Ce n’è voluto di tempo, ma l’idea di un picchiaduro a quattro giocatori in cui poter saltare e muoversi liberamente per lo scenario, nata in The Outfoxies di Namco nel 1994 e resa popolare un lustro dopo con Super Smash Bros., sembra aver finalmente preso piede. Quando nasce un genere, però, alcuni titoli possono essere più ispirati, altri meno. In questo caso, abbiamo a che fare con CHOP, l’ultimo arrivato dei titoli del prolifico publisher QubicGames e debutto degli sviluppatori Claws Up Games. Approdato prima su Steam, oggi vediamo la sua uscita per la console ibrida di casa Nintendo dove è possibile acquistarlo nell’eShop al costo di 9.99 € o scontato del 50% se già in possesso di altri titoli QubicGames. Scopriamo insieme se vale la pena spendere dieci cucuzze o meno.
Macelleria salterina
Quel che appare evidente fin da subito è l’approccio “stile Mortal Kombat” del gioco. L’analogia con Mortal Kombat nasce dal fatto che quest’ultimo ha puntato sulla violenza cruda per distinguersi dalla concorrenza offerta da Capcom e SNK; una strategia che si evince in CHOP sin dal trailer. Mentre per fortuna la violenza non raggiunge i livelli traumatici dell’undicesimo capitolo della serie di NetherRealm, lo stile che ne risulta pare a tratti molto kitsch, a dispetto di uno stile grafico cel-shading e di una conseguente ispirazione fumettistica lodevole. I quattro personaggi disponibili, tutti derivati di un futuro apocalittico a metà strada tra Mad Max e Warhammer 40000, servono più a veicolare altrettanti stili di gioco molto diversi tra loro, sopperendo così in parte alla mancanza di varietà nel character design. Ma prima di parlare di loro, dovremmo spendere due parole sul gioco.
Il primogenito di Claws Up Games si basa su una premessa di gioco semplice, ma, rendendo onore al merito, anche abbastanza unica nel suo genere: uccidere un avversario fa apparire un portale e, almeno nella prima delle tre differenti modalità di gioco presenti, attraversarlo sarà vitale per accaparrarsi la vittoria. Il lato caotico del multiplayer a cui tale premessa mira nasce dal fatto che morire prima di scappare dall’arena fa sparire la propria via di uscita. Tale idea “semplice ma geniale” a quanto pare è abbastanza basilare da giustificare l’assenza di altre lingue al di fuori di inglese e francese.
In quanto alla natura degli scontri, il gioco non si chiama CHOP proprio a caso: uno scontro può durare meno di un minuto, in quanto con un semplice attacco si può mozzare (“to chop”, in inglese) di netto un avversario da capo a piedi. Mai però scordare di tenere d’occhio i layout delle varie arene, differenti tra loro quanto basta da garantire un minimo (davvero minimo) di varietà. Ogni personaggio combatte con una spada o uno spadone, generalmente, e il gameplay – a parte qualche attacco fisico, compresa una sorta di Fatality – fa leva sulla possibilità di lanciarle in linea retta (salvo eccezioni) fino a farle impiantare in qualunque parete ponga fine alla loro traiettoria. Per recuperarle, poi, si può premere il tasto R (di nuovo, salvo eccezioni) per richiamarle a sé, ma è il modo in cui ciò viene fatto che cambia radicalmente il gameplay in base al personaggio scelto.
Alric, il primo dei quattro, lanciando l’arma può teletrasportarsi ovunque si trovi la sua spada, aprendo così un’ampia rosa di opzioni per attraversare lo scenario. Poi viene il turno di Khuno, che ha due spade da lanciare; una volta posizionate è possibile far partire un raggio laser tra le due lame, capace di far esplodere il malcapitato nel mezzo in più globuli rossi di quanti se ne trovino in una banca dell’AVIS. La terza, e si intende terza in ogni senso a giudicare dalla rotondità del petto, è Ashe, capace di controllare la traiettoria della spada per poi richiamarla a sé. Infine, Drekhan può richiamare la propria lama facendole seguire la stessa traiettoria a ritroso anziché teletrasportandola, facendo del suo machete una sorta di letale yo-yo. Da Nintendo Switch ognuno dei quattro, seguendo le regole dei twin-stick shooter, con la leva analogica destra può scegliere in che direzione lanciare la propria arma; il resto del semplice moveset di ogni personaggio è facilmente accessibile premendo Y allo schermo della loro selezione.
Tre è il numero perfetto?
Ci sono tre modalità di gioco che fanno capolino tra le “copertine da fumetto” nell’altrimenti striminzito menù principale. Vediamo quali.
Il primo è Rush Out e come implica il titolo dovremo fuggire verso l’esterno. Questa modalità si basa su quella che Claws Up Games vorrebbe farci intuire essere l’essenza stessa del gioco: il primo che riesce ad uccidere l’avversario e fa in tempo a prendere il portale di uscita si aggiudica la vittoria. Questo tipo di scontri è il più rapido per far comprendere al volo il gioco agli amici che lo proveranno sulla nostra console, come vedrai verso la fine della recensione.
La seconda modalità è Skull Hunter, dove, in maniera non troppo diversa dalle battaglie con monete della serie Super Smash Bros., il proprio compito è quello di far cadere all’avversario i teschi (e rubarli) che ha collezionato a suon di trapanate. Il “fattore CHOP” dei portali in questo caso li vede sempre aperti, e una volta attraversati garantiscono di mettere al sicuro i crani umani collezionati fino a quel punto.
L’ultima variante è ultima anche nel nome: Last Survivor, l’ultimo sopravvissuto. Non c’è molto da dire: è una battaglia a vite. Se ad attirarti al titolo è stato l’aspetto più incline al macello del gioco e non le poche idee che mette sul tavolo, questa modalità dovrebbe fare per te.
Fortunatamente, queste tre modalità presentano a loro volta svariate diramazioni: il primo bivio ci propone Classic, la modalità standard, o Tournament. Entrambe si suddividono in base alla spartizione dei giocatori, in modo molto più rigido rispetto al picchiaduro crossover di punta di Nintendo: una modalità tutti contro tutti, una modalità due contro due, e una modalità uno contro tre. A queste tre scelte nel menù si affianca un’altra opzione, quella dei settaggi del match che si va ad affrontare. La modalità Tournament, nel bene e nel male, non è la “scalata” arcade tipica di ogni picchiaduro; si tratta di una modalità per partecipare in un numero di fisso di giocatori che varia dai 16 prefissati per giocare tutti contro tutti, agli 8 o 16 della due contro due, fino ai 4, 8 o 16 della terza, sostituita per l’occasione da una suddivisione di scontri uno contro uno.
Il pacchetto offerto da CHOP completa la sua tagliente presentazione con una colonna sonora di stampo heavy metal, che però pecca nella varietà tanto quanto le arene. Queste sono l’unico aspetto del gioco a presentare elementi sbloccabili ma che, al di fuori dei differenti layout, non presenta abissali differenze tra uno scenario e l’altro. Le arene presentano una funzione di selezione casuale per rimescolare le carte in tavola, e in tal senso la varietà viene risollevata dall’abisso grazie anche alle armi aggiuntive che possiamo trovare sul campo di gioco, tra mine, bombe glaciali ed altre amenità.
Queste sono tutte cose che, in via teorica, dovrebbero far volare il titolo, specie a fronte del prezzo apparentemente esiguo che ci viene chiesto di sborsare. Andiamo però ad analizzare quali sono i metaforici stivali di cemento che lo tengono ancorato al suolo.
Top & Chop
Facendo il verso alla nostra nota rubrica, qui vedremo quali sono i peggiori difetti del gioco. Non mentirò: non sono tantissimi. Tuttavia si tratta di lacune ingombranti e gravose, che al titolo non possono certo giovare. Partiamo da un pregiudizio, che vedremo subito se si rivelerà infondato o meno. QubicGames, soprattutto tra i fan Nintendo, è nota per una strategia di business che si dimostra dolorosamente palese anche nella pagina dell’eShop di CHOP: chi possiede una copia di un qualsiasi altro titolo del prolifico publisher avrà diritto a uno sconto sul gioco. Aggiungiamo a questo il fatto che QubicGames è quasi una presenza fissa nei saldi dello store digitale di Nintendo e il quadro d’insieme è ben visibile agli occhi di tutti: quando i titoli di una casa sono soggetti a sconti e offerte una volta sì e l’altra pure, un motivo ci dovrà pur essere. In realtà non è solo uno, ma c’è.
La già citata pagina eShop di CHOP è rapida nel definire questo un gioco “da divano” che “porrà fine alle nostre amicizie”. Questa enfasi sul gioco locale pianta i semini di un sospetto che germogliano di fronte all’evidenza dei fatti: il gioco non contempla modalità online di alcun tipo, preferendo puntare tutto sul multiplayer locale. Non che questo sia necessariamente un dramma, non trattandosi di una convenzione del gaming da quando esso è nato; purtroppo però l’online è in giro da abbastanza tempo da potersi definire una convenzione a tutti gli effetti. Vuoi per scarsa fiducia nelle vendite del titolo, vuoi per motivi di tempo, vuoi perché nemmeno Worms W.M.D. su Switch può vantare chissà quale comunità online, ma per un indie questa scelta può quantomeno essere comprensibile.
Comprensibile, d’altro canto, non equivale a giustificabile: oltre a quanto detto sulle tre modalità di gioco, a parte opzioni e titoli di coda, non c’è veramente nient’altro. Certo, i bot sono sempre disponibili, e sono abbastanza inclini al “camperaggio” da essere avversari credibili, ma sono gli avversari umani a dare anima al gioco; una campagna, o anche solo una modalità arcade, avrebbero giovato. Al di fuori di qualche nicchia che farà di CHOP un caposaldo delle loro serate, ammesso che ci si ritrovi una volta ogni tre mesi, questo gioco non durerà tanto. Che poi la durata sia da intendersi come tempo di gioco o come sopravvivenza alla spietata concorrenza eShop, questo è a discrezione tua.
Parlando di tempo, poi, per un titolo tanto spoglio il tempo di caricamento iniziale è abbastanza lungo. Nulla di scandaloso, specie a fronte dei caricamenti fortunatamente rapidi prima di ogni match, ma stona un po’ con il resto del gioco, che almeno per quanto concerne il lato puramente tecnico non è interamente da buttare al macero. Peccato solo per la lentezza del respawn, tale da rendere quasi inutile la regola sui portali della modalità Rush Out
Il fatto che il gioco sia spoglio ci porta a dire due parole sul compartimento grafico. Come già detto, lo stile che ammicca al fumetto becero degli anni novanta è in linea con l’atmosfera caciarona del titolo (gli autori sul sito di CHOP si definiscono “amanti della birra e delle scemenze sanguinolente”), che però al di fuori della sua scelta stilistica mirata allo shock fine a sé stesso non ha tutto questo granché. L’unica cosa da sviscerare, più che i personaggi, sarebbe stata l’idea di esplorare cosa si può fare con le spade e i loro relativi lanci, un’ipotesi che, accompagnata dalla giusta varietà, potrebbe portare un (improbabile) seguito sopra la soglia della sufficienza senza alcun problema. Le arene hanno la loro varietà, certo, ma dai loro fondali si evince che con l’idea di un mondo morto ci si può sbizzarrire solo fino a un certo punto.
Non è con piacere che sminuiamo un titolo che i creatori del gioco, uscito anche su Steam, descrivono sul loro sito con tanto entusiasmo; è a loro che rivolgiamo, parafrasando il cinema italiano, il nostro giudizio conclusivo – “queste parole possono esse fero, e possono esse piuma… se ce riprovate, saranno piuma”.