“Smettila di perdere tempo con quei giochini!”
Quante volte ti sei sentito dire un’affermazione simile? Solitamente da un genitore, magari da un amico che non condivide la tua passione, o addirittura da un conoscente, che a malapena ricorda il tuo nome ma già si sente in dovere di giudicare chi sei e quello che fai.
Come tutti i videogiocatori di lunga data a me è capitato, anche se per fortuna molto più raramente di quanto si possa pensare, nonostante i miei quasi 35 anni di “carriera” videoludica.
Questo anche perché, mi piace pensare, ogni volta che ho parlato di questa mia passione con un profano, ho sempre voluto argomentare e contestualizzare il tutto, così da far capire alle persone (almeno quelle in buona fede) come l’ambito dei videogiochi abbia la stessa dignità del cinema, della lettura e della musica, se pur con evidenti contorni diversi.
Ricordo la volta in cui spiegai la mia passione per Half-Life 2, accostando i richiami letterali di un “1984” di George Orwell, o la volta che descrissi il senso di libertà provato giocando a The Legend of Zelda: The Wind Waker, paragonabile a quello di un colossal d’avventura visto al cinema, oppure l’impatto che può aver avuto Doom nell’industria, che in qualche modo ricorda quello che i Beatles hanno avuto per il mondo della musica pop come la conosciamo ora.
Insomma, ho sempre avuto a cuore spiegare come, molto spesso, questi non siano solo “giochini”, ma vere e proprie esperienze.
Partendo proprio da tale concetto ho ritenuto doveroso scrivere un articolo per spiegare le mie sensazioni scaturite giocando un particolare videogioco e come questo, per certi versi più di altri, possa in qualche modo rappresentare una piccola/grande metafora della vita stessa.
Sto parlando del mio viaggio con Dark Souls.
Il titolo From Software rappresenta uno di quei casi in cui ti ritrovi un titolo del passato che quasi tutti hanno giocato, ma che per vari motivi ti sei sempre lasciato indietro fino a quando, schiacciato dalla “pressione” della community che ne parla quasi sempre con toni entusiastici, non decidi finalmente di provarlo. A distanza di 9 anni dalla sua uscita.
Perché Dark Souls è sulla bocca di tutti? Perché c’è così tanta passione attorno a questo titolo? Perché tanti parlano soprattutto della sua difficoltà, che ha scoraggiato molti a non proseguire nell’avventura?
Beh, da curioso cronico, non potevo certo lasciare queste domande senza risposta, provando ad andare oltre, azzardando nel concepire il titolo di Myazaki come una sorta di metafora della vita.
Dark Souls: perché provare qualcosa di nuovo è il primo passo per migliorare se stessi
Di giochi ne ho provati tanti in questi anni, ma l’alone di mistero che avvolge Dark Souls ha destato in me subito grande fascino; anche a ben nove anni di distanza (il gioco è uscito nel 2011) è innegabile non riconoscere come porti con sé forti elementi di novità rispetto a larga parte dei giochi che siamo stati abituati a vedere in commercio, tra questi la mancanza di una mappa, il fatto che non ci sia una vera e propria narrativa ma la storia si dipani attraverso il concetto di lore, la difficoltà soprattutto all’inizio nel capire dove andare e cosa fare.
Se inizialmente tutto questo può causare smarrimento, una volta presa la giusta confidenza con l’impostazione del gioco è facile capire come Dark Souls rappresenti un modo per migliorare se stessi attraverso il gioco: molte volte si ha timore di fare esperienze nuove, perché spesso si ha paura di ciò che non si conosce, mentre proprio superando questa paura (in molti casi infondata) ci si ritrova a scoprire cose nuove di se stessi e del mondo che ci circonda raggiungendo quel miglioramento in noi che diversamente, rimanendo nella propria comfort zone, non avremmo potuto conoscere.
Avventurarci in Lordran ci porta a questo: essere persone migliori come conseguenza del fare qualcosa che non avevamo mai fatto prima.
Non devi sapere per forza tutto, spesso le cose migliori capitano proprio quando non sai dove stai andando
Come detto, una delle caratteristiche di Dark Souls che saltano subito all’occhio è il fatto di non essere guidati, di dover procedere molto spesso per tentativi seguendo le pochissime indicazioni fornite dagli npc. Questo ha scoraggiato molti che si sono approcciati all’avventura di From Software, abituati com’erano a indicatori, segnalini, freccette e soprattutto mappe. Beh, niente di tutto questo è presente nel gioco, e sarai tu a capire cosa fare e dove andare, spesso a prezzo della morte (videoludica, per fortuna).
Ma così facendo, ti capita di trovare quel luogo nascosto, quel personaggio secondario con cui interagire, quell’oggetto prezioso che ti sarà utile nel proseguo dell’avventura. A volte anche solo cadendo in un buco o attraversando un corridoio che sembra concludersi in un vicolo cieco si avranno delle grosse sorprese.
E quante volte, nel corso della tua vita, ti è capitato di prendere un determinato percorso senza conoscerne alla perfezione i dettagli, per poi scoprire che si è trattato di una scelta che ti ha cambiato in un qualche modo la vita? Penso magari al fatto di aver intrapreso un determinato percorso universitario su cui eri inizialmente scettico ma che poi ti ha appassionato, oppure all’uscita con quella ragazza che si, era carina ma poco altro, salvo poi scoprire di esserne innamorato… Il dubbio iniziale si è trasformato in rivelazione, perché molto spesso le cose migliori nella vita ti accadono proprio quando non hai una “mappa” da seguire o un “indicatore” su cui è segnato il prossimo obiettivo.
Le difficoltà forgiano il carattere
Dark Souls è difficile. Dark Souls è spietato. Dark Souls è punitivo. Insomma, Dark Souls non è una passeggiata, non è un passatempo, non è un gioco per riempire una mezz’ora nell’attesa che sia pronta la cena.
Se sei tra le persone che lo hanno abbandonato, probabilmente hai sbagliato l’approccio, o molto semplicemente, non è un gioco per te, e questo va benissimo, non è certo una colpa.
Ma la difficoltà che si cela dietro Dark Souls non è molto diversa da quella che, chi più chi meno, affrontiamo ogni giorno nella nostra vita dopo che ci siamo alzati dal letto: c0mplicata, spesso complessa, a volte punitiva e non di rado sembra accanirsi con sadismo. La “piccola” differenza, in questo caso, è che non puoi spegnere la console e passare ad altro, no, devi continuare, che ti piaccia o no. E continuare l’avventura a Lordran, nonostante le difficoltà, aiuta a capire come superarle ci possa rendere persone più forti, temprate alle difficoltà, come ogni volta che hai dovuto superare quel dramma personale, quella sconfitta, quel fallimento. In quel caso, non hai potuto premere sul tasto off, ma l’hai dovuta affrontare, e a modo tuo superarla.
Dark Souls ci insegna proprio questo: le insidie durante il percorso sono tante, punitive, a volte anche in maniera eccessiva, ma abbiamo tutti gli strumenti per superarle e migliorare, esattamente come nella vita di tutti i giorni.
Tieni duro, non mollare e supererai molti più ostacoli di quanto tu possa immaginare
Non si può parlare di Dark Souls senza citare i suoi tanti e variegati boss: sono un elemento essenziale del gioco, vera e propria croce e delizia di chiunque si avventuri nelle terre di Lordran. Quanti tentativi fatti per superare alcuni di loro? Quante volte hai imprecato, perché pensavi di aver trovato la giusta strategia per affrontarlo appena prima di ricevere il colpo mortale? Quanto sconforto nella certezza, non suffragata poi dai fatti, di non riuscire proprio a tirarlo giù?
E che soddisfazione hai provato, una volta che ci sei riuscito?
Il segreto, che poi segreto non è, sta proprio qui, nel non farsi abbattere dalle sconfitte ma insistere e riprovarci con la stessa determinazione. Proprio come quella volta che ti sei trovato faccia a faccia con un problema che ti sembrava più grosso di te, per il quale eri certo di non avere soluzione, salvo poi ritrovarti a superarlo semplicemente trasportato dalla voglia di non mollare, di essere più forte delle avversità. E scommetto che una volta riuscito, ti sei sentito molto più forte di quanto non immaginassi…
Guardati indietro, celebra i tuoi successi e non stigmatizzare i tuoi errori: sei quello che sei proprio grazie a loro
Hai superato quel punto dopo essere morto 20 volte; hai sconfitto quel boss dopo innumerevoli tentativi; hai trovato quell’oggetto che cercavi da ore in ogni angolo: ecco, ora puoi guardarti indietro, vedere il percorso che hai fatto ed esserne fiero.
Per proseguire in Dark Souls è obbligatorio sbagliare, la morte nel corso del gioco è assolutamente prevista, questo perché si tratta di un percorso che va fatto per poter capire dove si è sbagliato e come approcciarsi alle difficoltà per superare gli ostacoli che di volta in volta si parano di fronte. Ad ogni ostacolo superato corrisponde un successo ottenuto, che va celebrato. Così come non si deve recriminare su un errore commesso, su un movimento sbagliato che ha causato la morte del nostro personaggio, perché proprio grazie a questi che di volta in volta si migliora.
Stessa cosa succede nella vita di tutti i giorni; ci troviamo a raggiungere un risultato dopo mesi (o anni) di fatiche, e questo merita di essere celebrato nella giusta maniera, per mettere un punto e dedicarsi al prossimo obiettivo (lavorativo, scolastico, personale).
Allo stesso modo dobbiamo tenerci stretti i nostri errori, anche più delle nostre vittorie, perché è proprio attraverso di loro che misuriamo i nostri successi. Non c’è nessun grande traguardo che non sia preceduto da una serie più o meno importante di errori, e dobbiamo fare tesoro di quelli, perché ogni risultato raggiunto è figlio proprio dei nostri sbagli.
Insomma, quello che mi sta lasciando l’esperienza di Dark Souls va ben oltre le ore passate su un videogioco, ma rappresenta un vero e proprio concentrato di esperienze messe insieme, una dopo l’altra, nel grande percorso della vita.