e non sempre di spessore e carattere. Bisogna ammettere che qualunque sia il sesso che sceglierete Eivor è un personaggio che funziona, ben scritto e ben doppiato (anche in italiano). Il cambio di sesso, videoludicamente, è giustificato da un’anomalia nell’Animus, ma la scelta non modificherà assolutamente il resto della storia.
Action o GDR?
Purtroppo l’elemento GDR continua a presentare gli stessi problemi già affrontati nei capitoli precedenti: il livellamento troppo lento. Pur accumulando punti XP praticamente in continuazione, e utilizzandoli per accrescere i nostri poteri e abilità, spesso ci troveremo bloccati in zone in cui i nostri oppositori hanno dei livelli esponenzialmente più alti dei nostri, costringendoci a impiegare ore per livellare e potere arrivare a sfidarli senza la certezza di morire al primo colpo subito.
Questo elemento viene esasperato dalla necessità di aggiornare il nostro insediamento come parte delle missioni principali, salvo dover prendere parte a raid che sono oltre le nostre capacità.
Certo, è possibile attaccare zone di livello superiore al nostro ed è pure possibile cavarsela in qualche modo, ma l’intero processo si riduce ad un trial and error continuo e frustrante.
E’ l’unico aspetto in cui abbiamo la sensazione che sia Origins che Odyssey funzionassero meglio.
Come già detto, l’esplorazione è piacevole e divertente, ma è innegabile che l’elemento GDR continui ad essere un’aspetto che in molti elimineremmo senza troppi rimpianti. O almeno andrebbe ridotto ai minimi termini, come nei capitoli fino a Syndicate.
Purtroppo, neppure Valhalla è indenne dai classici bug. Per fortuna nulla di grave, anche se nel 2020 rimanere ancora incastrati negli elementi circostanti non è il massimo.
Tornando all’insediamento, imporre la nostra egemonia nei territori circostanti non solo è un’attività piacevole ma apre anche la strada ad alcune missioni interessanti, con tutto quello che ne consegue. E’ proprio in questi frangenti che al massacro indiscriminato si sostituiscono il dialogo e imprevedibili colpi di scena: anche se alcune risposte che sceglieremo avranno un certo peso sullo svolgimento degli eventi strettamente connessi, i dialoghi non assumono lo stesso peso e profondità tipico dei GDR puri.
In generale avvertiamo una certa libertà, anche se rimango convinto che il gioco ci porti esattamente dove vorrebbe: del resto stringere alleanze e imporci su Albione è il nostro fine ultimo e attraversare i territori britannici avendo le spalle abbastanza coperte è quasi indispensabile.
Divertenti e a tema anche le attività secondarie: esilaranti le canzonature (antenate delle battaglie rap alla 8 Mile) che ci consentono di accrescere il nostro carisma, così come le gare di bevuta che metteranno alla prova la nostra prontezza pad alla mano. Completano il lotto le creature leggendarie da cacciare, i tesori nascosti e i luoghi da sincronizzare.