Barony è un roguelite poco conosciuto, ma comunque molto apprezzato sul PC, dove ha avuto un discreto successo. Il titolo è ora arrivato in questa nuova versione Nintendo Switch. Vediamo se vale la pena giocarla nella nostra recensione.
Una storia classica
La storia di Barony è molto classica. Semplicemente, vestiamo i panni di un avventuriero che si avventura all’interno di un Dungeon per scacciare un male che affligge il mondo. Infatti, un malvagio barone è stato rinchiuso in una miniera tempo addietro e sembra ora tornato con una maledizione da sventare nel più classico dei modi: sconfiggendolo.
La narrazione non è il piatto forte di Barony, ma questo non è un difetto, visto il genere di riferimento, in cui questo è molto comune. Il cavallo di battaglia della produzione resta infatti il gameplay.
I dungeon di Barony
Il loop di gameplay di Barony è ormai rodato è conosciuto: si parte da un hub centrale e ci si avventura in un Dungeon generato procedurealmente. Quando si muore si ricomincia da capo, visto che la morte è permanente. Tentativo dopo tentativo si cerca di raggiungere la fine del gioco. Chiaramente, a ogni nuova partita corrisponde un dungeon nuovo di zecca.
Questa struttura che, come abbiamo ampiamente visto, può semplicemente limitarsi a essere un loop per ospitare i combattimenti, nei roguelike tradizionali diventa solo la base per esplorare meccaniche di ogni tipo, spesso anche molto complesse (come accade ad esempio in Spelunky 2). Barony riprende proprio queste complessità tipiche del genere, trasponendole in una struttura roguelite che funziona benissimo. Ma andiamo con ordine.
Ogni partita inizia in superficie, dove si entra in un dungeon diverso ogni volta. Qui si esplorano corridoi claustrofobici, solitamente alternati a stanze discretamente ampie. In questi luoghi si incontrano quindi nemici di ogni tipo, ma anche trappole, così come si trova equipaggiamento sempre più performante. Esplorando si potenzia quindi il proprio personaggio con un comparto ruolistico davvero interessante: utilizzando qualcosa – che sia un tipo di arma, una certa abilità o una magia – si migliora la skill corrispondente e, in questo modo, si utilizza meglio l’equipaggiamento successivo o si accede a nuovi modi di utilizzare l’abilità in questione.
Oltre a questo, è poi possibile equipaggiare il nostro personaggio con oggetti di ogni tipo, che vanno dalle armature, agli amuleti, passando per gli anelli e le armi. Si aggiungono poi oggetti di supporto come le lanterne. Tutto questo, però, viene spesso trovato a terra senza che si sappiano gli effetti aggiuntivi e, ogni volta, gli oggetti possono essere maledetti (dando malus e diventando impossibili da rimuovere) o benedetti (ovvero con dei bonus). Bisogna quindi equipaggiare tutto con estrema cura, facendo attenzione a non utilizzare pezzi di equipaggiamento che potrebbero letteralmente danneggiarci o ucciderci.
Si aggiunge poi un sistema di magie, basato sui livelli delle skill corrispondenti, ma anche sugli oggetti reperiti per il dungeon stesso. Tutto ciò, peraltro, si collega a doppio filo al ritrovamento di pergamene, che garantiscono effetti aggiuntivi, o che consentono proprio di identificare gli oggetti o rimuovere maledizioni.
Il dungeon stesso, peraltro, consente al giocatore di interagire con l’ambiente in molti modi, senza limitarsi a essere un semplice contenitore. Troviamo quindi trappole, porte da aprire o spaccare, cancelli da sbloccare, luoghi bui da illuminare e così via. Questo rende Barony decisamente più profondo della media dei roguelite più “commerciali”. Un pregio non da poco, vista la generale mancanza di queste meccaniche nelle produzioni odierne. Va detto, però, che non si arriva alla profondità delle meccaniche dei classici del genere roguelike (come Brogue, ad esempio), dove le interazioni tra oggetti e ambiente sono decisamente più interessanti.
Vale poi la pena spendere due parole per parlare del sistema di combattimento di Barony. Questo si basa interamente sul ritmo, in un certo senso ponendosi come una variante action delle classiche azioni a turni dei roguelike. I nemici, di fatto, attaccano in continuazione, letteralmente senza fermarsi mai, quando sono davanti al giocatore. Bisogna quindi sfruttare bene i punti morti tra un attacco e l’altro, in modo da colpire proprio in quel frangente. Allo stesso modo, è necessario parare tutti gli altri attacchi o perlomeno non lasciarsi avvicinare se si utilizzano classi a distanza.
Ma non finisce qui: il dungeon ospita zone d’ombra, da sfruttare per meccaniche stealth dal sapore puramente ruolistico, viste per esempio in titoli come Brogue. Restando ai bordi dello scenario – e in questo caso anche lontani dalla visuale nemica – è possibile camminare in modo furtivo. Questo permette di non ingaggiare certi scontri (e qui entrano in ballo le statistiche di furtività e percezione), ma anche di attaccare infliggendo più danni.
In altre parole, l’esplorazione di Barony non è una semplice passeggiata nei dungeon, come oggi si vede troppo spesso nei roguelite, ma una componente fondamentale del gameplay, dove si alternano combattimenti, interazioni con trappole e oggetti e una continua gestione delle risorse (come fame, durevolezza delle armi, statistiche e cos’ via), in un’esperienza più simile a quella dei roguelike tradizionali.
Barony è il roguelite perfetto quindi? Dipende. Meccaniche di questo tipo possono infatti scoraggiare i giocatori abituati a esperienze più immediate e solitamente incentrate sul combattimento. Allo stesso modo, la lentezza delle prime fasi di ogni partita – per via di statistiche basse e della necessità di identificare ogni oggetto – può risultare ripetitiva dopo molte ore di gioco.
Va poi segnalata l’influenza troppo massiccia del classico RNG. Capita infatti di iniziare delle partite molto più semplici di altre, per esempio perché si trovano oggetti di basso livello da identificare, facendo così salire velocemente la statistica in questione. Capita però anche il contrario, rendendo tutto inutilmente complicato.
In generale, però, Barony è molto godibile per gli appassionati del genere, oppure da chi cerca un GDR complesso e diverso dal solito. La componente roguelite garantisce infatti una buona varietà di ambientazioni e situazioni, mentre le meccaniche di gioco riescono a intrattenere per molto tempo. Ora non resta che aspettare futuri aggiornamenti!
Tecnicamente voxel
Il comparto tecnico di Barony non è troppo elaborato, dato che tendenzialmente tutto ciò che compone la parte estetica del titolo è fatto di voxel. Il risultato è quindi un pixelato ambiente 3D, affiancato da modelli a loro volta accompagnati da animazioni limitate e poco elaborate. Il risultato, però, resta comunque godibile e a suo modo unico. Semplicemente giocando, infatti, ci si abitua al particolare comparto estetico, che comunque riesce a regalare qualche scorcio interessante, anche grazie agli ottimi effetti di luce.
Peraltro, il porting su Nintendo Switch è praticamente perfetto, visto che non si notano cali di frame, rallentamenti o altre forme di glitch.
Infine, il comparto sonoro è ottimo, non solo per via delle musiche adatte alle varie occasioni, ma soprattutto per i suoni ambientali che aiutano il giocatore.