Demon’s Souls Remake possiamo definirlo come un passo azzardato, da parte di Sony, per presentare la sua console di nuova generazione. Un gioco che appartiene ad un sottogenere, sì in grande ascendenza e in continua espansione, ma comunque sempre di “nicchia”. Eppure Sony ci ha visto giusto, avvicinando ai cosiddetti soulslike anche chi non ha mai messo mano ad un gioco simile.
Nel lontano 2009, alla sua prima apparizione su PlayStation 3, Demon’s Souls aveva un’ambientazione affascinante, di sicuro impatto, e una narrativa molto particolare (narrativa silenziosa), ma che presentava un gameplay con delle meccaniche grezze e legnose. Compito del remake è stato di lavorare sul comparto grafico e attualizzarlo, ma soprattutto svecchiare proprio quelle rigidità del gameplay che era invecchiato molto male.
Combattere è come danzare
Sul PlayStation Blog lo stuntman Eric Jacobus, con una carriera di 20 anni alle spalle, ci racconta di come è stato il lavoro nel ricreare le animazioni di combattimento dell’intero gioco, oltre ai movimenti degli NPC e dei filmati. Gli attacchi, le schivate, backstab e qualsiasi altro movimento sono stati ricreati da zero, con tale dovizia di particolari che Jacobus ha detto di aver dovuto “reimparare a muoversi”. Un lavoro durato più di un anno e mezzo, proprio per essere il più precisi possibile nei movimenti.
L’obiettivo, infatti, è stato quello di svecchiare i movimenti, ma rispettandone lo “spirito” giapponese. Queste le sue parole:
Gli attacchi del gioco, la navigazione, le schivate e le uccisioni sincronizzate o i contrattacchi dovevano essere giocabili, fedeli all’originale ed esteticamente piacevoli. Se effettuati troppo velocemente, i movimenti avrebbero mancato di forma e chiarezza. Se effettuati troppo lentamente, avrebbero perso consistenza e inerzia. Gavin [direttore creativo] si occupava dell’intenzione e della tecnica, mentre Chris [direttore dell’animazione] si assicurava che le misure fossero esatte.
Per ognuna delle 20 classi di armi si è tenuta una sessione di motion capture, tra cui le camminate, le schivate e così via, tutte eseguite tenendo il ritmo con il metronomo. Questi movimenti sono poi stati combinati tra loro in modelli complessi chiamati “schede di danza”. Le camminate si registravano al mattino come riscaldamento, gli scatti nel pomeriggio e i movimenti “pesanti” quando ormai Jacobus era stanco, così da dare maggior realismo ai movimenti delle armi pesanti. La prima scheda di danza, racconta Jacobus, portò via una giornata intera fino a riuscire a registrarne una in 70 minuti.
Per leggere, e soprattutto vedere, questo speciale ti consiglio di dare un’occhiata al PlayStation Blog di cui ti lascio il link qui.