La serie Recharged ci sta ormai accompagnando da moltissimo tempo, portandoci delle vecchie glorie in salsa moderna. Abbiamo già tastato con mano i leggendari Asteroids: Recharged e Centipede: Recharged, affiancati da piccole perle meno conosciute, come Black Widow: Recharged e Missile Command: Recharged. In pratica, stiamo rivivendo un intero parco titoli con dei piccoli remake che sembrano rendere giustizia agli originali.
Oggi, tra questo immenso catalogo di giochi si aggiunge anche Breakout: Recharged che, appunto, è la versione moderna del classico Breakout, qui riproposto in una veste tutta nuova. Vediamo quindi se vale la pena buttarsi nuovamente nel passato!
Non serve nessuna storia
Breakout: Recharged si unisce alla tradizione arcade più pura, presentandoci un titolo che non ha una storia e, soprattutto, che non ne ha bisogno. Come sempre, quando entriamo in titoli del genere tutto punta sul gameplay nudo e crudo, visto che si parla di videogiochi originariamente pensati per essere fruiti nel corso di partite veloci, con game over rapidi e senza nessuna distrazione dalla formula base.
Nel caso di Breakout, poi, siamo davanti a un titolo molto astratto, che a differenza di altri classici non rimanda a un contesto o a un conflitto di qualche tipo. Semplicemente, giocheremo a una variante single player di Pong.
Breakout: Recharged – un gameplay d’altri tempi
Anche in questo caso, Breakout: Recharged prende a piene mani dalla classica formula che ha definito il titolo nel passato, e ne altera alcuni elementi di gameplay, aggiungendo potenziamenti e rendendo tutto più rapido e complesso. Pur essendo in un certo senso leggendari, i classici arcade sono oggi molto indigesti e di conseguenza operazioni di questo tipo sono necessarie per un pubblico abituato a ben altri ritmi e colori.
La formula base, quindi, è la stessa: nella parte superiore dello schermo troviamo un muro di mattoni, che bisogna distruggere con gli impatti di una pallina. Questa può essere lanciata utilizzando una piattaforma posizionata nella parte inferiore dello schermo, la quale dovrà anche intercettare i rimbalzi della palla, in modo da non farla finire fuori campo.
Ogni partita ci vede quindi muovere la piattaforma a destra e a sinistra, in modo da intercettare la palla, farla rimbalzare e distruggere quindi i vari mattoni posizionati in alto. Da queste basi, come sempre, si aggiungono i potenziamenti. Distruggendo alcuni mattoni particolari, infatti, vediamo alcune icone “piovere” dal muro in alto, verso il basso.
Intercettandole prima che vadano fuori dallo scenario abbiamo la possibilità di sfruttare uno dei vari potenziamenti disponibili, che vanno da una piattaforma più grande, passando per missili automatici, arrivando ad aiuti per prevedere la direzione della pallina e molto altro. Questa meccanica aggiuntiva, chiaramente ispirata dalle innumerevoli versioni successive di Breakout, aggiunge ancora una volta varietà e profondità.
Dover gestire un numero maggiore di interazioni, magari ragionando su quali sfruttare, tutto mentre si cerca di non perdere la palla in gioco, rende infatti il gameplay di Breakout: Recharged, molto più interessante della versione base del capostipite e, peraltro, crea una formula più adatta ai palati odierni.
A questo si aggiunge anche un cambiamento non trascurabile: in ogni partita di Breakout: Recharged abbiamo a disposizione una sola pallina e, persa questa, è game over. Avere una sola possibilità, a differenza delle tre originali, rende tutto molto più teso e dona maggiore importanza alla palla in gioco. Questo, però, è affiancato a una generale velocità della palla decisamente troppo bassa, con un conseguente abbassamento del ritmo generale dell’azione.
Se affianchiamo questo a un campo di gioco molto esteso, che quindi consente alla palla di “viaggiare” e rimbalzare per più tempo prima di tornare verso la piattaforma, abbiamo un titolo che rispetto ai suoi congeneri presenta un’azione molto meno frenetica, dove colpire palla nel modo giusto – per esempio con la parte sinistra, centrale o destra della piattaforma – diventa fondamentale.
Oltre alla nuova versione moderna, Breakout: Recharged vanta un pregio che mancava agli altri capitoli di questa serie di remake: la modalità classica! Finalmente, insieme alla versione in salsa moderna, il titolo affianca anche una modalità tradizionale, che richiama le regole e la struttura dell’esperienza originale. Parliamo di un extra che da solo non varrebbe il prezzo del biglietto ma che, affiancato all’ottimo lavoro di modernizzazione, diventa una modalità molto gradita.
In questo caso, ci troviamo davanti alla modalità base, senza potenziamenti e con tre palle al posto di una. Abbiamo poi un misto tra la modalità Recharged e quella originale, che prevede i potenziamenti, ma concede tre vite. Si aggiungono poi le sfide, che come sempre cambiano le carte in tavola e, per chiudere il cerchio, le classifiche mondiali.
Quindi, che dire di questo Breakout: Recharged? Parliamo di un titolo che come sempre punta tutto sulla sua formula base, come abbiamo visto anche con piccoli capolavori come Windjammers 2. A differenza di quest’ultimo caso, però, la suddetta formula è molto semplice e di conseguenza si presta soltanto a partite brevi o a utenti che cercano un’esperienza arcade nuda e cruda. Senza fronzoli e senza meccaniche troppo complesse.
Se fai parte di questa nicchia di giocatori, allora amerai anche Breakout: Recharged, ma se cerchi qualcosa di vario e complesso, qui non troverai pane per i tuoi denti.
Un passato con grafica tutta nuova
Breakout: Recharged vanta un comparto tecnico che, per quanto minimalista, riesce comunque a difendersi bene. Vediamo infatti sprite non troppo elaborati, affiancati da effetti visivi piacevoli, ma non eccessivamente complessi. Il risultato finale, però, è decisamente bello da vedere, grazie al comparto artistico del titolo.
Questo richiama infatti l’estetica neon già vista in questi remake, che si addice perfettamente all’atmosfera “arcade” che il titolo sposa senza mezzi termini.
Infine, il comparto audio è a sua volta minimalista, ma anche in questo caso decisamente pertinente con l’atmosfera generale dei remake e sempre perfetto per i vari effetti audio che accompagnano le partite.