13 novembre 2007, in un orario non ben definito i computer in tutto il mondo iniziano a esplodere, le schede madri friggono, le schede video fanno harakiri, qualcuno sostiene di aver visto alcuni PC portatili implodere e dar vita a piccoli buchi neri. No, non si tratta di un millenium bug in ritardo di quasi otto anni, in realtà quel giorno la software house tedesca Crytek ha deciso di entrare negli annali della memorabilità dando vita a uno dei meme più longevi e conosciuti in tutta la community videoludica: “Ma ci gira Crysis?”.
All’epoca, il primo Crysis non fu né una rivoluzione né tantomeno uno spartiacque per il genere sparatutto, non c’è mai stato un “prima di Crysis e dopo Crysis” semplicemente perché il titolo si rivelò essere un flashforward di cosa sarebbero diventati gli sparatutto parecchi anni dopo, per quanto quindi poco significativo (e vedremo a breve il perché) l’avventura di Nomad e compagni ha segnato una generazione che lo ricorda con affetto e più come un mito che come un gioco vero e proprio.
Il leggendario meme infatti affonda le sue salde radici nell’impossibilità per la maggior parte dei PC (al tempo era impensabile che un titolo con tali caratteristiche arrivasse su console) di far girare il gioco, dal momento che l’hardware richiesto per ottenere prestazioni soddisfacenti si attestava sulla fascia alta, con una cultura del PC gaming agli albori e utenti molto meno spendaccioni rispetto al presente, il titolo rimase quindi relegato a una nicchia di pochi eletti che poterono giocarlo.
Crysis dunque era incredibile dal punto di vista tecnico? Sì, ma no. Il titolo targato Crytek era sicuramente una spanna sopra la maggior parte dei suoi contemporanei, ma allo stesso tempo la sua impossibilità di girare su parecchi hardware più o meno modesti era semplicemente legata alla scarsa ottimizzazione e upscalabilità del motore grafico CryENGINE 2, il debutto della serie (e anche di questo primo capitolo) su console è stato infatti possibile solo a partire dal 2011 e con l’utilizzo di CryENGINE 3, molto più leggero e semplice da gestire anche per hardware meno performanti.
Il fatto che un gioco così poco giocato abbia dato nel giro di soli sette anni origine a ben due seguiti e altrettanti progetti paralleli è un ottimo indicatore di quanto le atmosfere suggestive del titolo, trasmesse anche dalle semplici keyart o da qualche gameplay e trailer, si fossero rivelate in realtà già sufficienti per far entrare la serie nelle grazie di molti giocatori e il suo ritorno negli ultimi anni attraverso tre remastered, oggetto di questa recensione, ne sono solo una conferma!
Già nel 2020 la remastered del primo capitolo della serie si era affacciato su PC, PlayStation 4, Xbox One, PlayStation 5 e Xbox Series X e S in retrocompatibilità, e incredibilmente anche su Nintendo Switch! Ritrovarsi a poco più di un anno di distanza da questo lancio con l’intera trilogia rimasterizzata tra le mani rende estremamente palese quanto quel lancio fosse semplicemente un modo per tastare il terreno, e in caso di successo procedere alla rimasterizzazione completa della serie. Una mossa questa che getta però qualche ombra di troppo sul progetto, ma analizziamo nel dettaglio questa Crysis Remastered Trilogy e cerchiamo di capire se la serie sia effettivamente tornata nel migliore dei modi!
Coreani, bombe, alieni, manca solo l’Apocalisse!
Limiterò il più possibile la sezione della trama così da evitare qualsiasi tipo di spoiler. La trilogia di Crysis mette infatti mette sì in scena tre sparatutto frenetici e caciaroni, ma incredibilmente la trama si rivela molto più lucida, complessa e ben strutturata di quanto ci si potrebbe aspettare dopo le prime battute del primo capitolo.
L’inizio della trilogia infatti ci mette nei panni di Nomad, nome in codice di un soldato americano di un’unità speciale d’élite incaricato di portare a termine una missione misteriosa su un’isola tropicale sotto il controllo dell’esercito coreano. Tuttavia, le cose prenderanno ben presto una strana piega e ci renderemo conto non solo che Prophet, il caposquadra, nasconde qualcosa sulla missione, ma sarà anche chiaro che la minaccia contro cui la squadra è stata mobilitata è letteralmente extraterrestre e quindi la nostra missione assumerà margini decisamente più ampi.
Forse il progetto era già ben chiaro dall’inizio o probabilmente il successo che ha coinvolto Crysis è riuscito a non cogliere di sorpresa gli sviluppatori di casa Crytek, ma lo sviluppo che la trama prende in Crysis 2 sembra la naturale evoluzione di quella del primo capitolo, priva di forzature e di retcon, fa sì che il primo capitolo quindi sia perfettamente leggibile come un prologo a un racconto decisamente più grande e a tratti intricato.
La bellezza della trama della serie sta nel fatto che riesca a non scadere mai nel B-movie action (per quanto ne abbia più di una possibilità), ma si spinga addirittura ad analizzare con lucidità la freddezza dell’essere umano, anche con gli alieni e con un conflitto contro un altro mondo in essere, gli esseri umani che animano il mondo di gioco riescono comunque a dar prova di una mancanza di lungimiranza e di solidarietà disarmante: Crysis 2 mette in chiaro che sì, stiamo combattendo una minaccia aliena, ma le orde di nemici più frequenti sono costituite da esseri umani, pronti perfino a puntare le armi contro il proprio salvatore.
I toni quasi biblici che la serie assume nel secondo capitolo quasi esplodono nel terzo in cui ci si ritrova letteralmente a vivere una vera e propria apocalisse! In una sorta di predecessore dell’amatissimo The Last of Us, vediamo una civiltà umana ormai sull’orlo dell’estinzione, la minaccia aliena è più presente che mai e ci ritroveremo in un paesaggio distrutto nel quale la natura ha preso il sopravvento sul paesaggio urbano, creando un connubio suggestivo.
Sono ormai passati anni dagli eventi del capitolo precedente e un protagonista inizialmente immemore si ritrova a fare i conti coi suoi passati fallimenti, ma la sfida più grande sarà riguadagnarsi la fiducia dei comprimari umani, ormai disillusi davanti a tutta la devastazione che la Terra e la popolazione umana hanno subito e soprattutto dall’imperante concetto dell’homo homini lupus a causa del quale alcuni umani vanno contro la propria stessa razza pur di godersi da re gli ultimi giorni di un futuro inesistente.
Sopravvivi, studia, spara!
Se dal punto di vista della trama siamo costantemente davanti a un’evoluzione senza soluzione di continuità, il gameplay dei tre Crysis invece si articola in tre capitoli profondamente diversi tra di loro, ognuno dei quali capace di esplorare un diverso punto di vista degli sparatutto in terza persona.
Il primo Crysis è ambientato su un’isola tropicale che si rivelerà essere a tutti gli effetti un open world in miniatura e a un’occhiata attenta si rivela quasi un predecessore dei survival moderni; le risorse che potremo utilizzare contro soldati nemici e alieni saranno sparse per tutta l’isola e toccherà al giocatore trovarle e doversi adattare in caso di carenza di munizioni. La conformazione della mappa di gioco inoltre rende possibili diversi approcci, potremo infatti decidere di tentare un’intera run in stealth o andare incontro ai nemici (e molto spesso alla morte se non saremo abbastanza attenti) ad armi spianate.
Da Crysis 2 in poi le cose, purtroppo da un certo punto di vista, cambiano e il team di sviluppo ha deciso di abbandonare la libertà d’azione vista sull’isola del primo capitolo per proporre uno sparatutto strutturato a missioni (presenti anche nel primo, ma atte a costituire più dei capitoli narrativi che veri e propri checkpoint) e in un mappe sempre caratterizzate da una discreta grandezza, ma che allo stesso tempo richiedono al giocatore un avanzamento molto più lineare che in passato. Tuttavia, questo nuovo capitolo continua a portare con sé un certo quantitativo di tattica e organizzazione che verrà meno nel capitolo finale della trilogia.
Crysis 3 infatti punta molto di più sull’azione cinematografica che stava vivendo all’epoca del lancio il suo periodo d’oro grazie alla prima trilogia di Uncharted. Tuttavia, in questo nuovo capitolo il focus principale del gameplay è costituito dalla vera protagonista dell’intera serie, che finora ho volutamente evitato di citare: la nanotuta, che ci accompagnerà fin dal primissimo capitolo e le cui funzioni base imprescindibili costituiranno una corazza, l’occultamento, lo sprint e il salto potenziato.
Il primo Crysis propone una gestione dei power-up scandita e predefinita, con ritmi quasi simili a un metroidvania, nel secondo capitolo invece vediamo un’attenzione decisamente superiore su quella che è l’evoluzione dell’equipaggiamento; in Crysis 3 invece la nanotuta ruba decisamente la scena all’intera progressione, saranno presenti decine di potenziamenti che potremo combinare a nostro piacimento per creare set unici che si adatteranno a ogni situazione, un’idea decisamente funzionale alla linearità lamentata dai fan nel secondo capitolo, che riusciva a mettere tutti d’accordo con aree limitate, ma curatissime, che potevano essere approcciati in modi differenti a seconda delle preferenze del giocatore e dei power-up scelti, a loro volta potenziabili soddisfacendo requisiti specifici.
Bello come un tempo, ma è un bene?
Come anticipato, alla sua uscita il primo Crysis si rivelò effettivamente stupefacente da punto di vista tecnico, con una grafica capace di settare nuovi standard non solo per il genere, ma anche per l’intero mercato videoludico. Coi suoi seguiti però la serie si rivelò sempre meno rivoluzionaria, e il gap tra i seguiti del primo capitolo e i titoli contemporanei si andò sempre più assottigliando (naturalmente il discorso è relativo solo alle console, dal momento che su PC i titoli potevano girare sempre in qualità nettamente superiore), il problema di queste remastered è che la storia si ripete denotando una generale pigrizia nella produzione.
Passando di capitolo in capitolo infatti si potrà notare come effettivamente continuino a sembrare tre titoli sviluppati a distanza di anni tra di loro, nonostante qualche piccola miglioria grafica in generale, particolare che costituisce una vera e propria occasione mancata se si pensa che Crytek e Saber Interactive abbiano perso l’opportunità di svecchiare alcuni aspetti soprattutto del primo capitolo, che presenta ancora qualche bug di sorta.
Nonostante la pigrizia di fondo, Crysis è sempre una serie che nel corso degli anni si è difesa più che bene dal punto di vista grafico e torna a mostrare i muscoli anche in questa remastered. A parte le ambientazioni urbane di Crysis 2 che fanno perdere un po’ di fascino a ciò che il titolo veramente rappresenta, l’isola tropicale del primo capitolo e la New York tornata completamente alla natura selvaggia del terzo regalano scorci e giochi di luce a dir poco mozzafiato.
Se Crysis 2 rimane un po’ indietro dal punto di vista grafico, si riscatta con una colonna sonora curata direttamente dal compositore Hans Zimmer, per quanto anche le musiche di Crysis, con ritmi tribali perfettamente a tema, e quelli di Crysis 3, epiche, ma stranamente meno incisive, si difendano bene, non possono nulla davanti alle tracce dello storico autore della colonna sonora de Il re leone, Il gladiatore e il recentissimo Dune.
In definitiva, la Crysis Remastered Trilogy è un’operazione di remaster riuscita su quasi tutti i fronti, leggermente pigra a livello estetico, ma che non risulta sgradevole data l’altissima qualità del materiale di partenza. Una delle trilogie più importanti e amate della storia videoludica torna quindi a farsi sentire con forza, tuttavia, alcune scelte come il non fornire un launcher di gioco condiviso, ma il semplice download di tre giochi distinti e separati mettono in luce un progetto realizzato in fretta e furia, quasi sicuramente un apripista per un futuro quarto capitolo o un reboot in arrivo nei prossimi anni.