1971. Dopo due lunghi anni di spedizione per conto dell’Impero Britannico, il giornalista Henry Morton Stanley arriva nel villaggio di Ujiji, luogo in cui finalmente incontra il dottor David Livingstone, leggendario esploratore dell’Africa dato fino a quel momento per disperso. Le prime parole che gli rivolge sono “Dr Livingstone, I Presume“, destinate a passare alla storia come un simbolo della compostezza e della formalità tipiche dell’età vittoriana, irriducibili persino nei luoghi più selvaggi e ostili. Da questo incontro nascerà subito un solido legame, che porterà i due uomini a vivere ancora molte avventure insieme esplorando il continente africano.
“Dr Livingstone, suppongo”
Dr Livingstone, I Presume? è un puzzle game esplorativo in prima persona che fornisce un finale a questa straordinaria storia d’amicizia. Tutto inizia quando Stanley riceve una lettera da parte di David, nella quale l’amico gli chiede disperatamente aiuto senza però specificare i motivi di tale richiesta. Toccherà dunque a noi, vestendo i panni di Stanley, recarci a casa del dottor Livingstone e capire costa sta succedendo. Esplorando le stanze dell’abitazione, risolvendo enigmi e leggendo note e appunti sparsi in giro, gradualmente la verità verrà a galla.
Un uomo è la sua casa
Vulpesoft, il team di sviluppo dietro Dr Livingstone, I Presume?, ama definire il gioco come una sorta di “scappa-dalla-stanza al contrario“, dove cioè la risoluzione degli enigmi, piuttosto che portarci verso l’uscita, ci fa addentrare sempre di più all’interno della casa. Per loro stessa dichiarazione, non si tratta di una modalità narrativa poi tanto diversa da quella presente in Walking Simulator come Gone Home e What Remains of Edith Finch, dove l’esplorazione dell’ambiente circostante permette di ricostruire gli eventi accaduti in quel luogo.
Uno dei tratti più convincenti di tutta l’esperienza è proprio la casa del dottor Livingstone, l’unica ambientazione del gioco. Le stanze dell’abitazione sono tutte facilmente distinguibili tra loro, ognuna adibita ad una diversa funzione e tutte stracolme di elementi che indirettamente ci raccontano aspetti diversi della vita ricca di avventure del dottor Livingstone.
Maschere tribali sparse per tutta la casa come cimeli dei suoi lunghi viaggi in tutta l’Africa, telescopi e cartine geografiche nel suo studio come tracce evidenti della sua passione per l’esplorazione e la scoperta, mentre seghetto, bisturi e manichini anatomici nella sua clinica privata ci ricordano la sua formazione come medico. C’è persino uno stufato di carne lasciato a bollire in cucina, a rammentarci delle sue origini scozzesi.
Affidare gran parte della narrazione all’esplorazione della casa è il modo più naturale per garantire l’immersione in un contesto storico, geografico e culturale tanto distante. A questo si aggiungono poi le note e le lettere sparpagliate in giro che, sebbene trattino di argomenti sempre diversi, permettono di capire gradualmente la degenerazione dello stato di salute di David. Accedere ad una nuova stanza in Dr Livingstone, I Presume? lascia sì affascinati, per la ricchezza degli elementi che è possibile trovare al suo interno, ma anche tesi e preoccupati, per ciò che si potrebbe essere sul punto di scoprire.
Esplorando qua e là
Ogni stanza di casa Livingstone presenta principalmente due tipi di puzzle. In un primo momento si avrà a che fare con enigmi ambientali, basati sull’osservazione dell’ambiente circostante e il raccoglimento di oggetti chiave. Ricavato tutto il necessario, si passerà a un ben più canonico puzzle in 2.5D, che richiederà di compiere azioni come spostare pedine su una scacchiera, incastonare ingranaggi in modo corretto, e così via.
Un esempio perfetto di questa dinamica è il puzzle situato in cucina. Per accedervi, sarà prima necessario trovare alcune boccette di spezie nascoste nella stanza. Una volta raccolte tutte, ci si potrà cimentare in un rompicapo basato sull’equilibrio. Una volta trovata la soluzione, sarà possibile proseguire.
È nella fase esplorativa che cominciano ad affiorare i primi problemi del gioco. Distinguere gli oggetti chiave dagli elementi puramente cosmetici non è affatto semplice, specialmente quando si ha a che fare con oggetti molto piccoli, come nel caso dei granelli di pepe in cucina.
L’unico elemento che ci viene in aiuto in questo compito è il cursore, che cambia icona ogni volta che viene puntato un oggetto d’interesse. Si tratta di una soluzione che purtroppo non basta a impedire spiacevoli situazioni in cui ci si ritrova a rovistare per ore alla ricerca di un singolo oggetto mancante necessario per avanzare.
A complicare ulteriormente le cose si aggiunge il numero spropositato di cassetti che è possibile aprire. Ogni stanza ne conta almeno una ventina; talvolta celano qualcosa di necessario per la progressione del gioco, ma nella maggior parte dei casi sono semplicemente vuoti.
Se non altro, gli oggetti chiave sono sempre situati nella stessa stanza in cui si trova il rompicapo ad essi legato, escludendo così dalla ricerca compulsiva le stanze della casa precedentemente visitate. Anche i punti in cui è necessario accedere al proprio inventario per utilizzare gli oggetti sono resi piuttosto evidenti, evitando così situazioni in cui si clicca ovunque sullo schermo pur di capire come proseguire.
Filo rosso, dove sei?
I rompicapo in 2.5D sono sicuramente l’elemento più convenzionale di Dr Livingstone, I Presume?, e attingono da un vasto repertorio di classici, dai puzzle in cui viene richiesto di ricomporre una figura facendo scorrere dei tasselli a quelli in cui bisogna far passare un fluido attraverso una serie di tubature.
Molto efficace è la loro disposizione, sempre tematicamente coerente con il luogo in cui sono situati. Se si dovrà ricostruire una cartina raffigurante i fiumi della zona, sicuramente ci si troverà nello studio personale del dottor Livingstone, mentre se si avrà davanti un modellino anatomico raffigurante le diverse sezioni del cervello umano, saremo senza dubbio nella sua clinica privata.
Attenzione però, perché diversità e unicità possono essere una lama a doppio taglio. Se da un lato puzzle sempre nuovi e coerenti con l’ambientazione favoriscono una maggiore immersione nel mondo di gioco, dall’altro finiscono col rendere molto meno scorrevole e intuitivo il passaggio da un rompicapo all’altro. Viene così a mancare un filo conduttore, una “regola generale” che accomuna i vari enigmi e crea nel giocatore quel senso di crescita e padronanza tipico del genere.
È vero che la difficoltà dei singoli puzzle tendenzialmente aumenta man mano che ci si addentra all’interno della casa del dottor Livingstone, ma, indipendentemente da ciò, ogni enigma costituisce una sfida a sé, con regole e sistemi che non solo tendono a disorientare in quanto inediti, ma che vengono accantonati per sempre una volta trovata la soluzione.
Quando un puzzle game non “prepara” a dovere i suoi giocatori, si va incontro al rischio si incappare prima o poi in un enigma apparentemente irrisolvibile, ma che in realtà è stato solo introdotto troppo frettolosamente. Nello specifico, uno dei puzzle del gioco richiede di far ruotare i denti di una chiave per farla combaciare con le fessure di una serratura. Se si prova a riprodurle fedelmente però, non si giunge alla soluzione, che prevede invece di disporle specularmente a quanto si vede. Giungere a tale conclusione è possibile solo facendo riferimento ad una conoscenza pregressa che si ha dal mondo reale, e che non è in nessun modo suggerita all’interno del gioco, nemmeno nel generoso hint system.
I rompicapo sono generalmente ben congeniati, presentano un livello di sfida equilibrato e donano una certa dose di soddisfazione una volta portati a termine. A minarne la qualità è però il feedback visivo che viene fornito al giocatore. Molto spesso infatti, pur avendo afferrato la soluzione, quanto si vede su schermo non restituisce un’idea di “correttezza” adeguata, depistando così i giocatori, che finiranno per tentare a vuoto altre combinazioni.
Altre volte ancora i puzzle finiscono col richiedere più passaggi del necessario, rendendo la loro risoluzione inutilmente tediosa. Spostarsi da un punto A ad un punto B, avanti e indietro per ben sei volte, solo per premere correttamente una serie di pulsanti non mette alla prova nessuna capacità logica, ed è anzi assolutamente seccante, specialmente se si considera che, in caso di errore, toccherà ripetere l’intera sequenza.
Tramonti, musica ambient e Quality of Life
A convincere pienamente è invece il comparto tecnico che, pur facendo utilizzo di texture piuttosto modeste, riesce ad ottenere risultati eccellenti grazie ad una direzione artistica particolarmente ispirata. Ogni texture è colorata a mano, e conferisce all’estetica del gioco una certa artigianalità, dando come l’impressione di trovarsi in un dipinto. I colori caldi, tendenti all’arancio nella prima parte del gioco, e poi quelli freddi, al calar della notte nella seconda, evocano perfettamente sensazioni ben precise. Se all’inizio esoticità, mistero e curiosità la faranno da padrone, successivamente a predominare saranno timore, inquietudine e paura per l’ignoto.
La colonna sonora è composta da una traccia diversa per ogni stanza. Si tratta perlopiù di composizioni ambient, che fanno utilizzo di strumenti tradizionali africani e contribuiscono enormemente all’immersione nell’atmosfera del gioco. Anche dopo ore bloccati sui puzzle più ostici, difficilmente verranno a noia, fornendo sempre un ottimo contrasto allo stress di alcuni rompicapo.
Il gioco è in buona parte doppiato, caratteristica che aiuta a definire al meglio le personalità di Stanley e del dottor Livingstone. Non sono invece doppiati i testi degli appunti e delle lettere, ai quali comunque, una volta finiti di leggere, Stanley aggiunge sempre un commento personale.
Una nota di merito va all’implementazione della possibilità di leggere le note in un font più comprensibile rispetto al corsivo, scelta predefinita nel gioco per restituire l’idea di scrittura a mano.
Il gioco presenta alcuni bug di entità lieve ma, considerata la tempestività con cui il team di sviluppo provvede a risolverli, non è il caso di approfondirli ulteriormente.
Diamante grezzo
Dr Livingstone, I Presume? è innanzitutto frutto della dedizione di Vulpesoft. Ogni elemento nel gioco è stato curato fin nel minimo dettaglio affinché trasmettesse, direttamente o indirettamente, un’idea precisa del contesto in cui si svolge questa storia. A discapito di molti altri giochi di questo genere che tendono ad assomigliarsi eccessivamente fra loro, Dr Livingstone, I Presume? è dotato di un’identità forte e ben definita, che rappresenta senza dubbio il punto forte di tutta la produzione.
Da un punto di vista puramente meccanico, Dr Livingstone, I Presume? presenta qualche svista di troppo, che finisce col pesare sullo scorrere di tutta l’esperienza, sebbene in nessun caso si abbia a che fare con veri e propri problemi che “rompono” il gioco.
Dr Livingstone, I Presume? è attualmente disponibile su Steam.