Un marchio vincente, da sempre, è spesso e volentieri sinonimo di invidia, rabbia, ma tante volte di imitazione o emulazione. Nella storia recente dei videogiochi (ma non soltanto), sono tanti i casi di brand imitati e scopiazzati, con alterne fortune, da parte di sviluppatori spesso piccoli e che tentano la fortuna con mosse spesso azzardate e poco condivisibili.
Questo è un po’ quello che è accaduto al team di sviluppo Angry Mob Games che, col suo Brawlout, ha deciso di cimentarsi anima e corpo nella creazione di un picchiaduro crossover, in pieno stile Super Smash Bros (per essere gentili), nella speranza di far breccia nel cuore dei tanti appassionati del genere, un po’ abbandonato a se stesso negli ultimi anni. Ci saranno riusciti? Scopriamolo insieme!
Smash chi?
Veniamo subito al nocciolo della questione: Brwalout è un titolo tremendamente derivativo, una vera e propria imitazione in scala 1:1 di Super Smash Bros di cui, però, non riesce minimamente a replicare quello stile unico che lo ha reso uno dei migliori prodotti ludici degli ultimi anni. Tralasciando uno stile grafico invidiabile, fresco e soddisfacente in tutte le sue sfaccettature, le cose belle finiscono praticamente qui, mostrando il fianco ad un’infinità di problematiche o, per essere più precisi, mancanze. Bypassato l’erroneo impatto iniziale (dannatamente positivo e fiducioso) ci si rende subito conto di come, all’interno della fruizione generale del titolo, manchi chiaramente qualcosa. Il picchiaduro di Angry Mob Games, infatti, in alcuni casi ci è sembrato un prodotto ancora in fase di sviluppo, che abbozza tante cose ma le abbandona al loro destino, un po’ come un istruttore di guida che decide di svolgere il proprio lavoro senza mai toccare lo sterzo o i freni. Analizziamo con calma la situazione.
Pochi personaggi, poche idee
Il primo, grossissimo, punto in cui il titolo stecca in maniera clamorosa è legato alla povertà, o meglio alla cattiva gestione, del roster. I combattenti presenti all’inizio (poi ce ne sono tanti altri da sbloccare, sia chiaro) sono soltanto nove, una cifra sicuramente minima, ma che in alcuni casi (non in questo) potrebbe anche risultare sufficiente, se sorretta dalle giuste meccaniche ludiche. Chiaramente così non è stato: ciò che più delude è proprio la mancanza di caratterizzazione strutturale di ogni eroe che, indipendentemente dall’aspetto, risulta pressoché identico a tutti gli altri sotto l’aspetto di mosse, velocità di azione, tecniche e potenza. Risulta quindi frustrante anche la sola scelta del proprio eroe preferito: che sia uno dei sei personaggi creati apposta per il titolo o uno dei tre personaggi su licenza esterna (Guacamelee, Yooka-Layle), a livello di gameplay non cambia praticamente niente. Tutto questo viene pesantemente aggravato da una grave lacuna sul piano delle modalità di gioco, specie quelle in single player. Il tutto, infatti, si riduce alla semplice possibilità di sfidare l’IA in partite veloci o in una modalità Arcade strutturata a livelli difficoltà sempre crescenti, per la verità molto scialba e parecchio fine a se stessa.
Per un amico in più
Il tutto cambia quando si gioca in mulitplayer, sia in positivo sia in negativo. Se da un lato il divertimento è assicurato, il gameplay ne risente parecchio, soprattutto per una sensazione di caos che si sprigiona una volta cominciato il match. Con quattro combattenti sul campo diventa difficile anche solo distinguere il proprio personaggio da quello degli altri, cosa che praticamente impossibile riuscire a padroneggiarne le mosse e le varie (risicate in realtà) combo. Che siano Tutti contro tutti o a Squadre, i match in multiplayer riescono soltanto in parte ad aumentare l’appeal di un titolo che, nonostante tutta la freschezza e la dinamicità mostrata ad un primo contatto, risulta fin troppo monotono e noioso a lungo andare. L’unico sistema veramente interessante è legato al “livellaggio” di ogni eroe che, man mano, porta a sbloccare diversi elementi (seppur marginali), quali skin o avatar. A peggiorare il tutto ci pensa poi, così come in Super Smash Bros (quello vero), la barra della “possibilità di essere spazzati via”, che aumenta ad ogni colpo subito e, man mano che questa aumenta, il proprio eroe diventa sempre più lento ed impacciato, risultando essere praticamente alla mercé delle scazzottate nemiche.
Un mondo di avversari… più o meno
Come abbiamo avuto modo di anticiparvi poc’anzi, il titolo offre il suo meglio sicuramente quando si gioca in compagnia, sia in locale sia online. Qui però i problemi tendono ad aumentare, specialmente qualora si prenda in considerazione la seconda ipotesi. Il sistema di matchmaking – tutt’altro che lento – è però strutturato (un po’ come accadeva in For Honor) su un fastidiosissimo sistema Peer-to-Peer capace, come pochi, di rovinare l’esperienza di gioco qualora non solo fossimo noi stessi in possesso di una connessione scadente, ma anche se ad avere problemi di rete fosse il nostro avversario. Complice la frenesia di base di ogni scontro, figlia di un gameplay dinamico e “pigia tasti a caso”, spesso e volentieri ci si ritrova in scontri in cui, a farla da padrone, è un lag intollerabile e di raro fastidio.
Bello sì… ma poi?
In ogni caso, risulta un vero peccato dover elencare l’enorme sfilza di difetti da cui il titolo è affetto, a maggior ragione se si considera un comparto tecnico/grafico di tutto rispetto. Sia artisticamente, sia a livello di realizzazione tecnica, Brawlout si dimostra veramente sugli scudi. Modelli poligonali dei personaggi, location e pulizia in generale sono, almeno su PlayStation 4 Pro (versione da noi testata del titolo), di pregevole fattura, sfiorando i 4K (upscalati) e con un granitico frame-rate ancorato sui 60 fotogrammi al secondo. Tutto questo non fa altro che accentuare il senso di dispiacere nel vedere una simile occasione sprecata. La speranza è quella di vedere, magari in futuro, degli update capaci di risollevare le sorti del titolo, almeno andando ad arricchire la quantità di contenuti, specie quelli in single-player.