Dark Devotion è un titolo souls like sviluppato da Hibernian Workshop e pubblicato da The Arcade Crew, pubblicato il 25 aprile 2019 per PC, PlayStation 4 e Nintendo Switch. È un gioco che si aggiunge all’enorme lista di souls-like rilasciati dal momento in cui il videogioco targato From Software è riuscito ad unire, narrativa – seppur silenziosa – gameplay ben realizzato e una libertà d’azione che davvero lascia a bocca aperta. Hibernian Workshop ha provato a prendere queste caratteristiche e renderle proprie: è riuscita?
Donna templare
A differenza dei souls, non saremo il “Chosen Undead”, ma una semplice templare donna, la quale si è separata dalla cavalleria in circostanze ignote. Si risveglierà all’interno di un tempio abbandonato, molto simile al Nexus di Demon’s Souls. Da qui inizia la discesa verso gli “inferi”, andando ad esplorare luoghi sempre più distorti e pieni di mostri che vogliono solo una cosa:“uccidere te, uccidere l’intruso”.
Riprova, sarai più fortunato
Dall’HUB di gioco sarà possibile andare nei vari dungeon che vengono sbloccati man mano che si va avanti. La tua anima è legata ad esso e ci ritornerai ogni volta che morirai, e accadrà tantissime volte. Dark Devotion è, infatti, un videogioco che si basa sul trial and error, cioè bisogna commettere un sacco di errori e perdere spesso per imparare come sconfiggere boss o nemici più particolari.
Il mondo è costruito come i metroidvania classici: ci sono varie zone, ognuna diversa dall’altra per scenario, difficoltà, tipi di nemici. Sono presenti vari checkpoint, che permettono di ritornare all’HUB centrale, e spesso significa che un boss è molto vicino. Questa mossa di level design è davvero ottima, in quanto aiuta a non frustrarsi troppo a causa della necessità di riprovare costantemente. Ma adesso addentriamoci insieme nel dungeon.
Dark slow
Purtroppo Dark Devotion ha un problema di oscurità. È talmente buio che è praticamente impossibile vedere cosa c’è davanti a noi, e spesso succede di incappare in trappole a causa di questa oscurità. Nemmeno le torce riescono a venire incontro al videogiocatore, soprattutto perché vanno a sostituire l’arma principale. Quindi si starà per tutto il tempo con l’ansia di avere davanti a sè una trappola, o con la paura di cadere in baratri o peggio, cosa che potrebbe sembrare costruita in modo voluto, ma è fin troppo scuro per poterlo pensare.
Ma la cosa peggiore è la lentezza dell’esplorazione. Cosa intendo? La mappa è vasta, non tantissimo. Ma è stracolma di nemici, schivarli tutti è impossibile, come risulta improbabile evitare le trappole. Dato che non si hanno così tanti HP, è davvero fastidioso dover morire per cause non imputabili all’abilità. Questo ovviamente, uccide la voglia di esplorazione, distruggendo uno dei due punti cardini del genere souls-like.
Lentezza che appartiene anche alle fasi di combattimento. La parata, insieme alla schivata, sono davvero comode, soprattutto quest’ultima, mappata su R1 se si vuole rollare a destra e su L1 se si volesse farlo verso sinistra. Ma colpire invece, non lo è. Non a causa di una mappatura errata ma è semplicemente scomodo farlo: la nostra protagonista è davvero troppo lenta nell’eseguire gli attacchi a prescindere dall’arma che si sta utilizzando, e si rischia sempre di essere colpiti, è impossibile eseguire uno scambio di colpi.
A meno che non si imparino tutti i tempismi a memoria, è davvero difficile affrontare un nemico testa-a-testa, quindi bisognerà rollare alle sue spalle e colpire il tasto fino allo sfinimento, fino a che la stamina non si esaurirà. Spesso i nemici, però, sono in orda, ed in questo caso, come si fa? Si cerca di separarli, tenendoli ad una distanza di sicurezza l’uno dall’altro, in modo da non essere colpiti alla fine del roll. Tutto questo non è startegic swordplay: è noia, dato che si fa sempre così.
Se volessimo compararlo ad un altro souls-like, il feeling che il combat system dona è praticamente quello di Lords of the Fallen.
Sono presenti molte quest secondarie, date alla nostra templare da coloro che vivono ancora nel tempio, che donano dei potenziamenti permanenti o vari upgrade se completate. È presente anche un approfondimento sui vari personaggi e lore del mondo di gioco, scovabile grazie a dei fogli di carta, abbandonati vicino a dei cadaveri, probabilmente le loro ultime parole. Vengono spiegati alcuni mostri, relazioni, motivi che hanno spinto quella persona ad arrivare lì. Questo aiuta sia a capire cosa si sta facendo che ad aumentare l’empatia nei confronti dell’ambientazione.
Peccato
È stata la parole che ho ripetuto di più videogiocando, visto che il titolo è strutturato davvero in modo ottimo e le idee non mancano. Alla morte si ritorna all’HUB ma a differenza del souls padre non si perdono punti esperienza, e soprattutto la fede, la quale è utile per aumentare le statistiche e concede dei bonus – chiamati per l’appunto benedizioni – che permettono di sbloccare dei passaggi segreti. Potrei anche dire che le fasi dei vari boss sono davvero interessanti e fanno rimanere a bocca aperta.
C’è la mappa da esplorare, è bello vedere man mano le zone collegarsi l’una all’altra, ma è una fatica immane cercare di non essere frustrati nel mentre. Soprattutto perché ci sono i checkpoint solo prima di un boss, come già detto, e non è possibile inserirne dei propri, dato che non è possibile salvare. Si può solo andare avanti.
Le build che si potrebbero creare non sono tantissime, e si basano principalmente sulle armi che i nemici droppano e le benedizioni, già citate. Le armi permettono di avere dei bonus fisici (danno, critico, probabilità di mancare il bersaglio), mentre le benedizioni lavorano principalmente sulla stamina, ma possono anche – ad esempio – donarti uno scudo, così da poter subire un danno in più. Però, non importa la build che si ha in mente di costruire, in quanto alla fine si dovrà sempre ripetere la stessa azione: roll alle spalle ed attacco.
Visivamente potente
La grafica e l’estetica sono davvero curate. Nonostante gli sviluppatori abbiano optato per la pixelart, a discapito del realismo, l’atmosfera oscura e cupa c’è e si sente tutta. I vari personaggi sono davvero ben fatti, peccato per le animazioni – soprattutto quelle d’attacco – fin troppo lente.
Anche la colonna sonora fa la sua parte per creare l’atmosfera, dando un senso di claustrofobia al giocatore che si ritrova ad esplorare posti sgradevoli. Gli effetti sonori sono anche ben realizzati. In altre parole, tutto eccetto il combat system, di cui abbiamo già parlato, è realizzato bene.
Diamante grezzo
Purtroppo per rendere un titolo davvero ottimo bisogna metterci del proprio e non solo “prendere in prestito” delle meccaniche, senza pensare poi a come adattarle al videogioco che si sta creando. Non che non l’abbiano fatto, ma è stato solo per il comparto artistico. Un videogioco deve essere anche ludico, non solo video. Quindi se riuscissero, anche solo con una patch enorme ad aggiustare il tiro e rendere tutte le meccaniche degli ingranaggi ben allineati sarebbe forse uno dei souls-like più belli. Diciamo che giocandolo ci si sente un po’ come quei professori a scuola, che guardando uno studente gli dicono:”Sei intelligente, ma non ti applichi“.