C’era una volta in sala giochi Rampage, un titolo in cui non si interpretava il ruolo del buono che salva il mondo bensì quello del cattivo che lo distrugge. Si poteva scegliere tra uno dei tre mostri disponibili, ispirati alle figure di celeberrime creature del cinema.
Poi si veniva catapultati in città con lo scopo di abbattere palazzi, giocare al tiro al piattello con gli elicotteri e i carri armati e divorare gli sventurati soldati che cercavano di arrestare la nostra avanzata. Il gioco divenne un classico e si meritò diverse conversioni e vari seguiti prima su PlayStation 1 e poi su PlayStation 2. Risale al 2006 l’ultimo avvistamento delle temibili creature poi il nulla.
Divinoids, tra atmosfere arcade, pixel e alieni
Serviva il titolo di Catpad per riportare in auge tali meccaniche. Evidentemente per Divinoids la volontà del team di sviluppo è stata sin dall’inizio quella di rievocare lo spirito della sala giochi. Non è infatti un problema di monitor o di scheda video ritrovarsi con lo schermo ricoperto da strisce di pixel alternate, bensì si tratta della precisa scelta di simulare il tubo catodico tipico dei vecchi cabinati arcade.
Subito ci si trova di fronte al roboante logo della schermata iniziale, che appare in tutta la sua gloria simil 16 bit, nemmeno fossimo tornati ai tempi del Neo-Geo. Le prime differenze rispetto al passato però emergono subito e non sto parlando semplicemente della maggior definizione grafica.
Abbiamo infatti un menù molto più ricco di opzioni rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare da un titolo di questo tipo, con varie spiegazioni ed extra disponibili a portata di mano. Si entra in partita e ci si ritrova immediatamente nello spazio, su quella che dovrebbe essere un’astronave madre, dove da bravi piloti dovremo scegliere il nostro robottone gigante tra tre modelli che si rifanno in parte a figure mitologiche.
A differenza dei giochi del passato, in Divinoids non saremo mai lasciati soli e sin dal primo momento troveremo dei comodi tutorial che ci spiegheranno per filo e per segno quello che dovremo e potremo fare. Scelto il nostro equipaggiamento ci dirigiamo subito sul primo pianeta da conquistare.
Non c’è una vera e propria trama, d’altronde non ce ne sarebbe stato alcun bisogno data la natura prettamente arcade del titolo. Tutto quello che serve sapere è contenuto nelle parole di presentazione degli sviluppatori e lo si intuisce facilmente dallo svolgimento della partita. Non ci sono filmati né narrazioni scritte. L’unica cosa che emerge è che apparteniamo ad una razza aliena che vuole distruggere e conquistare numerosi pianeti utilizzando i Divinoids, Robot da guerra dotati di un enorme potenziale distruttivo.
Una dualità di situazioni
La partita è suddivisa essenzialmente in due momenti: una fase di esplorazione del territorio, raffigurata da una mappa vista dall’alto che tanto ricorda i movimenti tra le città dei vecchi giochi di ruolo 2d ed una fase di combattimento con visuale laterale che rimanda proprio al classico Rampage citato all’inizio dell’articolo.
Nella fase di esplorazione, appunto come in un gdr, si possono fare incontri con vari nemici ben visibili che si muovono solo quando si sposta il proprio robottone, lasciando quindi spazio anche per un pizzico di riflessione strategica, ma non bisogna illudersi perché non si avrà così tanto tempo per riflettere, infatti lo scudo di difesa planetario avanzerà inesorabile e se si verrà raggiunti la partita finirà.
Vanno quindi evitati il più possibile i combattimenti inutili, piuttosto è necessario arrivare in tempo nelle varie città, fermandosi al massimo nelle stazioni di rifornimento dove è possibile recuperare vita e aggiungere potenziamenti alla propria macchina da guerra, attività possibile grazie alle componenti raccolte durante le nostre capatine nei centri abitati.
Esistono due tipi di combattimento quindi: uno in cui lo scopo è distruggere le unità che si oppongono alla nostra avanzata e un altro che ci vede alla conquista di un agglomerato urbano attraverso la sua distruzione. Avremo attacchi ravvicinati, colpi a distanza e varie mosse speciali alle quali va a sommarsi persino un attacco definitivo ultra devastante.
Il Robot da battaglia ci darà la possibilità di scegliere tra due forme diverse: una umanoide ed una animalesca, ognuna con le sue peculiarità e le sue particolari tipologie di attacco. Insomma tra bombe, frustate e dardi vari ce n’è per tutti!
Una volta distrutte tutte le città principali potremo decidere se ripartire con l’astronave madre o rischiare restando ancora un po’ per accumulare altri bonus. Tornati sulla nave potremo ancora una volta riorganizzarci prima di ripartire verso numerosi altri pianeti, ognuno con le sue particolari condizioni climatiche o ambientali, tra deserti , ghiacciai e fiumi di lava.
Il livello di difficoltà per fortuna è tarato un po’ più in basso rispetto agli standard arcade, con una curva di apprendimento abbastanza distesa che lascia tutto il tempo per apprendere le basi del sistema di controllo. Man mano che si va avanti ovviamente le cose si complicano con più nemici e maggiori insidie sparse un po’ ovunque.
La natura Arcade emerge però prepotente nel fattore game over: avremo infatti solo due vite a nostra disposizione. Certo, ci vorrà del tempo per esaurirle, tra la barra vitale rigorosamente formata da cuori e la possibilità, una volta che il mezzo viene distrutto, di controllare il nostro pilota a piedi in attesa dell’arrivo di un Robot di ricambio. Finite le chance a disposizione, però, non resterà che tornare al menù iniziale ed avviare una nuova partita. Esatto: si ricomincia da capo!
Pro e contro
Nel giudicare un gioco del genere bisogna tener conto del fatto che questo si rivolge essenzialmente ad una nicchia di pubblico appassionata di classici da salagiochi o di retrogaming. Qui si cerca la sfida che emerge dal completare il tutto con risorse limitate, ripetendo uno schema di gioco quadro dopo quadro sempre simile. E’ purtroppo insita in un titolo di questo genere una certa ripetitività di fondo che nemmeno un’accennata componente ruolistica riesce a mitigare più di tanto.
Le prime partite risulteranno divertenti e tutto sommato accattivanti. Spaccare tutto in un certo senso funziona sempre. Dopo un po’ però, soprattutto dopo l’ennesimo riavvio della partita, la stanchezza inizia a farsi sentire e solo i più avvezzi alla caccia al record decideranno di continuare fino alla fine.
Il sistema di controllo funziona egregiamente con fasi di esplorazione che procedono senza intoppi e combattimenti abbastanza fluidi. Questi poi hanno di positivo una buona disposizione dei controlli sulla tastiera. Solo di rado capita di incastrarsi in parti di ambientazione o di non riuscire a colpire i bersagli come si vorrebbe.
Grafica retro
Graficamente siamo di fronte ad un operazione di revival vintage, perciò il 2d stile 16 bit non può che essere ben accolto. Quello che però risulta un po’ deludente è il design di ambienti e mezzi, forse un po’ generico. Non c’è nulla che stilisticamente riesca a mozzare il fiato, a partire dai robottoni visivamente un po’ pesci. Gli sfondi poi, pur con variazioni da pianeta a pianeta, tendono a ripetersi presentando sempre gli stessi pattern di edifici ed elementi scenici. E’ convincente invece il modo in cui sono stati raffigurati effetti ambientali e di distruzione.
Il giudizio sul comparto audio di Divinoids è controverso. Se da una parte abbiamo effetti sonori abbastanza basici, solo in parte giustificabili dalla natura pseudo vintage del prodotto, dall’altra troviamo un repertorio di melodie piuttosto evocativo e convincente.