Negli ultimi anni, la smania di seguire il trend dei live service ha portato a un sovraffollamento di questo tipo di giochi, nel tentativo di cavalcare l’onda di un modello redditizio, una sorta di gallina dalle uova d’oro, ma allo stesso tempo difficile in cui emergere con forza, rischiando in alcuni casi di incorrere in clamorosi fallimenti.
Concord, purtroppo, fa parte di quest’ultimo gruppo. Con l’annuncio avvenuto ieri della chiusura dei server, che avverrà precisamente il 6 settembre, e il rimborso offerto a chi ne farà richiesta, sorgono delle domande su come il live service di Sony abbia raggiunto questo triste risultato. Questo ci fa anche riflettere su come gli errori nel mondo videoludico, soprattutto con progetti che dovrebbero fare la differenza, mettano in luce uno dei tanti sintomi di una cultura del settore che tanto amiamo, al punto da farci quasi preoccupare.
Concord, un progetto con un destino segnato
Non è facile entrare nel modello di business dei giochi come servizio (GaaS), comunemente conosciuti come live service, perché se non si innova e non si riesce a portare qualcosa di nuovo o una propria visione che piaccia al pubblico, è difficile avere successo. Concord, fin dal suo annuncio con un teaser in computer grafica avvenuto quasi un anno fa durante un PlayStation Showcase, e con la conferma che si trattava di uno dei primi live service di casa Sony a uscire, non aveva suscitato molto entusiasmo.
La sua presentazione era passata in sordina e, dopo la rivelazione completa della sua natura e struttura nell’ultimo State of Play di maggio, è apparso come un titolo senza appeal o particolari guizzi, assimilabile a tanti altri live service privi di una vera identità. Questo ha portato a una bocciatura del gioco ancor prima della sua uscita, con molti dislike e commenti negativi che non facevano presagire un futuro roseo per il titolo di Firewalk Studios, al suo debutto sotto l’etichetta PlayStation Studios.
Nemmeno la beta rilasciata a luglio ha mostrato un vero interesse, registrando numeri estremamente bassi, che in un certo senso rappresentano un duro colpo non solo per lo studio, ma anche per Sony stessa. Nonostante una politica degli ultimi anni non proprio esemplare e i continui ritardi nelle sue produzioni, che sono lontane dai tempi d’oro di PlayStation 4, Concord sembra rappresentare, se vogliamo dirlo così, una vera macchia su un progetto che forse non sarebbe mai dovuto esistere, o almeno avrebbe dovuto avere un’identità più forte e una comunicazione e modelli completamente differenti rispetto a quelli adottati. Ma Concord merita davvero questo terribile e nefasto insuccesso?
Un live service in un mondo ormai saturo
Se con l’ultima domanda del precedente paragrafo ho voluto stimolare la vostra curiosità sul fatto se meritasse o meno questo insuccesso, la risposta sarebbe più semplice e basterebbe dire di sì, potremmo chiuderla lì e finire qui l’articolo. Tuttavia, vorrei condividere una mia visione personale, soprattutto per chi, come me, ha recensito il gioco ed è rimasto dispiaciuto per certi aspetti della sua fine (che era ormai prevedibile), soprattutto considerando che un team ha lavorato per ben 8 anni su questo progetto, un periodo lunghissimo. Vedere la propria creatura subire un destino tragico in meno di due settimane è sicuramente doloroso, ma soprattutto rendere invano la fatica di tutti quei anni.
Se parliamo delle problematiche che hanno portato a questa decisione da parte di Sony, potremmo citare i classici difetti riscontrati nel titolo, come gravi problemi di bilanciamento degli eroi che compromettono quanto il team ha proposto. Tuttavia, la questione è un po’ più complessa, perché questi difetti potrebbero essere corretti nel tempo. Non tutti i live service escono senza problemi, e il bilanciamento in qualunque videogioco è forse uno degli elementi più difficili da perfezionare durante lo sviluppo. Infatti, nessun gioco è ben bilanciato al day one, e di solito i vari aggiustamenti proseguono oltre alla release del gioco.
Ma il vero problema di Concord risiede nella sua natura di live service. Tra i tanti problemi c’è la mancanza di un vero e proprio elemento distintivo o di riconoscibilità. In Concord non c’è nulla di originale, a partire dal design degli eroi che si ispira chiaramente a modelli preesistenti, come i Guardiani della Galassia, e, in ambito videoludico, tenta di creare personaggi simili a quelli dei più rinomati hero shooter, come Overwatch e molti altri. Tuttavia, alla fine, questi personaggi risultano perlopiù anonimi e privi di un elemento distintivo nel design.
Sebbene il team avesse l’intenzione di ampliare questi personaggi attraverso un universo narrativo interessante alla base e con contenuti settimanali per aggiornare e magari espandere non solo il world-building ma anche i personaggi stessi, questo non avrebbe comunque salvato molto la situazione, data una base che già scricchiolava fin dal suo annuncio.
Questo porta anche a un’altra mancanza di originalità, dovuta alla sua struttura, che era anch’essa priva di qualsiasi elemento innovativo. Il gioco finiva per rientrare nella categoria degli hero-shooter, amalgamandosi con molti altri del suo genere e senza riuscire a creare un vero appeal. Le modalità di gioco classiche e senza delle vere novità, unite a un design poco originale, hanno fatto sì che il progetto, purtroppo, si ritrovasse destinato al fallimento sin dalla sua nascita, e purtroppo quel destino non è stato evitato.
Distribuzione, il problema principale
Il problema principale, e forse il più evidente, che ha condizionato Concord nella sua ormai imminente chiusura è stato sicuramente il suo metodo di distribuzione. Il titolo di Firewalk Studios è stato distribuito come un classico videogioco, venduto a 40 euro. Sebbene questo prezzo rappresenti un’eccezione, solitamente riservata a titoli indie o di fascia media, si è rivelato la sua definitiva condanna. Un titolo come Concord, venduto a quel prezzo in un mercato dove i migliori concorrenti del genere offrono una distribuzione free-to-play, è stato fortemente penalizzato.
Perché qualcuno dovrebbe pagare 40 euro per un titolo che non offre elementi particolarmente originali o distintivi? È vero che molti concorrenti utilizzano altre fonti di guadagno, come battle pass e microtransazioni, a volte molto invasive, che Concord ha cercato di eliminare o limitare nella sua struttura. Questo è un aspetto apprezzabile e forse uno dei pochi elementi distintivi della produzione, ma non è stato sufficiente a salvarlo.
Le community degli appassionati di live service sono esigenti; sebbene non si facciano problemi a spendere, devono essere attratte da qualcosa che valga la pena. Questo non è stato il caso di Concord, che, adottando un metodo di distribuzione classico, ha seguito un percorso simile a quello di Helldivers 2, ma senza il medesimo successo, portando il titolo al fallimento. Concord rimarrà nella storia, ma non per motivi degni di nota.
Un titolo sprecato
Concord non è un brutto gioco; presenta un universo interessante e un gunplay davvero soddisfacente e divertente. Tuttavia, la sua tragica fine è dovuta a problemi che vanno oltre alcuni difetti riscontrati. Forse una distribuzione gratuita, o magari l’inclusione nel catalogo di PlayStation Plus, non lo avrebbe portato al successo, ma gli avrebbe garantito una community discreta che avrebbe potuto allungare la vita del gioco.
Un gioco “maledetto” fin dalla sua presentazione, che tra pochi giorni sarà dimenticato per quello che è, ma ricordato come uno dei più grandi flop non solo di PlayStation, ma dell’intero settore videoludico. Questo fallimento riflette le scelte che abbiamo visto negli ultimi anni riguardo ai live service, soprattutto da parte di Sony, nel tentativo quasi ossessivo di inseguire un modello ormai saturo. Un modello che forse sta limitando le capacità produttive di un sistema che, pur essendo stato efficace con i grandi franchise, sembra ora arrugginirsi nel tentativo di conquistare una fetta di mercato già sovraffollata.