Battle Brothers è un titolo molto particolare, che prende meccaniche appartenenti a generi diversi e le combina in un unico prodotto in grado di offrire un’esperienza unica, divertente e particolarmente profonda. Di fatto, siamo di fronte a uno strategico a turni che richiama titoli alla Final Fantasy Tactics, dove il campo di battaglia è diviso in una griglia su cui spostare le varie unità. Questo, però, è affiancato da una sorta di mondo aperto generato proceduralmente a ogni partita e da altri elementi casuali che rendono tutto originale e, c’è da dirlo fin da subito, molto complesso.
Fratelli, compagni d’arme e lupi solitari
Battle Brothers non ha una vera e propria trama, che invece è sostituita da vari scenari che poi danno il via alle campagne generate procedurlamente e, in un certo senso, narrate attraverso le azioni che accadono durante le partite, quasi come fossimo in un gioco di ruolo.
Il tutorial ci mette nei panni di una situazione ideale per capire l’atmosfera del gioco, oltre che le sue meccaniche. La nostra compagnia di mercenari è caduta in un’imboscata mentre seguiva il bersaglio di un contratto e quasi tutti gli uomini sono stati uccisi. Con la compagnia decimata, i sopravvissuti tornano in una città vicina per rattoparsi e, successivamente, partono nuovamente alla ricerca del bersaglio della missione precedente, un pò per vendetta e un pò per concludere il lavoro.
Già da questo scenario possiamo notare le ottime descrizioni che compongono i muri di testo del titolo. Brutali, dirette e appassionanti, fanno subito capire cosa stia succedendo, delineando un’atmosfera cupa e decisamente dark.
Questa, però, è soltanto la campagna del tutorial di Battle Brothers. Dal menù principale è possibile scegliere tra diversi scenari che offrono situazioni iniziali diverse per le varie partite. Ognuno di essi ha una piccola storia, che poi si sviluppa sempre con delle variazioni date dalle scelte del giocatore e dalla generazione procedurale del mondo di gioco.
Un GDR tattico, open world, roguelite?
Battle Brothers è uno di quei giochi molto complessi, difficili da racchiudere in un genere specifico e definito. Diciamo che parliamo di un gioco di ruolo con combattimenti tattici a turni, ambientato in un mondo aperto, con la generazione procedurale e altre meccaniche prese dal genere dei roguelike. In poche parole, parliamo di un videogioco “alla Mount and Blade”, con una maggiore enfasi sulla tattica e con una grandissima importanza dalla alla componente sandbox.
Come accennato anche nel paragrafo precedente, in Battle Brothers, è il giocatore a portare avanti la progressione delle varie partite e della compagna stessa. Semplicemente, il gioco mette a disposizione un mondo aperto totalmente esplorabile, con diversi contratti, missioni, incarichi o incontri che è possibile seguire o rifiutare. Le campagne, a un certo punto, lasciano in mano al giocatore la responsabilità delle azioni, indicando poco e nulla sul da farsi.
Nella mappa del mondo è possibile accettare vari contratti, che partono da quelli più umili, per poi arrivare a quelli più importanti e remunerativi. Questi sono vere e proprie missioni, con obiettivi abbastanza vari (recupero oggetti, scorta, uccisione, ecc), e con ricompense in denaro e in notorietà, necessaria per ottenere contratti sempre più remunerativi.
Il giocatore, fin da subito, può fare letteralmente tutto: è possibile esplorare l’intera mappa di gioco – totalmente generata a caso nella topografia, nei nomi e nelle città – o raccattare qualche uomo da far combattere, per poi acquistare equipaggiamento migliore e ottenere incarichi più impegnativi. Tutta questa libertà, però, va gestita: ogni spostamento richiede cibo, ogni acquisto (uomini, armi, cibo, medicinali) richiede soldi, le armi vanno riparate e le ferite medicate.
Tutto ciò richiede l’utilizzo di oggetti, che vanno acquistati, tenuti nell’inventario e utilizzati all’occorrenza. Allo stesso modo, gli uomini e le armi che utilizzeremo in battaglia sono frutto delle scelte del giocatore e di quanto oculatamente si sia gestito il denaro. Per esempio, potremmo trovare una costosissima arma, molto migliore di quella che possediamo attualmente, ma abbiamo abbastanza uomini oppure sarebbe più saggio assoldarne altri? E che dire delle provviste per i viaggi? Vanno comprate od ottenute anche quelle.
Se da un lato questo può essere positivo, dato che rende ogni partita una scoperta continua, dall’altra parte, ci troviamo davanti a un’esperienza che rischia di diventare dispersiva fin da subito, vista la difficoltà a organizzarsi, capire cosa fare, dove andare e con cosa/chi interagire.
Alla base, Battle Brothers è un open world che ci consente di girovagare per una mappa abbastanza grande, accettando quest, ottenendo ricompense e potenziandoci. Questo loop, però, è reso molto più complesso dai tantissimi fattori che è necessario tenere in considerazione per gestire la compagnia.
Non solo: proseguendo nel corso di una campagna, potremmo imbatterci in eventi, crisi, guerre e altri fatti che modificheranno radicalmente il nostro modo di giocare, aggiungendo altra difficoltà. Con i contenuti scaricabili, poi, tutta questa varietà viene ampliata ancora di più, grazie a un roster ancora più vario di elementi di ogni tipo.
Proprio per questo motivo, il tutorial diventa fondamentale per prendere familiarità con le meccaniche di gioco, prima di buttarsi a capofitto nelle campagne. Purtroppo, però, anche questo è fin troppo approssimativo e prende alla leggera le spiegazioni delle meccaniche di gioco, lasciando il giocatore allo sbaraglio fin troppo presto. Detto in poche parole, farai bene a cercare delle guide online per supare la ripidissima curva di difficoltà iniziale.
Battle Brothers, infatti, mette a disposizione solo una manciata di scenari brevi, appositamente pensati per far ragionare il giocatore su diverse meccaniche, facendolo sperimentare con combattimenti “chiusi”, dove la sconfitta non porta alla perdita di una campagna intera. Questo, però, non è sufficiente a capire come combattere al meglio, dato che il sistema di combattimento messo a punto dagli sviluppatori è complesso e sfaccettato.
To arms, Brothers!
Il sistema di combattimento di Battle Brothers è, di base, quello di uno strategico a turni con il campo di battaglia diviso da una griglia, in questo caso esagonale. Le arene sono relativamente piccole e il terreno può influenzare alcune azioni o addirittura essere sfruttato per aumentare l’efficacia di alcune abilità.
A questo si aggiungono le peculiarità di ogni combattente, che vanta abilità uniche, adatte a particolari occasioni. Per esempio, un uomo armato di ascia può abbattere facilmente uno scudo nemico. Allo stesso modo, un tiratore può fornire un buon supporto dalla distanza. Ogni abilità e ogni attacco ha però un range specifico o un numero di volte in cui può essere utilizzato in un turno.
Diventa quindi fondamentale ragionare sugli spostamenti dei membri del gruppo, sulle abilità da usare e sul posizionamento dei nemici. Ogni scontro richiede di tener conto di numerosi elementi, più o meno importanti, che possono fare la differenza.
Non solo. Ogni membro del gruppo morto, è perso per sempre. La morte permanente delle unità è un’ottima scelta, che contribuisce a rendere giustizia alle scelte tattiche, che quindi diventano quanto mai importanti. Soprattutto nel mid/endgame, ogni spostamento dovrà essere calcolato, dato che la difficoltà sale e perdere un uomo può essere grave.
Proprio gli uomini che compongono la compagnia sono un altro fulcro del gameplay. Ognuno di essi può essere assoldato da un apposito menù e aggiunto ai nostri ranghi. Ogni singolo combattente, però, può essere equipaggiato in modo totalmente libero, assegnando le armi o le armature che più ci aggradano. Come accennato prima, però, determinati tipi di armi sono efficaci in certe occasioni, quindi è meglio creare team equilibrati.
Non è finita però. Ci sono molti fattori che influenzano le performance di un combattente, come lo stato delle armi, il terreno, alcune regole di ingaggio e disingaggio, e persino altri fattori esterni che dipendono dallo stato attuale dell’esplorazione, dell’uomo che combatte o della sua esperienza. Davvero, tanta, tanta roba.
Questo è sicuramente un pregio che favorisce la rigicabilità e la varietà, ma ancora una volta va sottolineata la pigrizia dei “tutorial” che spiegano quasi nulla. A questo, peraltro, si aggiunge una navigazione tra i menù assolutamente poco intuitiva, scomoda e che rende difficile trovare determinate schermate. Questo problema è poi ingrandito dal porting su Nintendo Switch, mal adattato, con menù non adatti a un’interfaccia console e con controlli mappati davvero male. A tal proposito, c’è da dire che non è stato sfruttato nemmeno il touchscreen, che in un titolo simile avrebbe certamente giovato alla fruizione.
La brutalità stilizzata
Il comparto tecnico di Battle Brothers è ottimo, dato che non troviamo rallentamenti di sorta. Inoltre, le animazioni, per quanto minimali, sono ben fatte e gli effetti visivi sono soddisfacenti. L’unico, vero, problema tecnico riguarda l’adattamento dei tasti, che poteva (e doveva) essere decisamente migliore, soprattutto in un’esperienza simile, passata per metà del tempo tra i menù.
Il comparto artistico è davvero eccellente, grazie a uno stile riconoscibile e unico. I vari soldati sono rappresentati da pezzi simili a quelli di un gioco da tavolo, che mostrano anche parte dell’equipaggiamento attuale. Anche la mappa del mondo richiama quella di una cartina, dando al tutto un feeling da gioco da tavolo.
Infine, il comparto sonoro si conferma ottimo, grazie a musiche orecchiabili, varie e adatte alle situazioni. Gli effetti sonori sono ben fatti, ma tendono a ripetersi troppo spesso, rischiando di diventare fastidiosi nel lungo periodo.