Creature in the Well è un indie game molto originale, in grado di coinvolgere il giocatore grazie alle sue meccaniche ibride che uniscono l’azione dei dungeon crawler a dei puzzle ambientali presi direttamente dal classico flipper. Siamo quindi di fronte a un hack’n slash dungeon crawler puzzle game. In pratica, come si concretizza questa lunghissima sigla? Con un action unico, in cui i combattimenti sono totalmente incentrati sugli ostacoli ambientali e sull’energia rilasciate da alcune “palle” speciali. Ma andiamo con ordine.
La creatura nella montagna
La trama di Creature in the Well si apre in un tempestoso deserto dove una violentissima tempesta di sabbia imperversa da tantissimo tempo. In mezzo a queste dune si risveglia il protagonista, un silenzioso BOT-C, ovvero un ingegnere robotico in grado di interagire con dei macchinari per poterne ripristinare le funzionalità. Arrivato a un villaggio vicino, il piccolo robottino trova degli abitanti ostili, spaventati da una misteriosa creatura annidatasi nella montagna vicina. Questa ha ucciso tutti gli ingegneri che stavano lavorando a dei macchinari al suo interno, al fine di reclamare il possesso del luogo.
Non potendo allontanarsi a causa della tempesta, il BOT-C decide di addentrarsi nei meandri della montagna per riparare i macchinari, ormai spenti da tempo, e scacciare la creatura stessa. Da questo incipit in poi, la trama viene narrata attraverso dei brevi monologhi del mostro misterioso che appare di tanto in tanto per scambiare qualche parola con il (muto) protagonista. In aggiunta, alla fine di ogni dungeon, sono presenti dei piccoli documenti scritti che mostrano poco per volta cosa sia successo ai vecchi abitanti del luogo.
Nonostante queste ottime premesse, la storia cade troppo presto nel dimenticatoio, con la creatura che, andando avanti, appare soltanto poco prima di una boss fight per minacciare brevemente il piccolo robot con frasi banali. Questo è davvero un peccato dato che la curiosità di scoprire di più sul mostro è il perno intorno a cui ruota anche la curiosità del giocatore. Qualche monologo extra, simile a quelli visibili all’inizio del titolo, sarebbe stato sicuramente apprezzabile.
Un action senza combattimenti?
Creature in the Well, come accennato poc’anzi, propone una struttura che unisce un action con visuale isometrica al più classico flipper. Come si concretizza questo nel gameplay?
Il nostro personaggio impugna due tipi di armi differenti: una per attirare a sé fino a tre sfere, tenendole ferme di fronte, e un’altra per colpirle e lanciarle nella direzione desiderata. Nelle stanze troviamo delle sfere ferme in punti specifici che possono essere colpite per farle rimbalzare verso una direzione, per poi intercettarne la traiettoria e sfruttare gli strumenti descritti poco fa per continuare i diversi lanci.
Il titolo mette davanti al giocatore dei dungeon composti da diverse stanze riempite con bersagli e ostacoli ambientali. Utilizzando i due tipi di armi, il giocatore può colpire le sfere presenti nello scenario per interagire con le macchine presenti. Questi oggetti sono dei veri e propri generatori di energia, posizionati in modo da comporre dei tavoli da flipper in miniatura. A volte basta far rimbalzare la palla nel modo più rapido possibile per colpire tutto quanto e generare punti (che qui diventano energia da spendere in alcuni frangenti dell’avventura), ma in altri casi ci troviamo davanti a ostacoli in grado di danneggiare il protagonista o persino di ucciderlo.
Di fatto, Creature in the Well aggiunge ben presto un pizzico di difficoltà alla formula base, rivelando la parte hack’n slash. Oltre ai classici bersagli per generare punti, molti puzzle ambientali possono vantare torrette, interruttori, colonne che creano una AoE quando colpite o generatori che rendono alcuni punti del pavimento elettrificati. Questo costringe il giocatore a schivare gli ostacoli mentre cerca di far rimbalzare le palle per colpire i già citati generatori di energia. In pratica, non ci sono colpi di spada diretti verso nemici in carne e ossa, ma delle stanze composte da macchine da colpire e trappole da schivare.
Quindi la formula di Creature in the Well ci mette davanti dei dungeon composti da un susseguirsi di stanze piene di puzzle ambientali. Per superarle, il giocatore deve colpire tutti i generatori di energia presenti, con una giocabilità che ricorda molto il flipper. A questo si aggiungono degli ostacoli che rendono tutto più difficile. Un gameplay sicuramente molto originale che, però, soffre di una certa ripetitività data da alcune ingenuità degli sviluppatori.
Tanto per cominciare, gli ostacoli che ci sbarrano la strada sono davvero pochi. L’intera avventura è divisa in otto dungeon che però propongono tutti puzzle fin troppo simili tra loro. Date le meccaniche ibride, gli sviluppatori avrebbero potuto sbizzarrirsi maggiormente con gli strumenti di morte presenti negli scenari, aggiungendone qualcun altro che avrebbe reso tutto più interessante.
Purtroppo si può dire lo stesso di molti scenari. Nel corso dell’avventura alcune stanze sono ricorrenti più volte nei dungeon, solo con piccole variazioni. Entrare nel quarto settore della montagna, solo per ritrovarsi davanti un luogo simile a quello visitato poco prima, alla lunga stanca. Chiaramente questo non succede continuamente, ma accade comunque abbastanza spesso da diventare fastidioso.
Non solo flipper
Creature in the Well vanta anche una piccola componente propria degli action adventure. Tanto per cominciare, l’esplorazione dei dungeon è ben strutturata, dato che gli scenari seguono un corridoio centrale per le stanze principali e diverse deviazioni ai lati per quelle secondarie. In questo modo diventa facile capire dove andare e, con un pizzico di memoria, l’orientamento diventa immediato.
Restando in tema esplorativo, vale la pena parlare delle porte. Queste si aprono trasferendo l’energia accumulata con i puzzle nelle diverse stanze. In questo modo Creature in the Well collega a doppio filo esplorazione e flipper, dando uno scopo al punteggio ottenuto durante gli enigmi ambientali. Accumulare molta energia, infatti, significa averne a sufficienza per le porte principali e secondarie, spianando la strada anche ai piccoli segreti dei dungeon.
Esplorare, infatti, serve anche per reperire diverse armi o vestiti per il nostro piccolo BOT-C. I due strumenti descritti all’inizio hanno diverse varianti che permettono di utilizzare preziose abilità passive. Ad esempio, la spada di partenza permette soltanto di afferrare le sfere, ma nel gioco possiamo trovarne altre più utili: potremmo avere armi che indicano la traiettoria dei lanci in anticipo oppure altre che ricaricano la salute in alcuni casi.
Allo stesso modo, lo strumento per colpire può essere sostituito con varianti più utili, come uno speciale martello in grado di rallentare il tempo.
In ultimo, nelle stanze segrete possiamo reperire dei preziosi Old Core. Questi possono essere portati al fabbro in città per potenziare il protagonista. Purtroppo, anche in questo caso Creature in the Well lascia l’amaro in bocca. La cittadina che possiamo visitare tra un dungeon e l’altro è praticamente vuota e il fabbro stesso si limita a far salire di livello il protagonista, senza vendere strumenti o altro. Sarebbe stato bello poter acquistare oggetti o poter potenziare quelli in nostro possesso.
In aggiunta, proprio la progressione delle armi lascia a desiderare. Durante la prima perte del gioco, infatti, gli strumenti trovati sono spesso simili e non aggiungono nessuna abilità che possa giustificarne la presenza. Proseguendo nell’avventura iniziamo a trovare armi dalle abilità più disparate, ma purtroppo bisogna superare almeno le prime due ore.
In pratica, Creature in the Well propone una bella componente d’avventura, fatta di esplorazione, armi e persino una città. Tuttavia, tutto questo è minato dalle ingenuità descritte poc’anzi.
Un flipper bello da vedere
La realizzazione tecnica di Creature in the well è ottima, grazie a uno stile grafico quasi cartoon che privilegia colori molto accesi. Quindi, nonostante le texture siano poco dettagliate, il risultato generale è comunque molto godibile. I dungeon hanno sempre un aspetto dignitoso e i piccoli giochi di luce rendono gli ambienti sempre belli da vedere.
La direzione artistica è semplicemente superlativa, presentando al giocatore un’atmosfera unica che vede macchine futuristiche fatti di tubi, luci e metallo, unirsi alle pareti di roccia dei diversi cunicoli sotterranei della montagna. La creatura è rappresentata con delle scheletriche mani artigliate e un paio di occhi ferini che spiano dall’oscurità di alcuni luoghi. Questo crea fin da subito curiosità, dato che il design del mostro non viene mostrato.
Il comparto sonoro si limita a fare il suo lavoro, proponendo melodie orecchiabili ed effetti accettabili.