Sviluppato e pubblicato da VRKiwi e MeKiwi Oy, Cave Digger 2 è un gioco di avventura, d’azione ed esplorazione in prima persona votato alla cooperazione, con una spruzzata da roguelike e nato originariamente per essere vissuto col visore. Noi abbiamo vestito i panni di un novello cacciatore d’oro su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione. Pronto a inoltrarti in miniere misteriose e procedurali?
Cave Digger 2: scava che ti passa
Prima di affrontare la narrazione di Cave Digger 2 è bene fare alcune precisazioni sulla natura stessa del titolo. L’opera firmata VRKiwi nasce come esclusiva per il mondo dei visori e dalla sua aveva la pretesa di offrire un’esperienza roguelike collettiva con un vago retrogusto da dungeon crawler ma fondamentalmente richiamando il sistema ludico ciclico di SteamWorld Dig.
Nel dettaglio, parliamo dello scopo stesso del titolo nonché dell’attività cruciale che faremo in ogni singola esplorazione sotterranea: scavare, raccogliere tesori e investirli per ampliare e potenziare l’equipaggiamento e l’hub stesso. Ma di SteamWorld Dig non viene ripresa solo l’ossatura ludica ma anche l’atmosfera steampunk con un vago alone da western che qui viene meno approfondito ed è un sincero peccato.
La versione che stiamo analizzando, è essenzialmente lo stesso gioco senza però l’obbligo del visore. Un’operazione, quella di rendere un titolo nato per il visore libero dal vincolo tecnico dell’hardware, che ha già coinvolto numerosi giochi e che potrebbe ampliarsi ancora considerando che il mondo del visore non ha attecchito quanto sperato ma questa è un’altra storia.
Un anonimo cacciatore
La storia di Cave Digger 2, invece, ci cala nei panni di un anonimo e muto cacciatore d’oro che si ritrova ad affrontare la Vallata e i suoi misteri, caverna dopo caverna, viaggiando tra budella rocciosa sempre diverse. Lo scopo di tutto ciò? Far soldi, ovviamente. La Compagnia per cui lavoriamo, inoltre, sono sia quelli che ci pagano che quelli a cui ridiamo i soldi per ottenere nuovo equipaggiamento o per migliorare il discutibile hub in cui ci muoviamo e che, nelle prime fasi, è praticamente una distesa di ruderi immersi in uno scenario desolato.
A farci compagnia ci sarà una “voce” che proverà ad arricchire un po’ l’atmosfera, prevalentemente silenziosa, con battutine non sempre riuscite o con frasi che, alla lunga, diventano sia ripetitive che fuori contesto. In ogni caso, la storia di Cave Digger 2 viene trainata più dall’aspetto ludico che dall’intreccio narrativo in sé anche se bisogna comunque evidenziare che esistono misteri da svelare e che il titolo dispone di diversi finali che vanno a potenziarne la rigiocabilità.
A suo modo, seppur non molto articolata né innovativa, Cave Digger 2 ha una parvenza di lore che deve in parte qualcosa al già citato SteamWorld Dig. Non aggiungeremo altro per evitare di rovinare le ben poche sorprese nascoste nei meandri dei budelli rocciosi di cui Cave Digger 2 è pieno. Ti basti sapere che a catturare l’attenzione sarà la storia di un certo Clayton, raccontata tramite fumetti e che va a mettere non pochi dubbi nel nostro percorso e nella Compagnia stessa. Quanti cacciatori d’oro ci sono stati prima di noi e fin dove si sono spinti? Ma soprattutto: che fine hanno fatto?
Dal VR al non-VR
Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: Cave Digger 2 è un gioco nato su VR. Nel dettaglio è un action-adventure in prima persona con una struttura da roguelike riconoscibile nei livelli procedurali e in un sistema di attività fortemente ciclico e votato alla ripetizione. Inoltre, parliamo di un’opera che riesce a dare il meglio di sé in co-op fino a un massimo di quattro giocatori nello stesso team di esploratori.
La nota sul VR è essenziale per due aspetti: quello ludico e quello tecnico. Ludicamente parlando, il feedback con il pad è riproposto in modo positivo anche se non sempre le hit-box combaciano alla perfezione. Banalmente, rischi di ritrovarti a picconare l’aria per aver mal calcolato le distanze con la roccia. E a tal proposito, come da titolo, scavare è tra le attività principali in Cave Digger 2. Non per niente, tra i primi strumenti di cui entrerai in possesso, c’è un poderoso piccone.
Tale piccone si può utilizzare anche come sorta di arma ma la sua utilità è essenzialmente legata a frantumare dei particolari tipi di rocce: quelle per liberare un passaggio e quelle che potrebbero racchiudere un particolare minerale/tesoro. Liberare un passaggio in Cave Digger 2 regala delle iniziali e gradevoli sensazioni ma rimane un po’ l’amaro in bocca considerando che non avrai libertà di demolizione e che anzi, ci sono strette porzioni di mura di cui non potrai sforare i limiti.
Inutile dire che, il piccone è solo uno dei tanti strumenti di cui Cave Digger 2 è infarcito e che regalano una discreta varietà d’azione. Infatti, tra gli strumenti troviamo anche delle armi tra cui una pistola con cui potremo sia sparare a piccoli mucchi di roccia sia ai nemici che infarciscono i vari dungeon rocciosi. I nemici non brillano per originalità o varietà ma sanno impegnarci e possono anche essere fonte di ulteriore guadagno.
E parlando di guadagno, il bottino raccolto, che sia da nemici o da cumuli di rocce, viene immagazzinato in un inventario non proprio generoso e che ci pone dinanzi a una costante decisione: fermarci o proseguire? Ogni volta che scendiamo nella miniera, infatti, potremo decidere autonomamente se scendere più in profondità o se tornare indietro. Ovviamente, se torni indietro, il dungeon è perso per sempre in quanto è destinato a mutare costantemente e in modo procedurale.
In compenso, ritirarsi ci permette di salvare il bottino che, in caso di “morte” verrebbe brutalmente dimezzato e smarrito per sempre. Bisogna poi evidenziare un paio di cose che rendono Cave Digger 2 piacevolmente user friendly. La prima è proprio sulla gestione automatizzata dell’inventario che vede la cancellazione automatica degli elementi raccolti di minor valore in caso di spazi pieni. Questo ci permette quindi di non dover gestire sempre e manualmente gli oggetti raccolti, affidandoci al titolo con la consapevolezza di trasportare sempre e solo i materiali più preziosi.
L’altro elemento decisamente apprezzato è la ricomparsa automatica degli strumenti smarriti/lanciati. Banalmente: se lancio il piccone contro un nemico o contro un mucchio di rocce troppo distante, per recuperare subito lo strumento mi basterà la pressione di un tasto e questi ricomparirà subito nella mia mano. Molto probabilmente, entrambe queste accortezze sono frutto della natura da VR per renderlo quanto più immediato e fruibile possibile.
Un altro giro… problemi tecnici permettendo
Titoli come Cave Digger 2 sono irrimediabilmente ripetitivi. Per quanto gli ambienti procedurali facciano di tutto per variare l’azione a schermo, ci ritroveremo sempre e comunque a fare le stesse cose, accumulando ricchezze e spendendole per accrescere l’equipaggiamento e per avanzare verso aree più complesse. Il tutto soddisfacendo anche missioni secondarie e opzionali, del tutto accessorie e decisamente poco ispirate, dotate dei soliti obiettivi come uccidere un determinato numero di nemici.
Inutile dire che tale ripetitività si sente con maggior prepotenza in caso di partite in solitarie. In compagnia la situazione cambia e può potenziare tanto l’esplorazione quanto soprattutto l’esperienza in battaglia potendo quindi fare strategia e pianificazioni di gruppo. La fatidica frase “ancora un altro giro” può quindi emergere facilmente, soprattutto nelle prime fasi dove il progredire dell’esperienza si accompagna a innovazioni strumentali che variano discretamente l’esperienza in sé.
Peccato però per alcune incertezze tecniche. La prima che emerge con prepotenza è il viaggio in “ascensore”, ossia il passaggio dall’hub al livello procedurale di turno. Questo momento, che funge da caricamento delle stanze procedurali, è afflitto da un vistoso rallentamento oltre a durare, in alcuni casi, anche diversi minuti. Parliamo comunque di un qualcosa che confidiamo possa essere risolto con alcune patch.
Un’ulteriore nota la facciamo per la telecamera e la sua gestione. Dobbiamo ammettere che con l’impostazione di default siamo durati una manciata di secondi dovendo subito metter mano alle impostazioni per azzerarne quasi totalmente la sensibilità. In pratica bastava sfiorare l’analogico per ritrovarci a volteggiare. Decisamente troppo sensibile. Per fortuna il gioco dispone di opzioni intuitive con cui poter personalizzare l’esperienza.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Cave Digger 2 non esalta quasi in niente. Ammantato da un cell-shading che richiama un po’ Borderlands (soprattutto per alcune tipologie di nemici), l’opera in analisi ne esce prive di identità e particolarmente sottotono. Le aree, seppur procedurali, sono prevalentemente spoglie o infarcite da elementi riciclati di continuo. I nemici sono poco vari e l’avatar stesso, che si può eventualmente e ulteriormente personalizzare, è sinceramente brutto e anonimo.
Salviamo giusto la mascotte del titolo, una sorta di Claptrap, che vi lasciamo il piacere di conoscere. Il sonoro, invece, è abbastanza gradevole seppur mai realmente memorabile. Buono il doppiaggio in inglese mentre è assolutamente gradita e apprezzata la presenza dei sottotitoli in lingua italiana. Infine una nota dolente per la trasposizione di Cave Digger 2 sull’ibrida Nintendo. Il titolo arranca in più punti, con cali di frame rate e rallentamenti vari. Questo si è notato soprattutto nella modalità portatile, che risulta anche poco comoda per la lettura del testo, in alcuni casi troppo piccolo.