Don’t Scream è un videogioco apparentemente particolare, che di fatto è racchiuso tutto nel titolo. Parliamo infatti di un horror che riprende l’estetica di titoli come Unrecord, unendo anche una meccanica particolare: se urli, nella realtà, muori nel gioco. Vediamo insieme come questo è possibile nella nostra recensione!
Tanto per cominciare, Don’t Scream non ha una trama o un contesto narrativo. Le creature incontrate spaziano da mostri, a fantasmi, passando per spettri e vampiri. Non troviamo quindi una forma di coerenza estetica, ma una semplice e generica estetica horror che abbraccia praticamente ogni forma di mostruosità che sia venuta in mente agli sviluppatori.
Questa, se da un lato può essere vista come una scelta, dall’altro causa una sensazione di genericità che contribuisce a una perdita generale di immersione. Semplicemente, fa strano incontrare prima un vampiro, poi un fantasma, poi un’allucinazione incomprensibile.
Semplicemente, Don’t Scream
Il comparto ludico di Don’t Scream è tanto immediato quanto limitato. Ogni partita si svolge in una mappa di gioco discretamente vasta, inquadrata dietro le lenti simulate di una vecchia telecamera. In questa mappa bisogna cercare reliquie e batterie.
Queste ultime, in stile Outlast, servono per mantenere attiva la fotocamera con cui osserviamo il mondo di gioco. In caso questa dovesse scaricarsi, sarebbe game over immediato.
Di base, quindi, l’obiettivo di ogni partita può essere riassunto così. Si spawna in un punto casuale delle mappa e si vaga in cerca di batterie con lo scopo ultimo di sopravvivere 18 minuti. In questo lasso di tempo bisogna evitare che la batteria si scarichi e, soprattutto, bisogna evitare di urlare.
Si perché nella mappa di gioco sono disseminate apparizioni di creature di ogni tipo che, in ogni momento, possono spaventare il giocatore saltando fuori da pareti, tra gli alberi, o addirittura afferrando lo schermo stesso.
Qui va fatto un applauso al level design della mappa, che tramite alberi in movimento, cespugli, fronde che spuntano dagli angoli e ostruzioni visive di ogni tipo, riesce a creare tensione costante.
Se durante una qualsiasi di queste apparizioni il giocatore urla…game over. Per giocare Don’t Scream bisogna infatti collegare il microfono al PC, per poi regolarlo in modo da rilevare il volume delle urla. Durante la partita, quindi, il gioco rileva costantemente l’audio della stanza e, in caso di urlo, è la fine.
Tutto molto bello fin qui. I problemi iniziano quando il giocatore capisce due cose: i mostri non possono effettivamente ferire il personaggio e i jump scare possono avvenire in qualsiasi momento.
Questo porta ben presto alla consapevolezza che ogni apparizione è solo visiva e di fatto non può causare game over in nessun modo. Se a questo uniamo l’assenza di qualsiasi altra meccanica di gioco, si capisce bene come la tensione di Don’t Scream si sciolga molto presto.
Detto in poche parole, la meccanica dell’urlo è originale, soprattutto unita alla tensione generata dall’estetica “alla bodycam”, ma da sola non basta a sorreggere l’intera impalcatura ludica del gioco.
Serve di più: minacce reali, che facciano sentire davvero terrorizzati di fronte alle apparizioni. Basti pensare a piccole perle come Shadow Corridor, dove il semplice sfarfallio di candele basta a terrorizzare.
Don’t Scream, però, presenta un’esplorazione caratterizzata da ambienti non interagibili in nessun modo e dall’assenza di qualsiasi meccanica ludica degna di nota. Bella l’idea, migliorabile l’esecuzione quindi.
Tecnicamente interessante
Il comparto tecnico di Don’t Scream è interessante, ma per certi versi derivativo. Il gioco propone infatti ambienti non troppo dettagliati, che però vengono inquadrati attraverso le lenti simulate di una vecchia telecamera. Questo porta il colpo d’occhio generale a essere decisamente soddisfacente, creando al contempo un’atmosfera carica di tensione.
Tensione che però si scioglie in parte per via del comparto artistico generico, che semplicemente si limita a proporre mostri senza identità.
Il comparto sonoro è invece ottimo, grazie ad effetti in grado di donare tensione all’esplorazione e a rumori ambientali sempre convincenti.