Forse è dovuto al fatto che sono un giocatore nostalgico, alla fine gioco ai videogiochi da praticamente quando ho memoria e non ho mai smesso, o forse è dovuto alla mia preparazione accademica (sono laureato in informazione, media e pubblicità), ma in ogni caso oggi voglio portarti a leggere un articolo diverso. Non voglio parlare di un evento, di un gioco o di una notizia, ma voglio parlare di un fattore in costante crescita , i comportamenti tossici nei videogiochi, e di come questi influenzino l’industria stessa.
Magari sei fortunato e non sai di cosa sto parlando. Con comportamento tossico ci si riferisce ad un qualcosa che è come un veleno per coloro che lo sperimentano sulla loro pelle. Ne fanno parte le critiche non costruttive, date per il solo gusto di ferire, ma anche tutti i giudizi superficiali o mancanti di basi solide su cui argomentare. Non è però solo questo. Comportamenti tossici sono anche tutte quelle azioni eseguite con l’unico obiettivo di rovinare il divertimento e la felicità altrui in un moto di sadismo/bullismo tutto nuovo.
No, non voglio tirare fuori il discorso “prima si stava meglio” anche perché non lo ritengo vero. I comportamenti tossici ci sono sempre stati, semplicemente prima erano meno visibili e meno impattanti. Il problema non è la loro esistenza all’interno del settore dei videogiochi quanto l’importanza crescente che stanno ottenendo e la maggiore diffusione che li sta portando a rovinare con sempre maggiore facilità le esperienze altrui. Andiamo con ordine però perché l’articolo di oggi sarà un lungo viaggio tutt’altro che piacevole.
Tutto Parte da Qui
Ho gettato le basi per questo articolo settimana scorsa. So che ora potresti storcere il naso perché parlerò di League of Legends, ma essendo una delle community più attive e conosciute di cui faccio parte, mi è utile sfruttarla per tirare fuori dal cappello alcuni esempi che aiutino a comprendere quanto scrivo. Se non giochi a League of Legends non importa, sono sicuro che puoi applicare i miei ragionamenti a qualsiasi tipo di gioco competitivo e puoi farti venire in mente almeno una o due occasioni, minimo, in cui è successo a te.
Torniamo al nocciolo del discorso. Settimana scorsa, nella lega europea di League of Legends si è svolto un incontro molto atteso, Fnatic contro G2 Esports. Lo scontro è stato giocato in una serie al meglio delle 5 e si è rivelato come un assoluto capolavoro, con i due team che non si sono risparmiati e ci hanno regalato grandissime prestazioni. Credevo che quanto affermato fosse condiviso da tutti, tanto era reale, ma poi sono entrato su Facebook e tra le voci di coloro che erano d’accordo con me, ho letto anche molti utenti che hanno iniziato a offendere a destra e a manca i giocatori perdenti, colpevoli “di aver fatto schifo”.
Per me è stato come scoprire che non esiste Babbo Natale e ci sono rimasto davvero male. Dire che qualcuno fa schifo perché ha perso è già sbagliato di per sé perché puoi magari aver giocato la miglior partita della tua vita, solo per poi perdere perché gli altri hanno giocato meglio (cosa che è successa nel caso in questione). Tuttavia tale pensiero è ancora più tossico e velenoso perché le persone in questione spesso esprimono il loro giudizio senza davvero avere le capacità di poter valutare la qualità di un giocatore professionista. Si parla di una persona che ha raggiunto un livello a cui chi scrive su Facebook può a malapena aspirare. Gente che spesso si allena a giocare 8 ore al giorno tutti i giorni. La pressione psicologica è già di per sé enorme anche senza qualcuno che ti offende gratuitamente e basta un imprevisto per portarti a giocare male quel giorno.
Sia ben chiaro, non sto dicendo che non sia possibile criticare un giocatore. Ci mancherebbe. Si parla di ragazzi che vengono pagati per giocare e da loro ci si aspetto un certo impegno ed un certo livello di performance. Non sto neanche parlando di dare un giudizio onesto delle performance di un team, magari argomentandolo con dei validi punti di vista. Tutto questo va benissimo e deve continuare a esistere. Il problema è sentirsi legittimati a offendere un altro giocatore solo perché, secondo noi, fa schifo. Senza argomenti. Senza correzioni. Senza possibilità di salvezza. Perché hai perso e tanto basta quindi per legittimarmi a offenderti.
Torniamo quindi alla vicenda che ha scatenato tutto il mio ragionamento. Incuriosito da quanto avevo appena letto, decisi infatti di recarmi sulla pagina Facebook dei G2 Esports per leggere i pareri di quelli che avrebbero dovuto essere fan del team. Non lo avessi mai fatto… Un’ondata infinita di offese, soprattutto nei confronti di Perkz. Certo, l’adc dei G2 sta effettivamente performando male, ma questo è dovuto al fatto che a metà stagione ha perso il padre! E’ un po’ difficile dare il 100% dopo un simile avvenimento. Nonostante questo i fan dei G2 (non gente a caso sul web o dei detrattori) non hanno avuto la minima remora ad offenderlo anche in modo pesante chiedendo a gran voce la sua esclusione dalla squadra. Seriamente?
Fortunatamente League of Legends (e i vari esport in generale) stanno dimostrando di sapere come rispondere a questi atteggiamenti. Si va da Riot Games che ha fatto ormai del motto “rialzarsi a nuova gloria dopo essere caduti in rovina” il proprio leit motiv principale (ne è un esempio il video di Phoenix che apriva il mondiale 2019) ai vari team che o ignorano in modo completo le offese che vengono loro rivolte o, addirittura, ci scherzano sopra con ampie dosi di autoironia (è il caso proprio dei G2 Esports). Il problema, però, è che i comportamenti tossici si sono ormai espansi anche al di fuori dei settore di esport, andando a colpire entità che non erano preparate e non sanno bene come rispondere: le case di sviluppo.
Il potere della community
Una delle tante critiche che sento ripetere spesso è che le case di sviluppo di videogiochi ormai non si curino più dei loro utenti e facciano quello che pare a loro. Che il loro unico obiettivo sia fare soldi, come se questa fosse una cosa negativa. Onestamente, se io ho un’azienda e mi getto sul mercato, il mio obiettivo è fare soldi! Mi pare ovvio! Per che altro dovrei farlo? Detto questo, mi pare che la situazione sia completamente opposta a quella criticata, con le community che spesso hanno un potere spropositato nei confronti delle case di sviluppo. Quest’ultime, assolutamente impreparate a questo ambiente, si muovono confuse e disorientate e nel tentativo di non scontentare nessuno, scontentano tutti.
Lo specifico ancora una volta, non sto parlando di critiche giustificate o ben argomentate, ma di risposte tossiche, mirate spesso solo a danneggiare o a creare polemica. Faccio un esempio pratica così da farti capire meglio che intendo. Marvel’s Spiderman credo che sia a mani basse un gioco che tutti conoscono e di cui qualcuno ti avrà sicuramente parlato bene. Attualmente si può considerare un successo, ma poco prima dell’uscita venne sepolto da una tempesta di offese e critiche agli sviluppatori. Il motivo? In uno screen di un trailer di mesi prima le pozzanghere apparivano più definite e graficamente belle di come sono poi apparse in un trailer successivo. Le pozzanghere, si. Tanto è bastato per scatenare la rabbia degli utenti per questo “abnorme” downgrade grafico.
Non voglio neanche perdere troppo tempo a spiegarti perché questa cosa è stata semplicemente folle. Anche mettendo che tutti possedessimo schermi capaci di farci contare i peli del naso di Peter Parker quando si scaccola… in un gioco veloce come Marvel’s Spiderman credo nessuno di noi abbia avuto la propria esperienza rovinata dal fatto che “le pozzanghere erano meno definite.” Anche perché il gioco è adrenalinico che, onestamente, già così mi perdo un sacco di particolari presenti, figurati se mi fermo a guardare le pozzanghere! Ma poi, te te lo immagini questo tizio che guarda fotogramma dopo fotogramma i vari trailer in cerca di difetti su cui puntare il dito? Lo sai che anche gli sviluppatori sono esseri umani? Di downgrade in modo negativo è lecito parlare quando un intero titolo viene improvvisamente ridotto a meno di quanto promesso (si, Warcraft III, ce l’ho con te), non quando una pozzanghera è leggermente meno definita.
Il problema è che questo atteggiamento si sta riflettendo sull’intera industria di videogiochi che raramente riesce a capire che pesci prendere. Le persone di colore vogliono maggiori diritti? Allora via i neri stereotipati dai videogiochi anche se fino al giorno prima andavano bene e se comunque non me ne potrebbe fregare meno. Gli asiatici vogliono maggior rispetto? Piazza dentro un protagonista orientale anche se il gioco è ambientato in Europa in pieno medioevo, che vuoi che me ne freghi. Mi immagino le case di sviluppo che, circondati da un mare infuocato, cercano di capire come costruire una zattera di legno per attraversarlo. Non sanno come reagire, ma la colpa non è completamente loro, quanto delle community che non sanno più offrire appoggio e soluzioni, ma solo polemiche sterili. Se fai una cosa non va bene perché scontenti metà pubblico, ma se fai l’altra non va bene perché scontenti l’altra metà.
Non sappiamo più divertirci?
Lo ammetto, ho dipinto la situazione più nera di quanto è in realtà, ma volevo farti capire il nocciolo del problema che affligge il mondo dei videogiochi oggi e che è al centro delle principali critiche che vengono mosse a questa industria. Non ci credi? Pensaci bene. Una cosa che sento ripetere spesso è che le case di sviluppo non si prendono più rischi e si limitano a pubblicare remake/reboot/sequel che alla fine sono la stessa pappa. Non è così? Bene, visto quanto detto nel paragrafo precedente, al posto loro tu prenderesti quei rischi? Non sei un singolo individuo, ma sei un’azienda e devi sopravvivere, anche solo per il bene dei tuoi dipendenti. Te la senti davvero di fare una scelta rischiosa con davanti un simile pubblico pronto a farti a pezzi al primo errore?
Nonostante questo, come detto, l’ho disegnata più oscura di quanto è perché in realtà persone disposte a prendersi rischi nonostante tutto ci sono, ma, vengono tutt’altro che premiate. Anzi, spesso e volentieri non ottengono nulla, se non l’ennesima pioggia di offese e derisioni. Ti faccio ancora un altro esempio. Mi basta scrivere il titolo di un gioco: Death Stranding. Indubbiamente uno dei più grandi gesti di coraggio degli ultimi anni. Ecco, quante cattiverie gratuite hai letto su questo titolo? Lo ripeto ancora, non parlo di critiche costruttive, ma di giudizi superficiali, affrettati, senza logica. Io non amo il genere a cui appartiene Death Stranding e quindi non l’ho giocato, ma lo ritengo comunque un videogioco più che degno e sono felice esista. Ho però avuto persone che mi sono venute a dire (cito parola per parola) “Death Stranding fa cagare.” Alla mia richiesta di spiegazioni ho quindi ottenuto come risposta perché “non mi piace come tipo di gioco.” Ma sei serio? Che lo hai comprato a fare?
Forse sono io che ormai sono vecchio. Ricordo un’epoca in cui i trailer al massimo li vedevi nei cd demo della PlayStation e, se ti andava bene, potevi anche provare il gioco stesso (che al 90% all’uscita sarebbe stato molto diverso). Erano anni in cui spesso compravi un titolo a scatola chiusa solo perché ti ispirava la copertina o perché ti piaceva la descrizione dietro (o perché era in offerta e non potevi permetterti altro). Ho buttato via in questo modo un sacco di soldi, lo ammetto, e sono felice che ora sia possibile scoprire un gioco ancora prima di acquistarlo. Meraviglioso. In questo stesso modo ho però scoperto tanti titoli che ancora oggi ricordo con affetto e che, in un’altra condizione, probabilmente non avrei acquistato. Ti posso assicurare che non c’era gioia più grande di mettere un gioco appena acquistato nella console per scoprire come era davvero e realizzare che davvero aveva meritato quei soldi.
Oggi tutti sono pronti a puntare il dito contro tutti, soprattutto contro le cattive case di produzione colpevoli di voler… beh, di voler guadagnare qualcosa dal loro lavoro e quindi di agire in relazione a questo. In realtà vorrei che tutti iniziassimo a guardarci per noi stessi, a ragionare sui nostri comportamenti e su come questi possono influenzare il mondo. Anzi, su come lo hanno già influenzato. Una maggiore consapevolezza da parte di tutti migliorerebbe sicuramente il settore e il mondo in cui l’industria ragione, ma mi rendo conto che questo è solo il ragionamento di un vecchio nostalgico. Quel mondo che tanto mi ha appassionato non esiste più, lo capisco bene, ma qualche barlume di speranza c’é ancora. Qualche casa di sviluppo che riesce a rispondere bene alle critiche tossiche qui, qualche community non tossica là. Piccoli granelli di sabbia che mi fanno sperare in un futuro migliore dove tutti potremo tornare a divertirci senza troppe pare mentali per quella che è una passione comune.
Chiudo qui questo mio lungo ragionamento. Spero di non averti annoiato troppo. Anzi, voglio essere ancora più egocentrico e sperare di averti fatto ragionare un poco sui problemi dell’industria dei videogiochi al giorno d’oggi e su come questi possano essere affrontati e superati. Se anche solo ti avrò fatto riflettere per qualche minuto, avrò raggiunto il mio scopo. Detto questo, torno a fare quello che mi riesce meglio: divertirmi con i videogiochi. Dovresti provare anche tu.