Previsto l’arrivo della sua versione definitiva il 24 maggio 2019, intanto abbiamo potuto goderci Dollhouse in open beta, uscita lo scorso 12 aprile, per esplorare tutto quel che ha da offrire.
Si tratta di un gioco d’avventura horror a sfondo psicologico in stile film noir anni ’50 che cala il giocatore nei panni di Marie, una detective che sta cercando di svelare un oscuro segreto celato nella sua stessa mente da un’amnesia, con l’unica certezza che quella sera sua figlia Emily è morta.
Ed è proprio all’interno di questa che si svolge tutta la trama, proponendo delle ambientazioni veramente perfette, per quanto essenziali, per suscitare le dovute suggestioni in chi sta giocando. Appena iniziamo, ci troviamo all’interno di una stanza dove sono presenti vari elementi, tra cui una bacheca su cui sono riportati dei personaggi legati all’espediente narrativo e oggetti di varia natura che conferiscono una buona caratterizzazione al luogo. Tra questi, tutti in bianco e nero, ne risaltano alcuni perché colorati, indicandoci con quali è possibile interagire. Uscendo dalla porta, ci ritroviamo in un labirinto fatto da siepi alte, mobili lungo la via, cunicoli e stanze con tanto di cancello d’ingresso, giostre e manichini, tanti manichini. Questi, primo elemento tetro e inquietante che incontriamo, sono immobili dove stanno fintanto che li si guarda: appena si sposta la visuale per poi orientarla nuovamente verso di loro, questi si avvicinano; se avvicinati troppo, possono colpirci e farci male. Qualora non bastassero loro, per il labirinto vaga un’entità che ci insegue costantemente, rendendo ogni nostro movimento pregno di tensione, tanto da aver paura a girare l’angolo per timore di ritrovarsi davanti una brutta sorpresa.
All’interno di questo giardino dovremo recuperare i nostri ricordi per ricostruire quanto è accaduto, svelando un passato rimosso dalla nostra psiche per confinarlo in un subconscio che vogliamo schiudere per scoprire la verità.
Gameplay
L’esperienza di gioco che Dollhouse propone è stupefacente, pensando alla prima impressione che può fare. Infatti, il sistema di comandi risulta complesso per le tante cose che possono essere fatte, a cui si deve stare attenti per sopravvivere. L’aspetto più interessante è quello legato alla circospezione: oltre alla canonica visuale frontale, è possibile, col tasto Q, guardarsi dietro per difendersi dalle minacce incombenti o anche solo per essere prudenti. In più, con il tasto destro del mouse può essere attivata la modalità Focus, ovvero quella che ti permette per un lasso di tempo definito di “vedere dagli occhi dell’inseguitore”, funzione utile per capire dove si trovi e quanto sei momentaneamente al sicuro.
Oltre a queste possibilità, tenendo premuto E possiamo scansionare gli oggetti che permettono questo tipo di interazione, la qual cosa ci fa acquisire punti esperienza da poter spendere nelle oltre 40 abilità attive e passive, accedendo alla cassaforte in una delle zone franche, ovvero delle stanze sicure sbloccabili utilizzando i nostri stessi ricordi.
Una particolarità molto apprezzabile prevista nel gioco, dal momento che è coerente con il personaggio di Marie e con l’espediente da cui nasce la trama, sta nel fatto che ogni partita, addirittura ogni avvio, faccia entrare in una mappa di gioco diversa. Esattamente come Marie, anche noi “soffriamo di amnesia”, dimenticandoci la disposizione degli oggetti nello spazio. Per sopperire a questa difficoltà, che rende il titolo ancor più interessante, possiamo disporre di una abilità che per 10 secondi mette in evidenza le porte, o utilizzare interruttori che mostrano l’ubicazione dei nostri obiettivi. Non solo, girando per i corridoi, oltre a poter raccogliere le batterie per la torica elettrica, statuette da analizzare per raccogliere punti esperienza, chiavi per aprire porte e ricordi, si possono trovare dei fondamentali gessetti per fissare i punti desiderati sulla mappa, così da ritrovarli e non rischiare di uscirne disorientati.
La storia segue una narrazione non lineare, informazione da riferire anche a quanto riportato dagli sviluppatori. Infatti, incontrando lungo il cammino diversi personaggi, questi potranno aiutarci o tentare di distruggerci in base alle nostre scelte, facendo sì che il corso degli eventi cambi direzione, aumentando la longevità di Dollhouse.
Come ho già accennato poco più su, ad aiutare il mantenersi della tensione e l’ansia dell’essere sempre in pericolo ci sono i manichini e lo stalker, un’entità che ci insegue all’interno del labirinto della nostra mente per impedirci di scoprire la scomoda verità che stiamo cercando. Questa dinamica da gatto e topo funziona egregiamente, permettendo di portare avanti le proprie quest senza però avere la tranquillità di farlo privi del timore di essere eliminati o attaccati. E più che l’inseguitore in sé, questa sensazione di precarietà è favorita dai manichini che si muovono quando non li guardiamo, una volta che li abbiamo incontrati nel nostro cammino.
Multiplayer
Dollhouse, oltre alla modalità Campagna, propone un multiplayer che consiste nel raccogliere 13 ricordi per conseguire la vittoria. Non è facile però, dal momento che in campo ci sono altri giocatori che tenteranno di fare lo stesso. Oltre a trovarli nella mappa, infatti, è possibile ottenere ricordi eliminando gli altri giocatori. In particolare, ognuno è inseguitore di un target assegnato, uccidendo il quale si possono ottenere 3 ricordi; eliminando invece un altro giocatore, che però non è il nostro obiettivo, se ne ottiene uno solo. In questa lotta alla sopravvivenza non è l’aggressività a premiare, dal momento che non è possibile uccidere il nostro inseguitore, ma solo gli altri giocatori. Per difenderci, oltre alle nostre capacità di fuga, possiamo utilizzare un ricco repertorio di abilità da combinare, rendendo la sfida ancora più suggestiva. Se va male, una volta morti per mano del nemico, i nostri ricordi vengono persi e dovremo iniziare da capo la nostra raccolta.
In questi pochi giorni di open beta non è stato possibile provare in maniera esaustiva il multiplayer perché è risultato molto difficile trovare altri giocatori con cui entrare in partita e vivere questa corsa al massacro. Rimane sulla carta una buona promessa, visto quanto ci si può aspettare di bello da questa modalità sembrerebbe in forte consonanza col singleplayer, su cui sono rimasti pochi dubbi da risolvere.
Il cinema è un’arte
Il cinema è un’arte, sì, e con Dollhouse questa viene trasfigurata in videogioco. In questa open beta si respira molto l’aria del film noir, dei thriller di una volta, basati non sul gore ma sulla suspance e sulla tensione psicologica verso ciò che potrebbe avvenire, ma che puntualmente non avviene mai, o soltanto di rado. La scelta del bianco e nero come forma visiva permette al titolo di esprimersi senza riserve, che trova ancora più spessore nella realizzazione degli ambienti. Seppure apparentemente spogli, guardando bene ed esplorando come richiesto nel gioco, man mano si vanno a scoprire peculiarità che danno carattere ai luoghi che visitiamo, percependoli come assolutamente credibili e funzionali. Dietro una parvenza di essenzialità, si cela (e nemmeno troppo) una cura al dettaglio e al riferimento ai film noir che danno la sensazione, per tutta la durata del gioco, che non ci sia bisogno d’altro. Una difficoltà che si può incontrare nei primi momenti risiede nel fatto che le inquadrature e gli ambienti sono molto scuri, talvolta immergendoci in condizioni di parziale visibilità, con una regolazione nelle impostazione della gamma che non permettono di trovare un compromesso ottimale. Tuttavia questo effetto è voluto, perché accendendo la torcia elettrica, quando si hanno le apposite batterie, l’immagine risulta più chiara e proprio come dev’essere, lasciando intendere che quanto viene percepito come un problema inizialmente sia in realtà una scelta stilistica all’interno di una visione artistica netta ed evidente. E parlo di visione artistica proprio perché in Dollhouse, in maniera più o meno evidente, ogni elemento presente risulta in perfetta sintonia con tutte le altre dimensioni del gioco, dall’estetica, alla narrazione, al gameplay, mostrando quanto dietro a questo titolo ci sia un lavoro volto non solo a generare un prodotto finale, bensì finalizzato a trasmettere un messaggio ben preciso; messaggio che sta proprio al giocatore scoprire, e che probabilmente sarà ulteriormente arricchito e dotato di consistenza, più di quanto non sia già, al momento del rilascio finale.
A questo discorso va annesso anche il comparto sonoro. Se i suoni ambientali sono credibili, pur essendo niente di eccezionale, anche se di buona fattura, le musiche rendono il quadro veramente completo. Le nostre orecchie si sposano perfettamente con l’occhio, il quale è accompagnato da angoscianti melodie e da tappeti sonori tipici dei film di paura in bianco e nero, dei thriller noir cui Dollhouse fa riferimento.
Cercando di frenare la curiosità verso ciò che sarà la versione finale, già questa open beta ha saputo comunicare il concept del gioco, le sue sfaccettature, i suoi pregi e i suoi limiti, per quanto se ne possa avere solo una comprensione parziale al momento. Ciò nonostante, fa sicuramente piacere notare che, a prescindere da tanti aspetti, quando c’è coerenza nella visione artistica di un titolo, questo non può far altro che generare buone speranze.
Dollhouse è sviluppato da Creazn Studio e verrà pubblicato, grazie a
SOEDESCO Publishing, il 24 maggio 2019 per PC e PlayStation 4.
Lo tenevo d’occhio da un po’, sembrava proprio interessante e a quanto pare lo è