Ieri si è avuto la prima applicazione pratica della legge sul fine vita, entrata in vigore di recente
La legge sul fine vita e sulla possibilità per il malato terminale di scegliere tra il continuare a vivere in condizioni quasi vegetali o il porre fine a quello che secondo alcuni è uno strazio o uno scempio alla vita, è ormai in vigore. È il comune sentire che molto spesso fatica a mettere in attico pratiche o comportamenti da sempre e per tradizione considerati lontani dalle proprie concezioni di vita. E la tradizione soprattutto cattolica, appunto, non aiuta in uno Stato che si professa laico, secondo i dettami della nostra Carta costituzionale.
Il primo caso di applicazione del biotestamento si è auto a Nuoro. Qui una donna quaratanovenne, Patrizia Cocco, ha più volte detto “Basta” alla ventilazione meccanica a cui era costretta a sottostare per continuare a vivere. Il male diagnosticato ormai da 6 anni era la Sla.
Nonostante la validità attuale della legge, non è stato comunque semplice procedere all’approvazione della proposta legislativa sul testamento biologico. Ben otto mesi sono stati necessari al Senato per formulare il proprio si.
Tanti sono i dibattiti scaturiti prima e dopo l’iter legislativo. Inutile dire che il problema è soprattutto morale, sociale, culturale. Da una parte vi è la libertà e il diritto di ciascun individuo al rispetto della propria dignità; e di conseguenza di poter scegliere quali trattamenti sanitari è disposto a tollerare e quali no. Dall’altra vi è la communis opinio, che, molto spesso, influenzata da fattori che rendono poco obiettive le scelte, non riesce a fare a meno di pensare che il bene vita è un bene fondamentale e non può correre il rischio di sottostare eccessivamente alla disponibilità anche incosciente dell’individuo.
Un dibattito certo destinato a rimanere aperto, data la diversità di vedute che sussistono a riguardo. Voi cosa ne pensate?