La saga dell’Alveare scritta da Oryx nei Libri del Dolore è giunta al termine; le sorelle si sono divise, il Re dei Corrotti si è insediato sull’Astrocorazzata, suo trono mobile. Crota è stato punito per aver lasciato i Vex entrare nel trono mondo, scaraventato attraverso un portale.
Da qui in poi il principe dell’Alveare dovrà farsi largo tra i Vex, dilaniandoli e cercando un modo per rientrare nelle grazie del padre. Crota capisce infine lo scopo di Oryx; elevarlo, rafforzarlo con la Logica della Spada.
Diventando il mietitore del Re dei Corrotti, insieme al tributo dovuto, avrebbe guadagnato forza, potere e avrebbe dato inizio alla sua guerra. Così Crota uccise ogni forma di vita sul suo cammino, legato al padre tramite gli altari che in suo onore erigeva e il tributo che versava al re.
Luce, quindi tenebre: l’inizio di Destiny
Quando il Viaggiatore giunse sulla Terra, nessuno sapeva il motivo del suo arrivo, il suo scopo ultimo. Il suo contributo fu fondamentale per innalzare la civiltà umana; sorsero colonie, tecnologia e medicina aprirono nuovi orizzonti, e la razza umana toccò l’Età dell’Oro.
Un periodo aureo destinato a terminare; la Luce del Viaggiatore infatti era braccata dall’Oscurità. Se il Cielo aveva i suoi paladini, anche il Profondo aveva il suo esercito, e presto entrò nel sistema solare. Giunse il Crollo, ineluttabile, e la felicità svanì divorata da un male inestirpabile.
Tra queste oscure forze, un cavaliere dell’Alveare, Crota fu un potente fautore del triste epilogo umano. Il principe dell’Alveare arrivò sulla Luna in un momento non ben definito dopo il Crollo, stabilendovisi con il suo esercito, lo Sciame.
Qui si insediò l’Alveare, trasformandola nella luna da guerra di Crota, avamposto per assaltare poi la Terra e il Viaggiatore. L’Alveare scavò a fondo, deponendo le sue uova in tetre gallerie, sconvolgendo la superficie e infettandone il nucleo.
I primi contatti con questa temibile razza furono disastrosi per l’umanità, tanto che dopo aver perso numerose vite, la neo istituita Avanguardia guidò un attacco per reclamare la superficie lunare. E fu un disastro.
Migliaia di guardiani risposero alla chiamata, ma pochissimi sopravvissero alla battaglia. Dagli oscuri cunicoli scavati orde di instancabili nemici emergevano, graffiando, mordendo, strappando. Poi tra le orde di schiavi e accoliti, tra i letali cavalieri e le perfide maliarde emerse lui, principe dell’Oscurità.
Crota, il Divoratore della Speranza era inarrestabile; falciò innumerevoli guardiani, divorando la loro Luce. Nessuno aveva la forza sufficiente per fermarlo, e non sembrava nemmeno ci fosse un modo. La ritirata fu inevitabile, e la Luna restò all’Alveare.
Vendetta
L’Avanguardia dopo aver perso moltissimi guardiani, proclamò la Luna e il suo spazio impraticabili, sconsigliando ed impedendo ogni esplorazione o contatto con il pianeta. Gli orrori sarebbero rimasti lì, fermando l’invasione; o almeno questa era la speranza.
Crota si rintanò nelle sue fortezze, lontane dalla superficie e così fece il resto dell’Alveare. La Luna divenne un satellite inerte, sfregiato dai fendenti delle spade che emanavano purulenti miasmi. Niente sembrava più vivo e la minaccia dell’Alveare sembrava sopita.
L’Alveare invece proliferava, preparandosi ad assaltare la Terra e falciare via la debole razza umana insieme all’odiato Viaggiatore. Diversi seminatori vennero inviati sulla superficie per attaccare l’umanità e deporre covate da cui scaturirono ovviamente, diversi scontri a fuoco con i guardiani.
In uno di questi combattimenti, quello sul Lago Ardente, Shaxx perse uno dei corni del suo elmo, rotto dalla spada di un cavaliere. La furia dell’Alveare venne tenuta a bada, confinata da umani e dagli Eliksni che non volevano intralci durante le loro razzie.
Una tregua apparente si instaurò tra lo Sciame di Crota e l’umanità; una situazione squilibrata e utopica, in quanto l’Alveare non aveva mai rinunciato alla sua guerra, ne alla conquista e distruzione dei mondi. L’umanità dal canto suo, non riusciva a comprendere e sconfiggere l’Alveare, una minaccia nuova e diversa.
Crota nella sua fortezza lunare aspettava, sospeso tra il mondo materiale e quello ascendente del suo trono, sempre pronto a difendere il suo putrido regno. Rimaneva in attesa di distruggere la Terra e il Viaggiatore attendendo il padre.
Minaccia
Un tempo immagine romantica e magica, la nuova Luna devastata dall’Alveare era diventata una spada di Damocle; un monito della fragilità dell’uomo, un incubo in agguato. Per questo i cittadini raccontavano ai bambini e a loro stessi che gli incubi sulla luna restavano lì, e non avrebbero lasciato il loro regno.
Ma Rezyl Azzir, primo e possente titano della storia, portatore di pace e difensore dei rifugiati guardava la Luna con dubbio. Sapeva, come chiunque altro che l’incubo celato sul satellite avrebbe vomitato le sue orde sulla Terra presto o tardi, inarrestabili, bramose di distruzione e morte.
Rezyl era un eroe della Guerra delle Fazioni, aveva portato pace e sicurezza ai rifugiati che avrebbero eretto l’Ultima Città, difendendoli strenuamente dalle incursioni Eliksni. Un esempio di come gli appena risorti guardiani dovevano operare per uno scopo più nobile.
Lui guardava la Luna e sapeva che anche lì c’era una minaccia; una minaccia che andava sventata, ma per stroncarla era necessario comprenderla e studiarla. Fu così che stanco di piccole vittorie, di momentanea pace, decise di andare ad affrontare gli incubi sulla Luna.
Rezyl sopravviveva sempre, in un modo o nell’altro; una ricognizione sarebbe stata sufficiente, sarebbe bastata a dare elementi per studiare una controffensiva per reclamare la Luna. Così credeva, anche se con non troppa convinzione.
Buio come l’Alveare
La Luna era diventata un freddo cimitero, un luogo che non concedeva vita e reclamava solo morte. Le piane argentate erano spaccate e crepate, sintomo della malattia che si annidava e covava sotto la superficie.
Esalazioni venefiche risalivano dalle crepe e le rocce lisce e levigate erano diventate strutture inquietanti della razza che vi si era insediata. Rezyl sostò davanti alle imponenti porte scavate con artigli nella viva roccia; ingressi tanto enormi da sminuire la statura del titano.
Il suo spettro, il suo cuore, ogni fibra di Rezyl gli dicevano che era sbagliato e stupido trovarsi lì, affrontare questi incubi da solo. Eppure il suo bisogno di correggere il mondo, la volontà di proteggere la gente dell’Ultima Città lo avevano portato sulla soglia delle tenebre.
Nonostante il nodo allo stomaco, la paura che lo schiacciava, Rezyl avanzò verso il sinistro ed imponente portone. Improvvisamente, questo iniziò ad aprirsi; un corpo femminile emergeva dal buio. Un lacero mantello adornato d’ossa e schegge, fluttuò e si pose dinanzi al guardiano per osservarlo.
Rezyl stava di fronte alla megera, sostenendo lo sguardo vacuo ed inquietante fucile in mano; un ruggito potente e minaccioso ruppe il silenzioso confronto e la maliarda si ritirò in silenzio, lentamente. Rientrò dentro le tenebre da cui era appena uscita, fissandolo, quasi ad invitare il guardiano ad entrare.
Lo spettro di Rezyl e lui stesso erano reticenti ed intimoriti dall’oscurità oltre la soglia; eppure qualcuno doveva entrare, snidare la minaccia e porre fine all’incubo. Il titano caricò l’arma ed entrò, sparendo, inghiottito dalle tenebre.