“It’s me, Mario”, quante volte lo abbiamo ascoltato? Quanto è diventata iconica quella semplice voce. Quante sarebbe traumatico cambiarla? Risposta: TANTO. Lo sa il buon Chris Pratt che, in quanto neo doppiatore di Mario nel film Nintendo (la cui uscita è prevista nel 2023), si ritrova già sommerso di critiche, petizioni, commenti aspri e negativi. Un oceano marrone (per essere eleganti) che mostrano quanto una voce, seppur di un personaggio virtuale, sia importante. E di voci nei videogiochi ce ne sono tantissime.
Il doppiaggio: in italiano è meglio?
Partiamo dalla nostra amata lingua: l’italiano. Un videogioco doppiato nella propria lingua, di base, offre diversi vantaggi non indifferenti. Il primo tra tutti è quello di non doversi ancorare obbligatoriamente ai sottotitoli, potendo così godere gli eventi su schermo agevolato dalla voce facilmente comprensibile. Altro vantaggio non di poco conto, è l’eventuale immedesimazione con i soggetti a schermo che, proprio grazie al fatto di essere più comprensibili, più immediati, può fortificarne il legame.
Altro elemento non di poco conto è il fatto che in italia ci sono tantissime belle voci. E non parliamo solo di Luca Ward (Sam Fisher in Splinter Cell, ecc) o Pino Insegno (Aragorn de Il Signore degli Anelli, Ethan Mars di Heavy Rain, ecc.). Pierluigi Astore vi dice niente? Trattasi della voce di Kratos dei due recenti titoli di una delle saghe più potenti di casa Sony. Quanto è idonea la sua voce nei confronti del proprio personaggio? E ancora, quanto riesce a coinvolgere col suo carisma?
Ma non limitiamoci solo alla lingua italiano, parliamo anche degli attori originali. Quanto è facile affezionarsi anche a loro? Decisamente tanto. Ci sono voci che distinguono dalla massa, che si plasmano intorno al personaggio, che diventano il personaggio. Pensiamo a Mark Hamill nei panni del Joker di Batman o al magnifico Grimoire Weiss (il libro volante di Nier) di Liam O’Brien (professionista che ha lavorato in centinaia di videogiochi anche solo per fare effetti o versi).
Può quindi capitare che la notizia di una sostituzione, anche di un attore non italiano, può creare scalpore anche in Italia. Bayonetta 3 che ha visto il cambio della doppiatrice principale Hellena Taylor con la new entry Jennifer Hale ha creato molto rumore. Eppure, come potrai vedere anche nella nostra recensione, in questo caso la Hale ha svolto un doppio lavoro: restare coerente con la protagonista e la sua voce originale (quella della Taylor). Il risultato? Applausi.
Potremmo discuterne a lungo ma ciò che è innegabile è il fatto che il doppiaggio offre un valore aggiunto innegabile ma che, allo stesso tempo, richiede investimenti non di poco conto. In molti avranno sentito di problemi (specialmente economici) legati al mondo del doppiaggio italiano. Un problema non solo legato al mondo dei videogiochi ma anche e soprattutto a quello del cinema e delle serie televisive.
Un mondo flagellato da una serie di scelte discutibili (con cui si può essere a favore o meno) che vede spesso professionisti messi da parte per inserire influencer o artisti di tutt’altro genere (cantare non equivale a saper doppiare) in opere in cui non sempre si dimostrano all’altezza e il tutto per cercare di attirare quanta più gente possibile (mirando ovviamente ai fan dell’artista/influencer di turno). Questa strategia funziona? Economicamente parlando, forse. Qualitativamente parlando: tendenzialmente no.
Il doppiaggio italiano da dimenticare
E nel doppiaggio italiano di videogiochi (e non solo) abbiamo una lunga collection di figuracce assurde. Momento così atroci e involontariamente comici, da essere diventati dei veri e proprio cult da poter condividere ogni tanto (Youtube ne è letteralmente pieno). Tra i casi più clamorosi abbiamo The Legend of Dragoon, titolo del 1999, esclusiva Sony, un buon RPG ma dal doppiaggio italiano semplicemente e indiscutibilmente sballato e ironico. Sentirlo oggi senza ridere è particolarmente difficile.
E vogliamo parlare di Half Life 2? Un innegabile capolavoro videoludico ma dal doppiaggio italiano decisamente fuori luogo, in parte apatico (nonostante ci siano diverse giustificazioni in merito ad alcuni personaggi coinvolti) e in parte completamente sbagliato. Mancava l’impegno? Mancavano i mezzi? Una cosa è certa, doppiare un personaggio fittizio non è facile (d’altronde provate a doppiare un cartone animato senza risultare fuori sincro e riuscendo a dare carattere a quello che è, a conti fatti, un disegno). Resta il fatto che un’opera del genere meritava un doppiaggio migliore ma, a conti fatti, oggi riusciremo a giocarlo con altre voci rispetto a quelle – in gran parte orribili – dell’originale?
Di casi involontariamente ironici nel mondo del doppiaggio di videogiochi italiani (e non solo) ce ne sono tantissimi e non è difficile trovare raccolte esilaranti e in gran parte nostalgiche. Perché sì, quelle voci, seppur strane o brutte o fuori luogo, sono rimaste nei nostri ricordi come i rispettivi videogiochi. Quindi sì, il doppiaggio nei videogiochi è fondamentale e la reazione negativa nata dalla mancanza della nostra lingua in un gioco del calibro di Tiny Tina (giusto per citare uno dei più recenti ma di casi simili ce ne sono a centinaia e, purtroppo, continuano a moltiplicarsi) è tanto giusta quanto segno di un mercato che guarda sempre meno a noi (ed economicamente parlando, non ha neanche tutti i torti).
Le nostre speranze sono quelle di vedere il mondo del doppiaggio a tutto tondo più valorizzato (tanto in Italia quanto nel mondo) in quanto ricopre un ruolo essenziale, dando voce a personaggi e mondi che altrimenti sarebbero anonimi (salvo eccezioni dove il mutismo o pochi versi sono simboli identitari indimenticabili: ICO).