Quando un anno e mezzo fa Cuphead fu pubblicato sullo store virtuale di Xbox One, probabilmente in pochi si sarebbero aspettati un tale successo di critica e pubblico, forse nemmeno i fratelli Chad e Jared Moldenhauer di Studio MDHR che appunto si sono dedicati alla creazione di Cuphead. E molto probabilmente un numero ancor minore di persone si sarebbe mai immaginato che la loro opera, nata come esclusiva Microsoft, avrebbe poi sconfinato presso altri lidi ludici, ovvero Switch, frutto di un idillio nato recentemente tra Microsoft e Nintendo che consentirà ai possessori dell’ibrido Nintendo di giocare alcune esclusive Xbox One, come per esempio Ori and the Blind Forest come si vocifera da un po’ di tempo a questa parte. Cuphead comunque rappresenta un inizio col botto di questa nuova collaborazione e in questa recensione capiremo il perché.
Teste di tazze
Lo stile grafico e videoludico di Cuphead in particolare pare proprio perfetto per la doppia natura di Switch e difatti la sensazione di feeling quando si comincia la partita è immediatamente presente e confortevole. Cuphead sembra veramente nato e cresciuto sulla console Nintendo, merito anche e soprattutto della bontà del progetto originale. Spiegare di cosa si tratti è piuttosto semplice nella sostanza. Cuphead è un run ‘n gun molto old style, di quelli che andavano di moda negli anni ’80 e ’90, logicamente riletto in chiave moderna. Sostanzialmente il titolo di Studio MDHR si divide in due fasi, salvo qualche sporadica digressione. All’interno delle 5 mappe di gioco che i nostri “tazzuti” protagonisti dovranno esplorare, potremo scegliere tra stanze dedicate esclusivamente alle sfide con i boss mentre altre livelli di gioco sono costituiti da fasi platform vere e proprie, dove il giocatore sarà chiamato sì a sparare ma anche e soprattutto stare attento a non perire sotto i colpi di numerosi ostacoli. Già perché Cuphead è un titolo complessivamente impegnativo, dotato di un livello di sfida non indifferente e non adatto a quei giocatori che magari cercano una sfida più abbordabile. Tali livelli sono ben congegnati e richiedono un certo numero di “trial & error” prima di raggiungere la fine, perché conoscerli bene per non incappare in morte certa è un aspetto fondamentale. Le situazioni proposte sono lì per impegnare il giocatore in una corsa a ostacoli inesorabile. Per fortuna avremmo a disposizione qualche aiuto: possiamo per esempio utilizzare un colpo bonus più potente giocando uno dei 5 assi accumulati quando si colpiscono i nemici entro un certo numero di shoot o parando gli attacchi di tutti quei nemici che assumono una colorazione rosacea. Queste armi bonus si possono acquistare presso gli shop dal proprietario suino, altre sono sbloccabili man mano che si procede nel corso dell’avventura oppure salvando il fantasma amico in ogni mausoleo che si trova su ciascuna isola Calamaro.
Brutti e cattivi
I livelli platform oltre che essere ben studiati e divertenti, (dotati di 5 monete per ciascun livello, necessarie per fare acquisti di oggetti e upgrade) rappresentano una buona alternativa a quello che è il fulcro di Cuphead, ovvero le furiose battaglie con i boss. Il gameplay non cambia di una virgola, ma molti boss stupiscono per caratterizzazione e varietà dei loro pattern d’attacco che comunque in molti casi non sono schematici e che quindi non consentono al giocatore di creare un piano ben preciso per avere la meglio. Di difficoltà crescente, i boss di Cuphead sono cattivi, impegnativi, bastardi geneticamente. Paradossalmente anche belli da vedere tanto da farci abbozzare persino un sorriso, che poi si trasforma in pianti amari al raggiungimento dell’ ennesimo game over. Ma quando poi appare la scritta “knockout!” sullo schermo, la soddisfazione è immensa.
A un gameplay frenetico e ben strutturato (se non per qualche piccola imprecisione nelle fasi platform) si unisce uno stile grafico semplicemente sublime e originale nel panorama videoludico, con utilizzo dello stile cartoon anni ’30 in stile Topolino degli albori. Una leccornia per gli occhi, perché in Cuphead funziona dannatamente bene anche per il tipo di gioco che è. Colori sfavillanti ed effetti speciali, il tutto accompagnato dalle classiche musiche che andavano di moda nei cortometraggi o cartoni di quella decade.
Anche su Switch tutto questo funziona a meraviglia e addirittura meglio se vogliamo, perché questa versione di Cuphead è interamente tradotta in italiano. Non che i dialoghi siano poi molti, ma almeno grazie alla traduzione nella lingua di Dante è possibile cogliere ancora meglio l’ironia e goliardia che stanno alla base di Cuphead. Anche da un punto di vista tecnico il gioco si mantiene sui livelli della versione originale per PC e Xbox One, dato che raggiunge i 1080p e i 60 FPS in modalità TV senza abbandonarli praticamente mai mentre in modalità portatile il comparto grafico deve inevitabilmente cedere qualcosa alla risoluzione (720p), ma sempre accompagnati da 60 FPS, elemento essenziale vista la rapidità di certe situazioni di gioco che si alterneranno su schermo. In ogni caso, sappiate questo: sia che decidiate di giocare a Cuphead sul dock o spaparanzati sul divano, il divertimento sarà garantito (così come le imprecazioni!).
È insomma inutile aggiungere altro. Cuphead è uno dei titoli indie migliori di questa generazione e che funziona splendidamente anche su Switch, talmente bello e funzionale che sembra veramente cucito su misura per l’ibrido Nintendo. Se non l’avete giocato un anno e mezzo fa, possedete uno Switch e non vi spaventano le sfide impegnative, sapete già benissimo cosa fare.