Ecco la nostra recensione di Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit, un titolo indie che è riuscito a intrattenerci in una maniera abbastanza inaspettata.
Le premesse non erano infatti le migliori, ma proseguendo nel corso della storia il gioco si è rivelato essere più interessante di quanto pensassi. Ma bando alle ciance, entriamo nel vivo della recensione!
“Da umili origini verso grandi imprese”
Riconosci questa frase? Spero per te di sì: è la più famosa citazione della saga di Uncharted, dal latino Sic Parvis Magna, il motto inciso sull’anello di Sir Francis Drake. Ma perché citare il capolavoro Naughty Dog?
Lungi da me tentare paragoni troppo azzardati: Uncharted rimane una saga inarrivabile, capace ancora oggi di emozionare e intrattenere con un gameplay e un’ambientazione fantastici. Tuttavia, devo dire che in PICCOLA parte Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit è riuscito a restituirmi l’atmosfera della saga Naughty Dog.
Un’improbabile cacciatrice di tesori
La protagonista di Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit è Milda, una giovane statunitense dalle discendenze lituane che vive la classica vita da giovane adulta in una metropoli degli Stati Uniti. Per vari motivi, Milda si ritroverà a dovere indagare sulla corona di un celeberrimo re lituano, invischiandosi in storia antica, politica, religione.
Milda è la persona più improbabile che possa affrontare questo genere di cose: ingenua, a tratti troppo ironica e spavalda, senza ancora avere trovato il proprio posto nel mondo. Tuttavia, sarà proprio lei che subirà, senza volerlo, il richiamo dell’avventura, e lo accetterà spinta anche dal brivido della curiosità.
Il motto di Drake si adatta molto bene alla protagonista di Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit. Anche Milda parte da umili origini, dall’essere una giovanissima fotografa ancora inesperta per poi diventare una cacciatrice di tesori perduti e un’esperta di storia dell’Europa Baltica.
Questo spiega, in linea di massima, l’evoluzione di Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit: un titolo che parte da pessime premesse, da un gameplay legnoso e una trama banale per poi svelarsi sempre più curato e accattivante.
Le prime scene di gioco, infatti, ricordano quelle di uno di quegli improbabili giochi per telefono che si vedono nei banner pubblicitari: personaggi inespressivi, toni piatti, storia inesistente; un copia e incolla, insomma, di tanti altri titoli già visti. Il tono di gioco è troppo idilliaco e le azioni da svolgere sono molto legnose e banali, tanto che si ha l’impressione di una profonda meccanicità.
Tuttavia, proseguendo nel corso del gioco, già nel secondo capitolo il tono cambia nettamente: Milda deve cominciare a risolvere enigmi arcaici, il mistero si infittisce e i personaggi cominciano ad essere caratterizzati da una lore che teneva nascoste le proprie potenzialità. Alla lunga, anche la stessa protagonista comincia ad essere approfondita meglio, svelando una personalità profonda e carismatica.
Ciò che contribuisce all’evoluzione della trama è anche l’attenta ricostruzione storica: il giocatore si ritrova immerso nella storia della Lituania (e in generale dell’Europa dell’Est) in maniera dettagliata e coinvolgente. Le date, i nomi, gli approfondimenti: tutto è costruito facendo attenzione ad essere il più esatti possibili, facendo riferimento a veri personaggi e avvenimenti storici.
Persino le motivazioni di alcuni avvenimenti non vengono date per scontato, ma anzi spiegate nella loro logica più intricata: Milda deve trovare, ad esempio, la corona di Vytautas il Grande, un importante re lituano del XVI secolo. Questa corona, tuttavia, è un oggetto quasi fantastico, che è stato nascosto per secoli agli occhi del popolo, altrimenti quest’ultimo (parole testuali del gioco) “si sarebbe ricordato del proprio retaggio culturale e ribellato al dominio dell’URSS”.
La trama si svela quindi per nulla banale, e le motivazioni sono ben più profonde e studiate di quanto si possa pensare. Nonostante un inizio decisamente zoppicante, il world-building diventa quindi progressivamente sempre più coinvolgente, e con esso si evolvono di conseguenza la protagonista, la trama e gli scenari di gioco.
Un gameplay ambizioso ma a tratti noioso
Fin dai primissimi momenti di gioco, è chiaro che Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit mira ad essere un punta e clicca diverso dagli altri. Il titolo è infatti un gioco a scenari fissi, dove il giocatore può cliccare liberamente sugli elementi per analizzarli o su personaggi per instaurare dialoghi e scegliere le risposte.
Allo stesso modo, si può aprire l’inventario di gioco per analizzare da vicino gli oggetti raccolti o per combinarli tra di loro, svelando così nuovi misteri. Fino a qui, niente di eclatante: un classico punta e clicca investigativo, che fa della risoluzione degli enigmi il perno trainante del proprio gameplay.
Tuttavia, Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit ha voluto essere ancora più ambizioso: è possibile, infatti, interagire con ogni singolo elemento di gioco per svelare un’opzione di dialogo aggiuntiva o semplicemente una riflessione della protagonista sull’oggetto. Qualcosa di simile, insomma, a quello che accade in Life is Strange: anche in questo caso, la protagonista Max può interagire con decine di oggetti intorno a lei, svelando approfondimenti di trama e caratterizzazioni più profonde.
Tuttavia, Life is Strange riusciva a non risultare mai noioso, ripetitivo o banale: grazie a un world-building estremamente efficace, uno stile grafico unico e una storia molto coinvolgente, il titolo Dontnod manteneva sempre alta l’asticella dell’attenzione, anche per quel banale foglietto di carta lasciato appeso nel corridoio della scuola. Tutto un altro discorso, invece, per Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit.
Quest’ultimo, infatti, risente di alcuni difetti, primo tra tutti la grafica: per quanto la trama possa migliorare, rimane comunque accompagnata da un comparto visivo poco curato, con animazioni sporche, legnose ed eccessivamente semplificate. Visualmente, Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit manca di carattere, offrendoci una grafica piatta e standardizzata, di quelle che si vedono in molti giochi per mobile prodotti con lo stampino.
In questo senso, approfondire ogni singolo oggetto di gioco risulta controproducente: l’obiettivo è sicuramente creare un world-building immersivo, ma il gioco finisce per inciampare su sé stesso, e in particolar modo sull’eccessiva semplicità. Quest’ultima non riguarda infatti solo la grafica, ma anche alcune sequenze di trama e la caratterizzazione dei personaggi secondari.
Ciò che forse avvicina di più il titolo a Life is Strange sono i continui riferimenti alla pop culture: anche Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit vuole essere un titolo “giovane”, inserendo nel gioco piccoli easter egg che richiamo il mondo contemporaneo e i nuovi media. Un esempio: all’interno dell’università è possibile richiedere alla bibliotecaria una copia del Necronomicon, il celebre grimorio inventato da H.P. Lovecraft.
La bibliotecaria risponderà dicendo “quel libro è nella sezione più oscura e remota della biblioteca”. Dopo avere sbuffato, ci porterà un tomo pesantissimo; a questo punto Milda, la protagonista, leggerà a voce alta la frase più famosa del libro: Ph’nglui mglw’nfah Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn (ovvero “Nella sua dimora di R’lyeh il morto Cthulhu attende sognando”), mentre all’esterno dell’università un tuono rimbomba improvvisamente.
Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit abbonda di queste piccole scene, regalandoci alcuni easter egg veramente divertenti che compensano l’eccessiva semplicità grafica. Gli stessi dialoghi di gioco sono a tratti molto sarcastici e accattivanti, e il doppiaggio è realizzato con cura, con voci azzeccate per i singoli personaggi.
Conclusioni su Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit
Sicuramente, il titolo del gioco depista molto, soprattutto se relazionato alla grafica di gioco: a prima vista, si ha l’impressione di un videogioco molto semplice e poco ambizioso, dove le “pedine” e le “corone” sono probabilmente dei singoli elementi da dovere muovere in alcuni scenari piatti e privi di personaggi.
Invece, proseguendo nel corso del gioco, si scopre che la trama parla letteralmente di corone e pedine, di personaggi storici realmente esistiti, in un mondo abbastanza coinvolgente e con scelte di trama per nulla banali. Nel complesso, Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit è un titolo coerente, che risente molto di un’eccessiva semplicità e di poca cura nell’ottimizzazione ma che si lascia giocare senza avere troppe pretese.