Nel 2017 arrivava in esclusiva per Oculus Rift un titolo piuttosto particolare. Si trattava di Chronos VR, un souls-like in terza persona E in realtà virtuale. Un accoppiamento che potevi trovare fuori da ogni logica, ma che per bravura del team di sviluppo riusciva in qualche modo a funzionare.
C’è anche un altro dettaglio: i giocatori che hanno provato Chronos e nel 2016 hanno acquistato per un caso fortuito Remnant: From the Ashes, saranno rimasti totalmente spiazzati.
Questo perché Chronos è ambientato nello stesso universo di Remnant, anche se per anzianità forse dovremmo affermare il contrario. E non si tratta soltanto di stesso universo, ma Chronos è proprio la costola da cui si genera il ben più espanso mondo di Remnant. Nel gioco dovrai prendere il controllo del solito giovane eroe predestinato per sconfiggere il classico drago che porta rovina al mondo. Sembra molto banale, vero? Eppure lo sviluppo di questa trama ti farà assolutamente ricredere!
Chronos, visto anche il successo del suo ben più famoso sequel, ha ricevuto una versione ottimizzata per essere giocata senza il VR. Allora, vale la pena giocarlo anche senza il suo tratto più peculiare? Scoprilo con noi!
Chronos e il fardello della realtà virtuale
La problematica più grande di questo prequel è la sua precedente natura da titolo VR, che lo incatena alla definizione che abbiamo dato nel titolo. Infatti bisogna considerare che Gunfire Games pubblicò Chronos nel marzo 2016, epoca in cui doveva ancora far uscire produzioni maggiori come Darksiders 3 e lo stesso Remnant.
Bisogna inoltre considerare che per il progetto la software-house non aveva nessuno alle spalle e pubblicò il titolo VR con soltanto le sue forze economiche. Chi è più avvezzo al mondo del VR saprà quanto sono ampi i costi di produzione per i titoli in realtà virtuale.
Essendo una piccola software-house la dimensione del gioco era quindi molto simile a quella di tanti altri titoli VR. Il gioco infatti, anche nella sua versione senza realtà virtuale, dura un massimo di 6-7 ore, ma solo se avrai problemi a risolvere gli enigmi. Una run che fila liscia dura 5 ore al massimo.
Non si tratta solo di una questione di longevità, ma sono proprio pochi i contenuti. Sono disponibili soltanto quattro zone, di cui due nemmeno piuttosto ampie, sono poche le armi e anche il loro sistema di upgrade è farraginoso e ridotto all’osso. In più, chiunque sia stato attirato qui dalla sfida che ha trovato in Remnant, potrebbe avere una brutta sorpresa. Benché artisticamente piuttosto ispirati, i boss sono piuttosto semplici da superare, caratterizzati da un pool di attacchi alquanto ridotto e che cambia poco con l’incedere delle battaglie.
La difficoltà al ribasso è dovuta anche a uno degli elementi di game design più interessanti proposti da Chronos, ovvero l’invecchiamento. Ogni volta che il nostro personale personaggio passa a miglior vita perde un anno della propria vita. Se da giovane le statistiche di forza e agilità potranno essere potenziate con un maggiore aumento dei benefici, con il superamento dei 50 anni il nostro personaggio diventerà più saggio così come meno atletico, andando invece a beneficiare nella statistica Arcano. Dai 20 anni in poi, ogni 10 anni, sarà possibile scegliere tra tre talenti differenti che modificano in modo più o meno significativo il gameplay.
Tornano i cuori di drago, la stessa “pozione” di cura già vista in Remnant, ma con una differenza sostanziale. Non sarà infatti possibile ricaricarli ad ogni checkpoint perché si ricaricheranno ad ogni morte, costringendoti ad avanzare anche qualora tu li abbia finiti. Sembra una meccanica estremamente punitiva, ma finisce per non esserlo affatto. Questo perché ogni volta che il personaggio salirà di livello, avvenimento piuttosto frequente, la salute tornerà al massimo. Mi è personalmente capitato più volte di non utilizzare un cuore di drago aspettando invece di salire di livello per recuperare la salute.
Il vino buono nella botte piccola
La breve durata che caratterizza Chronos: Before the Ashes non è però soltanto un difetto, visto che comunque risulta un’esperienza molto più concentrata e curata. Considerando il ridotto contenuto dell’esperienza sono presenti un buon numero di nemici e per fortuna non vengono proposte reskin degli stessi. Le diverse zone godono tutte di un ottimo level design, anche se alcune come il mondo dei Pan Yaesha sfruttano più di altre le fantastiche interconnessioni che regalano le shortcut.
Anche il combat system gode di un’ottima reattività e cura nelle diversificazione delle armi, seppur queste non siano tantissime. Oltre ai classici attacchi leggeri attacchi pesanti è stato introdotto lo scudo, con un tipo di funzionamento analogo a quello di Dark Souls, e la magia delle Dragon Orbs.
Durante la run sarà possibile trovare questi particolari oggetti che doneranno al nostro personaggio un potere elementale per gli attacchi. Facendo danno sarà possibile caricare l’apposita barra, che una volta riempita ti consentirà di rilasciare il potere dell’orb. Queste sfere concedono diverse abilità che spaziano da un banale aumento di danno, colpi stordenti, barriere o colpi che assorbono la salute avversaria. Peraltro questo non è l’unico modo di imprimere la magia delle Dragons orb sull’arma, visto che caricare al massimo un attacco pesante o attaccare dopo aver fatto un parry o una schivata al momento giusto, ci consentirà di infliggere danni potenziati.
Il gameplay quindi è semplice, ma non per questo poco stimolante. L’aspetto però in cui eccelle Chronos: Before the Ashes sono i puzzle che scandiscono l’avanzamento. Questi puzzle sfruttano al massimo lo spirito d’osservazione del giocatore e a volte sono legati a scelte di game design davvero molto particolari e audaci. Probabilmente questa cura nei puzzle è dovuta alla precedente anima VR di Chronos, anche se in realtà di questo ci importa poco; dimostrano di funzionare alla grande anche su un semplice schermo.
La qualità e la particolarità di alcuni dei puzzle ci fa sperare di vederne di questo livello anche in un eventuale sequel di Remnant: From the Ashes. Anche se la peculiarità del sequel è la sua proceduralità, forse una scelta in parte anche dovuta al basso budget, questo raramente gli ha permesso di avere un ottimo level design e dei puzzle così ben pensati. Sarebbe fantastico vedere una produzione più ampia come quella di Remnant adottare un level design e una cura nei dettagli come quella di Chronos: Before the Ashes.
Per quanto riguarda il versante tecnico c’è davvero molto poco di cui parlarti, il colpo d’occhio generale assomiglia in tutto e per tutto al suo sequel, con forse qualche modello meno curato. Fondamentalmente, come per Remnant, un comparto tecnico mediocre viene limato da una fantastica direzione artistica che con i suoi mondi ed il suo stile è riuscito a creare una vera e propria lore. Anche per le musiche siamo un gradino sotto al sequel, benché risultino comunque un buon accompagnamento durante l’avventura.