Fumetti e videogame sono due mondi affini, che spesso si trovano a contatto; nella maggior parte dei casi tuttavia abbiamo a che fare con il mondo supereroistico e, ancora più spesso, sono i titoli del momento ad abbandonare le tre dimensioni per calarsi nel mondo delle nuvolette.
E’ quindi inconsueto avere a che fare con un titolo ispirato ad un fumetto indipendente, ancora di più se si tratta di una novel dai toni hard boiled e caratterizzata da tematiche adulte come quella di Blacksad.
Creata dagli spagnoli Juan Diaz Canales e Juanjo Guarnido nei primi anni 2000, Blacksad è una serie di novel che ha per protagonista l’omonimo detective, raffigurato come un massiccio e cinico gatto nero che vive e lavora nella New York degli anni ’50.
Con questi presupposti non possiamo che trovarci davanti ad una detective story, sotto forma di avventura interattiva. In questo tipo di giochi i due elementi più importanti sono: qualità della storia, che deve essere coinvolgente, e meccaniche di gioco, che devono essere funzionali a questa particolare tipologia di giochi.
La storia dei videogiochi è piena di esempi in cui questo bilanciamento è riuscito, come in alcune produzioni Telltale e LucasArt
Dietro Blacksad: Under the Skin c’è il lavoro degli spagnoli di Pendulo Studios, che lavorano alle avventure grafiche già dagli anni ’90 e si sono fatti conoscere per la serie Runaway o i più scanzonati Hollywood Monsters. Partendo da questi presupposti, e trattandosi di titoli che ho amato all’epoca della loro uscita quasi 20 anni fa, confesso di essermi approcciato a questo titolo con molte aspettative, amando anche la novel di riferimento.
Come detto, nel gioco indosseremo il trench di John Blacksad, un antieroe che ricorda molto da vicino il Marlowe di Raymond Chandler, con uno sguardo cinico nei confronti della vita e una spiccata tendenza a ricorrere alla violenza ogni qualvolta lo ritiene necessario (specie se la paga è buona).
Quando un rinoceronte arrabbiato entra nel caotico studio del detective, deciso a fargli la festa, diventa immediatamente chiaro a chiunque che gli animali antropomorfi non sono qui per raccontarci una favola moderna, bensì per accompagnarci in un viaggio attraverso le miserie dell’animo umano.
Il gioco segue lo schema ormai ampiamente consolidato per il genere, con l’azione suddivisa principalmente tra filmati e dialoghi, inframezzati occasionalmente da Quick Time Event e sezioni esplorative in cui esaminare la scena alla ricerca di indizi.
Lo stile grafico scelto da Pendulo, un misto tra realismo e fumetto, conferisce personalità ai vari bar e vicoli pieni di gangster di ogni sorta, mentre il sistema di comandi “tank” di Blacksad è sicuramente meno interessante.
Se questa era una scelta accettabile ai tempi di Grim Fandango, a distanza di 20 anni gli sviluppatori dovrebbero sapere che questo gameplay è ormai ampiamente superato.
Se i controlli e le telecamere fisse guardano al passato, le indagini si svolgono in maniera più semplice e moderna. Gli inventari spesso sono la rovina di questo tipo di giochi, ma in Blacksad gli sviluppatori hanno eliminato la necessità di raccogliere gli oggetti, per poi combinarli in modo tale da risolvere enigmi cervellotici.
In questo caso ci basterà annusare gli indizi, che verranno così memorizzati nel nostro cervello felino: un sistema semplice, che spesso non necessita neppure di chissà quali processi logici per giungere alla conclusione, che funziona bene a patto di accettare il fatto che non sempre la soluzione di un enigma sia realmente sensata.
Il fatto di essere un gatto, ci consente anche di ricorrere a qualche asso nella manica utile allo svolgimento delle indagini; potremo infatti utilizzare i nostri sensi felini per scovare degli indizi, con una sorta di Modalità Detective di batmaniana memoria, che ci consente di individuare elementi come proiettili o impronte di scarpe all’interno di una scena.
Per fare un esempio pratico, in un’occasione ci troveremo circondati da alcuni delinquenti ma potremo rallentare la scena ed osservare attentamente i nostri assalitori, alla ricerca di indizi che ci consentiranno di sbloccare nuovi dialoghi.
In alcuni casi è utile per scovare indizi importanti, anche se il doppiaggio non proprio eccellente (con l’eccezione di Barry Johnsons nei panni del protagonista) rende queste sequenze un po’ noiose.
La versione per Nintendo Switch di Blacksad: Under the Skin è purtroppo la meno performante del lotto, con le animazioni che a tratti rallentano, specie quando la telecamera si impalla e con tempi di caricamento talvolta prolungati.
Un esempio di questi problemi si è verificato quando dovevo tornare nell’ufficio di Blacksad per rispondere al telefono che ha squillato per quella che mi è sembrata un’eternità, mentre mi trovavo davanti uno schermo nero con il simbolo del caricamento, bloccato in attesa.
Nel complesso, Pendulo ha fatto come sempre un buon lavoro nel ricreare le atmosfere cupe tipiche della serie di novel. Dalla qualità della colonna sonora jazz alle carte da collezione sulla Hall of Fame della boxe la cura messa in questo titolo è evidente, anche se la ridotta qualità grafica rispetto alle controparti è una nota stonata.
Talvolta non crederemo ai nostri occhi, guardando delle zone fuori fuoco, ma purtroppo il blurring sta diventando la norma quando assistiamo a porting di titoli multipiattaforma.