Manca circa un mese alla full release di Beyond Mankind: The Awakening, lo shooter RPG sviluppato e pubblicato dalla casa videoludica spagnola Brytenwalda di cui ti abbiamo parlato per la prima volta lo scorso maggio, e noi di iCrewPlay abbiamo già provato le prime tre ore di contenuti in anteprima, trovandoci davanti un titolo dal background narrativo estremamente complesso ed approfondito che, come ogni versione preliminare di un gioco, ha bisogno di qualche limatura a livello tecnico ed estetico.
Ma procediamo un passo alla volta!
Beyond Mankind: The Awakening, ma siamo andati noi umani oltre l’umanità o è l’umanità che si è spinta troppo oltre?
La trama di Beyond Mankind: The Awakening parte del presupposto che fin dalle propri origini evolutive l’umanità si sia portata dietro un gene latente che è con essa cresciuto e maturato, noto come What Remains, il quale, se manifesto, stimolerebbe in maniera incontrollata l’aggressività, rendendo pazzo chi lo contiene nel proprio DNA. Nel XXI secolo esso si è risvegliato, portando il genere umano, che nel frattempo ha conquistato il vicino spazio cosmico, sull’orlo dell’autodistruzione.
Nonostante l’olocausto nucleare noto come Gran Disastro abbia devastato la Terra, l’umanità non ha cessato di esistere grazie alle colonie fondate sulla Luna e su Marte.
Diradatosi l’Inverno nucleare seguito al bombardamento, diverse spedizioni dalle colonie hanno consentito il recupero di risorse e tecnologie, finché Dev Aoyama, una visionaria scienziata con il sogno di restituire al genere umano la propria casa, conduce una di queste sortite alla conquista di una base sotterranea sull’isola di Santa Catalina.
In questo ipertecnologico labirinto si trovano dei macchinari chiamati tecno-uteri, in grado di generare in provetta esseri umani dalle capacità potenziate.
Così, mentre in superficie la natura (con tutti i suoi pericoli) prende il sopravvento, Aoyama dà fondo al potenziale dei macchinari, fondando una sorta di futuristico ordine cavalleresco chiamato H.O.P.E., guadagnandosi al contempo l’avversione della maggior parte della classe dirigente, che vede la riconquista della Terra come un’utopia.
Il protagonista del gioco è proprio un esponente della Terza generazione di questi superumani creati in laboratorio, che si risveglia con impiantati nella mente i ricordi di un individuo noto semplicemente come ‘il Console‘ (probabilmente la matrice del suo corredo genetico), il quale ha assistito all’omicidio del proprio padre adottivo durante una missione che prevedeva il recupero di un misterioso tablet contenente informazioni che se svelate avrebbero messo in discussione molte certezze dell’esule razza umana.
Le vicende del Console vengono raccontate in parallelo a quelle del nostro personaggio in forma di flashback giocabili.
“I nuovi cavalieri, i nuovi samurai, i nuovi spartani di quest’epoca”
Così vengono descritti nel loro statuto i membri della Confraternita H.O.P.E., unica speranza del genere umano, ciascuno dei quali è identificabile solo con il nome di essa seguito da un numero (nel nostro caso si tratta di HOPE279).
Come si evince da ciò che abbiamo appena detto e dalla natura RPG del gioco, il personaggio è totalmente personalizzabile, dal sesso alle statistiche. L’aspetto è escluso in quanto completamente ignoto al giocatore (non si esce mai dal piano sequenza risultante dalla visuale in prima persona).
Il livellamento è piuttosto semplice. Consiste infatti nella diretta assegnazione di perk che aumentano le statistiche del personaggio.
Al netto di questa componente ruolistica rafforzata dalla presenza di dialoghi a scelta multipla, indici di gradimento da parte dei NPC e quest secondarie, il gameplay è nei fatti quello di un FPS con elementi survival. Il personaggio è infatti soggetto a fame e sete da colmare con una certa frequenza e non manca il crafting, sebbene per ora poco approfondito.
La trama c’è ma manca l’ispirazione
Se è vero che la lore dietro al titolo è composita e ben organizzata, a livello estetico la situazione è un po’ diversa.
Tecnicamente parlando, le sparatorie di Beyond Mankind: The Awakening si lasciano fruire tranquillamente, sebbene per ora le animazioni dei personaggi umani e non umani siano fin troppo legnose (nessuno si diverte se il nemico resta fermo a farsi sparare).
L’interazione con l’ambiente risulta imprecisa e vittima di molti input lag, costringendo il giocatore a stare trenta secondi fermo a spammare il tasto F cercando di lootare un item.
Il sonoro, comprensivo di musiche, pur essendo preciso rimane scarno e poco coinvolgente, tanto quanto l’estetica, fin troppo datata ed inflazionata (sembra di avere davanti una versione abbozzata del design di vari titoli fantascientifici degli ultimi vent’anni, compresa l’intramontabile trilogia di Mass Effect).
Le interfacce provano ad essere al passo con i tempi ma falliscono, risultando sempre troppo legate tanto nell’aspetto quanto nell’organizzazione ad altri esponenti sci-fi dell’arte videoludica.
Dato il poco tempo che ci separa dalla full release di Beyond Mankind: The Awakening è difficile credere che questi elementi si possano limare al punto da farlo sembrare un gioco uscito nel 2021. Certamente sarebbe un gran peccato se queste migliorie di cui l’esordio indipendente di Brytenwalda ha assolutamente bisogno non venissero apportate, considerato anche e soprattutto l’ottimo impianto narrativo che sorregge l’opera.