Sono del parere che non ci si debba mai fermare alle prime impressioni, soprattutto nel momento in cui, magari nel settore dell’intrattenimento cinematografico e videoludico, il primo sguardo sull’opera da giudicare arriva tramite un trailer, un prodotto artefatto che punta a vendere e che mette in mostra solo ciò che gli sviluppatori vogliono mostrare. Eppure, ci sono casi in cui anche i trailer sembrano mostrare un progetto decisamente difficile da difendere.
Purtroppo, proprio in questo sfortunato caso rientra Aztech Forgotten Gods, l’oggetto di questa recensione. Il titolo si è ritagliato un discreto spazio perfino in uno dei Nintendo Direct del 2021 riuscendo quindi a guadagnarsi una discreta fiducia da parte di una nutrita fetta di fan. Tra l’altro, a livello tematico il titolo a cura della software house Lienzo sta cavalcando l’onda che pare si stia ripercuotendo su diversi settori, tra cui quello dell’animazione giapponese.
Come successo qualche anno fa infatti, Ghost of Tsushima, Sekiro: Shadows Die Twice e Nioh 2 hanno monopolizzato il mercato videoludico con lo stile nipponico, è toccato poi alle saghe vichinghe e norrene in generale con videogiochi come Assassin’s Creed Valhalla, anime come l’ottimo Vinland Saga e fun rinnovato interesse generale verso Vikings. Sembra che ora la tematica destinata a diventare “di moda” sia quella delle antiche civiltà sudamericane, e lo dimostrano anime come La strada verso Onyx Equinox e, per l’appunto, Aztech Forgotten Gods.
Purtroppo, nonostante le premesse tematiche e comunicative sembrino puntare verso un prodotto pronto a sorprendere, va detto subito, Aztech Forgotten Gods si è rivelato un clamoroso buco nell’acqua: banale, confusionario, sgraziato e deludente sotto praticamente ogni punto di vista. Andiamo però a vedere nel dettaglio cosa ha decretato la caduta dell’impero azteco in un videogioco che ha puntato decisamente troppo in alto!
Il risveglio degli Dei!
Aztech Forgotten Gods si apre con un flashback che ci farà controllare una ragazza (evito di approfondire per evitare spoiler) armata di un potente braccio che sembra essere un’arma a metà strada tra un antico marchingegno e un potente manufatto divino. Non ci sarà ancora chiara la natura di questo gigantesco strumento di morte (e mezzo di trasporto all’occorrenza), né tantomeno le intenzioni della ragazza, ciò che è certo è che il nostro primo obiettivo sarà quello di sigillare il tempio in cui ci ritroviamo a muovere i primi passi per evitare la più classica delle oscure minacce che potrebbero portare alla fine del mondo (alla faccia dei Maya!).
La narrazione si sposta poi nel presente del mondo di gioco, un presente particolarmente peculiare e, a tratti unico, in effetti il setting di Aztech Forgotten Gods è effettivamente parecchio interessante e penso sia una delle caratteristiche più interessanti del gioco, in quanto va a mostrare una società azteca legata nell’estetica e nei rapporti umani a un passato ormai dimenticato, ma che presenta tecnologie futuristiche parecchio avanzate, creando una perfetta sintesi tra due momenti storici letteralmente opposti.
In questa particolare ambientazione vestiremo i panni di Achtli, una giovane ragazza azteca che nelle fattezze ricorderà in tutto e per tutto la protagonista del flashback iniziale. Anche Achtli sarà dotata di un imponente braccio meccanico, ma in questo caso la sua origine sarà meccanica, essendo sviluppato da sua madre scienziata. Dopo una banale introduzione del mondo di gioco, il nostro scopo sarà chiaro: l’oscura minaccia sventata nel flashback si è malauguratamente risvegliata, e toccherà a noi il compito di rimetterla a letto!
L’intera trama procede poi in maniera a tratti confusionaria, ma con eventi del tutto prevedibili che sguazzano nella più totale banalità e genericità. E sia chiaro, non voglio accanirmi sul titolo, dal momento che l’idea di base è molto interessante e a tratti mi ha ricordato quanto visto in Horizon Zero Dawn e il suo seguito Forbidden West, mostrando un mondo di gioco che presenta la perfetta commistione tra antichità e tecnologia. Purtroppo, però, si tratta di una grande occasione sprecata in cui la trama avanza tramite discorsi banali e cliché di ogni sorta verso un finale che vorrebbe essere emozionante, ma si rivela a dir poco insipido.
Qualcuno fermi questo gameplay!
Purtroppo, come accennato in precedenza, le criticità di Aztech Forgotten Gods sono davvero molte, e anche il gameplay rientra tra i nei che rendono questa produzione sicuramente degna di nota, ma purtroppo in negativo…
Il titolo infatti si presenta come un classico hack’n’slash in cui dovremo farci strada a suon di pugni attraverso schiere di nemici; questo genere videoludico però, che basa buona parte della sua essenza sulla frenesia degli scontri, sulla gestione di gruppi interi di nemici, e perché no, anche su un certo utilizzo dei tecnicismi dati dal variare delle combo, impone che ci sia una solidità non indifferente nei comandi e nella precisione della loro responsività, in Aztech Forgotten Gods però tutto questo non accade.
Fin dalle primissime battute, letteralmente dal primo colpo inferto al primo nemico, ci si ritroverà spiazzati da quanto i comandi possano rivelarsi imprecisi e “scivolosi”, facendo compiere alla nostra protagonista azioni fuori tempo massimo o indesiderate, come se i nostri movimenti fossero in balìa del caso. A complicare la situazione c’è poi la gestione della telecamera, a dir poco disastrosa.
La nostra protagonista infatti potrà compiere salti acrobatici e azioni letteralmente da capogiro, e non uso il termine a caso, dal momento che la telecamera risulta del tutto priva di punti di ancoraggio, e quindi l’inquadratura viene sbalzata da una parte all’altra dello schermo, rendendo l’azione spesso e volentieri incomprensibile.
Come se non bastasse poi, il braccio meccanico di Achtli fungerà anche da “mezzo di trasporto” permettendole di librarsi in cielo in stile Iron Man, come se fosse un vero e proprio propulsore. Anche qui però la tridimensionalità del movimento non andrà certo a nozze con la telecamera che renderà illeggibili alcune sezioni della mappa, rendendo snervanti molte fasi di platforming in cui ci ritroveremo inesorabilmente a cadere nel vuoto più e più volte solo per l’impossibilità di controllare a dovere i nostri movimenti.
Per finire poi, anche la sfida che il gioco propone è decisamente altalenante, si passa da momenti in cui i nemici non costituiranno una minaccia nemmeno per sbaglio e periranno impotenti sotto i nostri colpi, ad altri in cui la densità degli avversari e un level design totalmente insensato renderanno estremamente difficile la progressione; ammetto che ci sono state volte in cui ho superato alcuni scontri per pura fortuna, finendo col chiedermi come avessi fatto… senza avere alcuna risposta.
Comparto tecnico… antico…
Per quanto il mio mantra (e quello di molti altri videogiocatori) sia che la grafica non è la parte più importante di un gioco, non possiamo negare che anche l’occhio vuole la sua parte, e in Aztech Forgotten Gods si rimane decisamente delusi da questo punto di vista. Mi ha lasciato davvero interdetto il vedere un titolo con un’idea di world building così interessante essere resa in maniera a di poco… antiquata, per voler essere clementi.
Per quanto riguarda il comparto grafico infatti, il gioco sembra fermo a uno dei più anonimi action appartenenti alla sesta generazione videoludica, con animazioni legnose, colori completamente privi di qualsiasi sfumatura e texture che sembrano quasi spalmante su sfondi e facce dei personaggi, totalmente plasticose e inespressive.
Anche per quanto riguarda il comparto sonoro, Aztech Forgotten Gods non riesce a risultare significativo. La colonna sonora infatti presenta tracce banali e poco memorabili, che difficilmente (anzi, quasi mai) riescono ad accompagnare l’azione o le fasi più riflessive in maniera adeguata, come se non bastasse poi, gli effetti sonori sono totalmente fuori luogo e anzi finiscono per rendere l’azione ancora più confusionaria non andando a tempo con le azioni di Achtli o degli elementi a schermo.
In definitiva, Aztech Forgotten Gods parte da un concept potenzialmente interessante, a penalizzare la formula però ci pensano una storia piatta e banale, con dialoghi imbarazzanti, un comparto tecnico decisamente arretrato e superficiale e un gameplay a malapena giocabile per buona parte dell’avventura, decisamente troppo per poter chiudere un occhio e lasciarsi trasportare da questo viaggio mistico.