Darkest Dungeon II è il sequel di un apprezzatissimo roguelite, che anni fa è stato in grado di coinvolgere gli appassionati del genere e coloro che apprezzano i GDR con combattimenti a turni. L’atmosfera lovecraftiana, il gameplay profondo e difficile, unito a meccaniche particolari, hanno reso il titolo una piccola perla ancora oggi apprezzata…ecco perché questo sequel ha un grande peso sulle spalle. Vediamo se riesce a sorreggerlo nella nostra recensione.
La storia di una carovana
La storia di Darkest Dungeon II ricalca le atmosfere lovecraftiane del primo capitolo, qui riprese addirittura in riferimenti cosmici molto espliciti. La terra ha improvvisamente cambiato il suo asse, muovendosi in una nuova traiettoria che ha causato inspiegabili fenomeni sulla sua superficie. Le persone sembrano violente e in generale tutto sembra andare a farsi benedire.
In questa sorta di scenario horror postapocalittico si muove però un gruppo di eroi, che cercano di superare i loro traumi personali per riportare un pizzico di ordine in questo caos. Come il primo capitolo, Darkest Dungeon II non presenta una trama troppo elaborata. In questo caso però questa componente del titolo viene comunque valorizzata a dovere, tramite piccole sottotrame in grado di delineare un worldbuilding degno di nota e un intreccio che comunque si dimostra interessante.
Rimangono poi le ambientazioni ricche di fascino che hanno accompagnato il capostipite, anche in questo caso valorizzate da un narratore e da frasi che richiamano costantemente gli sforzi mentali e fisici dei protagonisti. Si aggiungono le storie dei singoli personaggi, approfondite pian piano tramite dei momenti dedicati a ognuno di essi. Un’aggiunta piacevole che rende ogni eroe vivo a suo modo.
Darkest Dungeon II – quando il dungeon diventa una carovana
Il loop di gameplay di Darkest Dungeon II non è troppo elaborato e, anzi, diviene ancora più snello rispetto al primo capitolo. Quella sorta di componente gestionale lascia infatti spazio a meccaniche molto meno impattanti che, per quanto restino fondamentali, non impongono al giocatore la gestione di HUB centrale così complesso come quello del capostipite.
La struttura ludica vede quindi l’avanzamento di una carovana in dungeon generati proceduralmente e divisi in diversi biomi. Nel corso di questa tratta si arriva inevitabilmente a incontri di vario tipo – da risolvere selezionando un personaggio e ricevendo ricompense utili per il viaggio – o ai classici scontri, vero fiore all’occhiello del prodotto e molto simili a quelli del primo capitolo.
Questi si svolgono su una schermata dove due squadre si affrontano in formazione: a sinistra quella dei nostri eroi e a destra i nemici. In entrambi i casi si deve tenere conto di ruoli specifici e del posizionamento di ogni personaggio, visto che molte statistiche e attacchi sono influenzati proprio da questo. Il tank, ad esempio, si troverà in prima linea a fare la spugna; mentre alcune abilità richiedono che il nemico bersaglio sia posizionato per esempio nelle prime due posizioni, o in quelle in fondo, mentre altre ancora colpiscono tutta la linea.
Si nota quindi una grande enfasi sul combattimento tattico e sul posizionamento, avvalorato ancora di più dall’utilizzo delle abilità. Queste non si limitano a fare danno, ma permettono anche di infliggere ai nemici effetti aggiuntivi. Si aggiungono poi meccaniche secondarie, come la presenza delle combo: alcune abilità mettono infatti un marchio, che poi viene seguito da effetti dannosi aggiuntivi con l’utilizzo dell’abilità successiva. Troviamo poi skill in grado di spostare i nemici, modificandone la formazione.
E proprio qui Darkest Dungeon II brilla maggiormente. Il titolo vanta infatti una miriade di stati passivi, divisi tra buff, debuff, effetti da attivare in sinergia e persino attacchi speciali da attivare in alcune occasioni. A tutto questo si aggiungono poi diverse meccaniche che riguardano le dinamiche del gruppo.
Come nel capostipite, infatti, i membri del gruppo sono esseri umani e in quanto tale si stressano. Ricevere attacchi e in generale proseguire nell’avventura fa alzare una barra che, una volta riempita, porta a dei debuff. È però possibile far abbassare questa barra tramite diverse azioni, come l’utilizzo di oggetti, abilità, o tramite il riposo.
Al contrario, l’umore del personaggio può anche raggiungere livelli di esaltazione positivi, che invece lo porterebbero ad avere buff degni di nota, i quali possono riguardare l’eroe in questione, ma anche i suoi compagni. In entrambi i casi, purtroppo, siamo davanti a una meccanica che per certi versi rovina il bilanciamento generale del gioco, visto che la manifestazione di questi stati positivi o negativi tende a essere fin troppo casuale.
Lo stesso dicasi per ciò che riguarda le relazioni tra compagni. Queste possono essere influenzate da eventi che possono accedere in strada o all’interno delle locande, cambiando il rapporto tra due eroi generando antipatia o simpatia. Nell’ultimo caso si assiste a buff che coinvolgono entrambi i personaggi anche creando sinergie specifiche, mentre nel primo caso siamo di fronte a interazioni generalmente dannose che possono addirittura risolversi in comportamenti controproducenti durante gli scontri.
Questa nuova meccanica è sicuramente interessante, ma è anche affidata fin troppo al caso, a volte creando situazioni davvero troppo difficili da gestire e generalmente frustranti. Questo, per fortuna, non accade con la stessa frequenza del capostipite e di conseguenza il bilanciamento generale della formula si dimostra comunque molto più appagante.
Arriviamo ora alla metaprogressione di Darkest Dungeon II. Proseguendo in ogni spedizione si ottengono delle candele, che poi possono essere utilizzate per potenziare i personaggi tra le varie partite. Queste candele vengono ottenute anche in caso di sconfitta, ma proprio tornando a una locanda e lasciando la spedizione in corso è possibile ottenerne di più. Si crea quindi un meccanismo high risk/high reward, dove il giocatore è spinto a raggiungere i punti in cui estrarre più risorse possibili.
Le candele sono infatti molto importanti, dato che consentono di potenziare gli eroi posseduti e di sbloccarne altri, dando quindi più varietà alla formula e rendendo le partite successive più varie e generalmente più semplici. Arrivare alle locande è poi importante anche in caso si voglia proseguire la spedizione in corso. Qui è infatti possibile potenziare la diligenza, acquistare oggetti, svolgere attività per ottenere potenziamenti passivi e così via. La componente ruolistica del titolo, dove si equipaggiano i personaggi per renderli più performanti, assegnando loro oggetti ed equipaggiamento di vario tipo si dimostra infatti molto pressante e obbliga il giocatore a sfruttare bene le risorse offerte dalle locande.
Il risultato, quindi, è un loop di gameplay molto stretto e decisamente più snello del primo. Rimangono poi alcuni difetti ereditati dal predecessore, come combattimenti decisamente lenti, per via di nemici fin troppo resistenti ai colpi, affiancati alla già citata aleatoreità di alcune meccaniche di gioco, ma la formula si dimostra generalmente valida e piena di sottomeccaniche da scoprire giocando e morendo.
In ogni caso, Darkest Dungeon II resta un roguelite davvero ottimo, che a suo modo migliora la formula del capostipite snellendola di molto e apportando invece migliorie e cambiamenti dove necessario, a volte aggiungendo nuove meccaniche, altre volte togliendone altre. Da segnalare solo un tutorial decisamente manchevole, che a sua volta porta il titolo ad essere davvero poco accessibile, soprattutto prendendo in considerazione il gran numero di meccaniche da imparare per giocarlo a dovere.
Tecnicamente perfezionato
Il comparto tecnico di Darkest Dungeon II è davvero ottimo ed è decisamente migliorato rispetto al primo. Il titolo vanta modelli poligonali dettagliati e animati davvero molto bene. Gli ambienti, che combinano elementi in 2D e altri in 3D sono poi valorizzati da splendidi effetti di luce, in grado di creare un’atmosfera semplicemente spettacolare.
Tutto ciò viene poi ulteriormente valorizzato da uno splendido comparto artistico, che modelli e ambienti rappresentati con uno splendido stile in cel shading, che porta un effetto visivo davvero bello da vedere.
Infine, il comparto sonoro si dimostra eccellente, contribuendo a delineare l’atmosfera tramite effetti sonori adatti alle