L’inquietudine, in un’esperienza artistica e di intrattenimento, può essere generata in innumerevoli modi: Dreamcore è un titolo che si pone come obbiettivo lo sviluppare queste sensazioni tutt’altro che tranquillizzanti senza fare uso del tramite più “comodo” dei jumpscare o delle presenza mostruose. Sviluppato da Montraluz ed edito da Tlön Industries, il gioco cerca di instillare in noi il seme dell’inquietudine in una maniera alternativa, ma decisamente efficace.
Definiamo questo gioco una vera e propria esperienza sotto numerosi punti di vista: la domanda che ci possiamo fare, per essere più concisi, è se questo tipo di esperienza riesce veramente a donarci quelle sensazioni che, visionata in fase di acquisto la targhetta dell'”horror”, si vanno ricercando. La nostra recensione si basa sulla versione di gioco per PlayStation 5.
Un viaggio nel mondo dei “liminal spaces”
All’interno di Dreamcore, il nostro compito sarà quello di esplorare degli scenari resi inquietanti dal loro essere… completamente vuoti. Ci ritroviamo infatti in quelli che su internet sono noti come “liminal spaces”, ossia luoghi solitamente affollati e pieni di vita (pensiamo a una piscina, i corridoi di una scuola) che, senza che ne venga spiegato il motivo, risultano invece completamente svuotati di vita.
Questo ossimoro genera nell’osservatore una curiosa inquietudine che gli sviluppatori sono riusciti ad approfondire aggiungendo alle già inquietanti atmosfere uno stile visivo “rumoroso” e una visuale in prima persona che ci sentiamo di definire “occludente e ansiogena”, resa possibile dalla sensibilità alta dei nostri movimenti.
All’interno di ogni livello del gioco (non sono ancora molti, anzi, ma gli sviluppatori hanno annunciato una serie di nuovi aggiornamenti completamente gratuiti per i possessori dell’avventura) dovremo sostanzialmente fare due cose: l’obbiettivo principale sarà trovare l’ascensore che ci condurrà verso l’uscita, gli obbiettivi “missabili”, che però consigliamo di non tralasciare, richiedono una buona fetta di curiosità.
Esplorando l’ambiente che ci circonda scopriremo infatti alcune bizzarrie nascoste in esso: non solo queste saranno collegate a dei trofei che, nella versione PlayStation ovviamente, saranno essenziali per l’ottenimento dell’agognato Platino, ma permetteranno al giocatore di respirare appieno l’atmosfera tipica dei liminal space, che è sì inquietante e innaturale, ma anche fortemente lisergica.
La placida inquietudine di Dreamcore
Come dicevamo in apertura di articolo, il modo in cui il titolo cerca di stabilire in noi un costante senso di irrequieta inquietudine è semplicemente sorprendente, nella sua semplicità. Il modo in cui tutto intorno a noi (e con noi) viene costruito, trasforma una semplice camminata (perché, in sostanza, il gameplay di Dramcore è esattamente questo) in un’esperienza immersiva e capace di aumentare il battito cardiaco in una maniera davvero stimolante.
Le ombre, le prospettive, le nostre limitate possibilità fisiche e logiche di osservazione dell’ambiente circostante: tutti questi elementi contribuiscono a rendere Dreamcore un tuffo in un sogno lucido strano, ma decisamente più simile ad un incubo.
Un progetto in prospettiva
Decidere adesso una valutazione per Dreamcore non è cosa facile: il titolo, in sostanza, è un hub di esperienze di walking-simulator decisamente inquietanti che tenderà ad un supporto costante tramite aggiornamenti che ne andranno ad ampliare lo spettro.
Artisticamente basilare ma accattivante (sia graficamente sia nelle scelte della soundtrack) nel suo minimale realismo, ispirato fortemente all’immaginario nato direttamente in rete dei liminal spaces, solo il tempo saprà dirci se gli sviluppatori di Dreamcore saranno riusciti nell’intento di sfruttare fino in fondo le possibilità che le atmosfere prese d’ispirazione sono capaci di offrire.
Basandoci su quegli elementi attualmente a nostra disposizione, non possiamo che valutare il titolo come un progetto originale, con grande potenziale di crescita e con un elemento cardine che tende a mancare in molti progetti di piccole dimensioni: un preciso scopo non solo sul piano contenutistico, ma anche su quello di creazione di emozioni e sensazioni.