Sviluppato da Denki e pubblicato da Curve Games, Autonauts è una sorta di sandbox con elementi survival e qualche spruzzata da gestionale. A prima vista sembra un derivato di Minecraft con l’allegria stravagante di Katamari ma la realtà è che è un prodotto che prova a ritagliarsi un suo spazio in un genere abbastanza diffuso e con una forte componente di appassionati. Noi abbiamo provato la versione per Nintendo Switch e siamo pronti a condividere la nostra recensione! Pronto a prendere l’ascia per abbattere i primi alberi? Abbiamo un pianeta da colonizzare.
Autonauts: alla ricerca dell’automazione perfetta
Autonauts non ha una vera e propria storia. Impersoniamo un astronauta che arriva su un pianeta (completamente casuale) che non aspetta altro di essere esplorato e colonizzato. A nostra disposizione avremo diversi meccanismi ma soprattutto, un esercito potenzialmente infinito di robot pronti ad apprendere le nostre istruzioni. In effetti, a conti fatti, Autonauts non ha una vera e propria trama e in realtà, non punta assolutamente nel raccontare una storia ma nel creare un’esperienza allegra e impegnativa.
Gameplay
Il gameplay è il punto fondamentale di Autonauts e presenta innumerevole sfaccettature e tanto potenziale. Ma procediamo con ordine. Le prime ore sul pianeta deserto sono tremende. Lente e noiose, abbandonato su un luogo deserto, spoglio, anonimo e decisamente poco invitante. Guidati da un tutorial poco preciso, saremo chiamati ad apprendere le tecniche basi di creazione che si riducono a: raccogli oggetti, portali sul tavolo di creazione e crea. Ma prima c’è l’esplorazione.
L’esplorazione è brutta e poco accattivante (almeno nelle prime fasi anche se a conti fatti, i biomi a disposizione sono pochi). Consiste nel portare il cursore nella zona oscura, cliccarci e attendere che c’arrivi l’omino protagonista. In quel momento, l’area prenderà colore scoprendo eventuali materiali, alberi e quant’altro. Il sistema è palesemente studiato per essere usufruito da computer e su Switch risulta comodo e poco pratico. Anche la gestione dello zoom e la rotazione delle telecamere posizionate con i tasti dorsali non è intuitivo e richiede comunque tempo per essere utilizzato al meglio.
Capiterà di muoversi alla cieca, cliccare su materiali sbagliati e perdere così tempo. Per quanto riguarda i materiali, questi possono accumularsi su una singola casella e selezionare solo quello che ci serve può richiedere più tentativi (soprattutto se si decide di giocare in modalità portatile). Anche la gestione dell’inventario non è comodissimo. Se hai un oggetto in mano, infatti, non potrai raccoglierne un altro … ma dovrai decidere se spostarlo nello zaino (all’inizio avrai un solo slot a disposizione) o se buttarlo a terra. Insomma, il procedimento è lento, noioso e anche poco pratico.
Se dobbiamo essere onesti, la modalità portatile soffre un po’ di più di queste difficoltà in quanto, su schermo piccolo, con tanti indicatori e un modo di “spostarsi” decisamente poco comodo, la confusione può raggiungere livelli notevoli. Su schermi più grandi, la situazione migliora ma rimane comunque un gioco con un sistema di comandi decisamente più da computer che da pad.
Passiamo ora all’elemento innovativo e decisamente più divertente (nonché strategico) di tutto Autonauts: l’automazione dei robot. Letteralmente, possiamo costruire un robot e programmarlo, insegnandogli cosa dovrà fare in loop. Il procedimento inizialmente sarà caotico e poco pratico… in quanto incanalare bene le azioni che dovrà imitare il robot non è facilissimo (per i già citati problemi legati a spostamento ed esecuzioni di determinate azioni). Ci vorrà tanta pazienza ma ti assicuriamo che una volta programmato è una gioia vedere il robot eseguire determinate azioni da solo!
L’automazione regna in tutto il titolo ed è il vero e proprio obiettivo finale del titolo: rendere l’intero pianeta autosufficiente. Potrai letteralmente creare intere location affidando i ruoli più ingrati e ripetitivi (come la raccolta della legna) ai tuoi fidati e instancabili robot. Con l’avanzare del tempo Autonauts guadagna fascino, man mano che incastri gli ingranaggi (da solo) creando un esercito autosufficiente, potrai sbizzarrirti nell’esplorazione e nella creazione di ciò che preferisci (come un vero sandbox). E una volta dominato il pianeta, puoi fare rotta per un altro!
E qui arriva l’altro problema comune a tanti sandbox… la ripetitività dell’azione. Se programmare robot in modo diverso e creare un plotone meccanico autosufficiente regala grandi gioie (soprattutto per gli appassionati), ricominciare da zero, di nuovo, su un altro pianeta con tutti i problemi già citati… non è molto felice. Inoltre non c’è un elemento reale che ti sproni a farlo se non quello di scoprire eventuali altri modi di personalizzare un intero pianeta.
Grafica e sonoro
Graficamente Autonauts ha qualcosa che ricorda Minecraft (sarà il protagonista “quadrettoso”) e un’estetica colorata e vivace che richiama un po’ Katamari (senza la splendida follia del suddetto). L’impatto iniziale è vivace ma si scontra presto con una certa ripetitività di elementi e una povertà poligonale che potrebbe non piacere a tutti. Il sonoro è abbastanza anonimo, senza particolari pregi o difetti.