Dread Hunger rappresenta una sorta di esperimento mentale. Cosa succederebbe se alle meccaniche di Among Us unissimo gli aspetti gestionali e il crafting di un survival horror? La risposta è più deludente di quanto ci si possa aspettare.
La Cosa di John Carpenter nel 1845
Non molti sanno che La Cosa, film del 1982, è basata su un breve racconto del 1938 intitolato Who goes there. Le forze in gioco sono un gruppo di esploratori, una creatura soprannaturale di origine ignota, il freddo e la paranoia.
La cosa interessante da notare è che i due racconti sono virtualmente identici: il periodo storico e la tecnologia influiscono minimamente sul tema centrale dell’isolamento. Quindi perché non provare a impostare la stessa storia ancora più indietro nel tempo, quando i mezzi di comunicazione erano più arretrati?
Dread Hunger è ambientato, non a caso, nel 1845. In quell’anno una spedizione britannica, capitanata da sir John Franklin, partì per aprire il passaggio a Nord-Ovest e non fece più ritorno. Il giocatore non vestirà i panni di Franklin ma ricoprirà un ruolo simile, il suo battello potrebbe essere uno di quelli perduti nello stesso anno.
L’estetica di Dread Hunger
La grafica di Dread Hunger tende al realismo. Ciascun personaggio ha un modello ben definito, con tratti somatici unici e abiti storicamente accurati. Un dettaglio molto apprezzato è la texture applicata sulle mani: ci sono screpolature e ferite causate dal freddo bene in vista mentre si gioca.
Gli interni della nave sono strutturati con criterio e ciascun membro dell’equipaggio avrà a disposizione la propria zona da gestire. Ad esempio, la caldaia è situata a poppa in prossimità del motore ed è compito dell’ingegnere mantenere il livello di carburante costante. Il capitano dispone di un alloggio personale ha un bonus passivo per il controllo del timone e così via.
Il comparto audio è altrettanto limato. Dai passi su superfici differenti, alla piccozza sul ghiaccio, al crepitio della caldaia, fino all’infausto effetto sonoro dei totem, ogni suono è stato curato nei minimi dettagli in base a quanto è vicina la sua fonte.
Ciò permette al giocatore una maggiore consapevolezza dello spazio: si può distruggere un totem quando si sente, si possono avvertire i passi degli altri giocatori e si possono sentire gli altri giocatori in chat solamente se vicini a sufficienza.
Tutti questi elementi sono perfetti se presi in isolamento. Sfortunatamente la somma delle parti è inferiore all’intero in questo caso. Come se ogni aspetto del gioco fosse stato sviluppato indipendentemente, il tutto stona.
Tanto per cominciare gli aspetti più immersivi della grafica sono rovinati da un’interfaccia troppo invasiva. Nell’immagine qui sopra si possono notare le grinze sui guanti e le assi di legno rovinate, ma che senso hanno se per interagire con una stufa c’è bisogno di una scatola nera?
Ogni pezzo di combustibile ha un’energia potenziale, ma si può vedere soltanto se ci si passa sopra con il cursore. Una versione migliore potrebbe avere icone differenti per diversi potenziali oppure cambiare lo sfondo dell’oggetto nel toolkit.
I suoni ambientali sono affogati dalla chat vocale. Quando un giocatore parla tutti gli altri suoni spariscono completamente. Certo, si può modificare il volume della chat dalle opzioni, ma non dovrebbe essere compito del giocatore aggiustare un aspetto così fondamentale del gioco.
Il gameplay
Come accennato in precedenza, Dread Hunger è una versione di Among Us sotto steroidi. Il numero dei membri varia da 4 a 8 giocatori, di cui 1-2 sono infiltrati. Il loro compito è portare a termine la spedizione (organizzata dal proprietario della lobby) distruggendo iceberg con la nitroglicerina e usando fonti di combustibile trovate nella mappa per alimentare la caldaia.
Il compito dei sabotatori invece è impedire che questo accada, distruggendo scorte di nitroglicerina, evocando tempeste di neve e zombie, oppure semplicemente uccidendo gli altri membri in luoghi isolati. Ci sono diverse strategie attuabili, come memorizzare le mappe per tendere imboscate o piazzare trappole esplosive nei punti più trafficati.
Il pericolo più insidioso però non sono gli intrusi. Tutti i giocatori dovranno prestare attenzione ai tre indicatori di freddo, fame e salute nell’angolo in basso a sinistra dello schermo. Se uno dei primi due cala a 0, la salute si abbasserà gradualmente. Per quanto i sabotatori siano esperti nelle arti occulte, restano pur sempre vulnerabili a freddo e fame.
Da ciò derivano le decisioni più difficili del gioco. Il combustibile può essere usato sia per la caldaia che per il fornello. È meglio patire la fame per avanzare o viceversa? Meglio consumare il legno per produrre armi o utensili?Quando le provviste scarseggiano è meglio darsi alla carne umana o sperare che arrivino altre fonti di cibo?
Differenze con Among Us
La prima differenza tra Dread Hunger e Among Us è che i sabotatori possono effettivamente collaborare con gli altri anziché fingere, cosa che rende più semplice raggirare gli altri giocatori per ottenere la loro fiducia. La seconda differenza è che ogni giocatore ha una propria “specializzazione”: ogni personaggio selezionabile è unico per ciascuna lobby e ha bonus passivi che lo rendono più efficiente nel proprio mestiere.
La terza differenza, stavolta in negativo, è la totale assenza di una chat scritta, né aperta né semi-strutturata. Non ci sarebbe bisogno di menzionare questo aspetto, se non fosse che i giocatori sono costretti ad avere un microfono decente per l’esperienza intesa di gioco. Il problema più grosso da questo punto di vista è l’impossibilità di trovare una lobby non cinese.
Al momento della stesura di questa recensione, il 100% delle lobby funzionanti è localizzato interamente nel Sud-Est asiatico. Qualche giocatore penserà di poter parlare anche il coreano o giapponese. Ebbene persino nelle lobby in cui la lingua dichiarata è diversa ci sono esclusivamente giocatori cinesi.
Non fraintendere. Non è certo colpa degli sviluppatori se il loro gioco sta spopolando in Cina. Tuttavia se pensi di poterci giocare in compagnia, sarà bene convincere altri 3-7 conoscenti a comprarlo. Essendo fondamentalmente un gioco cooperativo, sarebbe stato meglio sviluppare prima una open beta per avere un’utenza di base su ciascun server.
I temi
I temi di Dread Hunger sono riconducibili alle opere citate sopra. Sebbene non sia spiegato esplicitamente nel gioco come funziona il soprannaturale, o come mai ci siano individui che remano contro, questo senso di ambiguità si ritrova nell’alieno di Who goes there.
La comunicazione tra i giocatori è sempre adombrata dalla paranoia che vige su di essi. Dopo tutto, ci sono 2 pericolosi intrusi a piede libero. Oppure, se il gioco di ruolo non dovesse essere il tuo forte puoi sempre fare un montaggio di momenti divertenti da mettere su Youtube.
Naturalmente si può trovare il brivido della scoperta. Nelle premesse di tutte e tre le storie gli esseri umani si trovano letteralmente ai confini del mondo per mapparlo o cercare di comprendere più a fondo la natura. Sfortunatamente da questo punto di vista lo scontro con il gameplay è inevitabile.
A meno di avere mappe generate casualmente, dopo poche sessioni di gioco si capisce ad istinto quale sia il percorso migliore, fatta eccezione per il posizionamento di totem e risorse ridistribuite in ogni sessione. Non è necessariamente un difetto ma le mappe sono 3, e il replay value ne risente.
C’è infine un morboso fascino per gli ambienti freddi e inospitali dei circoli polari. Una sensazione atavica che va al di là del puro interesse scientifico. Forse dipende dalla conquista, forse dal desiderio di scoperta. Quale che sia la ragione, dominare gli elementi ci fornisce sempre un senso di sicurezza, il più delle volte immeritata. Il freddo non discrimina. Il freddo non ha un verso morale. Il freddo non perdona.
In conclusione, sulla punta dell’iceberg c’è veramente un buon gioco che può tenere impegnati gli appassionati del genere per diverse ore. Sotto la superficie dell’acqua però c’è un corpo sommerso di problemi, perlopiù tecnici, difficili da ignorare.