Sviluppato da Fossil Games e pubblicato da Hound Picked Games, Camp Sunshine è un horror game in 16-bit con enigmi ambientali e facente parte del così detto Sunshine Universe in cui troviamo anche Sunshine Manor (qui la nostra recensione). Noi siamo sfuggiti dal crudele orso killer su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione. Pronto a vivere un campeggio all’insegna del sangue?
Camp Sunshine e il killer che non ti aspetti
Noi siamo Jez, un ragazzo che esordisce su schermo in compagnia della madre mentre questa lo lascia in un campo estivo dal nome evocativo: Camp Sunshine. L’obiettivo è offrire al ragazzo una vacanza all’insegna del divertimento e dello svago, liberandolo dalla quotidianità di cui avremo modo di svelare giusto qualche briciola. Ma basta una sola notte e l’intero progetto naufraga in modo clamoroso.
Jez, infatti, si sveglia nel bel mezzo della notte e scopre che gran parte degli ospiti del campo estivo, staff incluso, sono stati sbudellati, impiccati, squartati, fatti a fettine e chi più ne ha più ne mette. Sangue e cadaveri hanno macchiato l’intero campeggio e il nostro povero protagonista si ritrova a indagare per capire che accidenti sta succedendo.
Purtroppo per lui, a esclusione di pochi, e spesso svitati superstiti, c’è qualcun’altro che gira per i casolari, uno spietato killer: un orso sorridente. Questo essere dalla voce inquietante, appare e scompare per quasi tutta l’avventura ed è l’unico nemico nonché fulcro narrativo dell’intero impianto ludico, essendo anche l’unico concreto pericolo del titolo.
Per buona parte del titolo, il nostro scopo sarà quello di evitare l’orso e analizzare ogni anfratto del campeggio. In questo modo, infatti, avremo modo di raccogliere diverse tipologie di oggetti tra cui delle pagine di diario. Queste pagine rappresentano la storyline principale di Camp Sunshine e ci permettono di assistere a lunghi e imprevedibili, nonché macabri, flashback di chi ha dato vita al campo estivo stesso.
Per quanto non innovativa, ammettiamo che la storia di Camp Sunshine riesce a centrare il punto soprattutto per quanto riguarda l’elemento inquietudine anche se, il mondo del cinema (e non solo) ha abbondantemente anticipato certe tematiche e situazioni. Allo stesso tempo, se il passato scoperto dalle pagine riesce a coinvolgere, dall’altro Jez e il roster di sopravvissuti faticano a mantenere l’attenzione, complice lo scarso carisma del protagonista e le poche battute affidate altri personaggi.
Esplora, raccogli e sopravvivi
Camp Sunshine è un horror game in 2D che mixa l’esplorazione ambientale ad enigmi semplici e con l’aggiunta di momenti da survival. Il tutto con un gioco in stile gatto e topo dove saremo inseguiti dall’orso. Il tutto offre un mix che dopo un po’ diventa prevedibile mostrando il fianco a più di una criticità. Partendo dall’esplorazione, a nostra disposizione abbiamo il campeggio e altre due zone limitrofe. Nient’altro.
I luoghi da esplorare sono quindi abbastanza pochi e, per quanto riguarda i luoghi esterno al campeggio, risultano dei noiosi e vuoti labirinti che riescono a trovare la loro utilità solo quando l’orso decide d’apparire e inseguirci. Tornando al campeggio, nonostante le sue dimensioni ridotte, il fatto di dover girare più e più volte alla ricerca di determinati oggetti può risultare noioso complica il fatto che Jez non può correre in modo continuativo ma ha una barra che si consuma velocemente per poi ricaricarsi lentamente.
Per quanto riguarda gli enigmi ambientali, questi sono pochi e già visti altrove come il classico “sposta le casse in un dato ordine per liberare il passaggio”. Altre richieste riguardano localizzare un determinato oggetto, scovare un dato numero di oggetti e interagirci in un lasso di tempo preciso e così via. Niente di originale o particolarmente coinvolgente ma, ancora una volta, tutte queste azioni acquisiscono originalità quando e SE appare l’orso.
E veniamo a lui: il cattivo. Questi appare un po’ ovunque e se ci becca non potremo difenderci. In compenso, può ferirci due volte prima di mandarci definitivamente al tappeto e dopo un colpo inferto, sparisce. Possiamo, per nostra fortuna, curarci con oggetti consumabili ma a essere onesti, Camp Sunshine non è un titolo difficile. Essere inseguiti dall’orso, infatti, salvo in rare occasioni, significa semplicemente correre lontano (sfruttando bene la barra stamina) o uscire dall’area per farlo sparire e trovare la tranquillità.
In altre occasioni, l’orso appare ma in lontananza o in altre stanze a noi visibili e quindi facilmente evitabili. Da segnalare che ogni apparizione dell’orso è annunciata dal suo vocione che ci permette quindi di comprendere quando procedere con cautela o meno. Allo stesso tempo, ci sono capitati episodi dove l’orso ci è letteralmente apparso davanti senza darci modo di salvarci.
Oltre alla barra stamina che si ricarica automaticamente stando fermi o camminando normalmente e alla vita che si ricarica utilizzando oggetti curativi consumabili, l’altra barra da tener d’occhio è quella della torcia che ci agevola non poco nel rischiarare un mondo di gioco abbastanza sciapo e poco accattivante (salvo per gli sbudellamenti sparpagliati un po’ ovunque). L’utilizzo della torcia va dosato con cautela in quanto la batterie per ricaricarla fanno parte dei consumabili e non sono infiniti.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Camp Sunshine è abbastanza anonimo se escludiamo la figura dell’orso killer discretamente inquietante. Per il resto, si tratta di una pixel art abbastanza prevedibile e già ampiamente vista altrove con pochi guizzi d’ingegno identificabili del gore pixelloso che decora di rosso gran parte del campus. Gli elementi di decoro come gli interni sono in gran parte riciclati o poco definiti mentre l’esterno del campeggio è un continuo mix di alberi e fiori tutti uguali con pochissime varianti.
Non migliorano le animazioni, ridotte all’osso ma comunque sufficienti considerando la tipologia del titolo. Il sonoro si distingue maggiormente grazie, ancora una volta, al killer stesso, dotato di un vocione sinceramente inquietante e disturbante. Buoni anche gli effetti sonori che regalano un filo d’ansia che si consuma abbastanza velocemente a causa della struttura ripetitiva del titolo stesso. Infine, da segnalare la totale assenza della lingua italiana che va a intaccare tanto i dialoghi quanto i documenti che compongono la lore principale del titolo.