Dreamscaper è un gioco che ha raggiunto i nostri scaffali da tempo, appassionando gli amanti di roguelike e coloro che apprezzano un narrative design ben fatto, che possa unire la storia al gameplay in modo intelligente. Solitamente, infatti, gli sviluppatori di roguelike non danno troppo peso alla trama, che rischia quasi di rallentare il loop di morti e rinascite tipico del genere.
Nel caso di Dreamscaper, invece, il team di sviluppo ha unito in modo intelligente la narrazione con la struttura tipica del genere, raccontandoci una storia grazie a diverse metafore e a un’estetica low poly riuscitissima, in grado di creare un’atmosfera quasi noir, fatta di contrasti luci-ombra e di malinconia.
Ora, tutto questo arriva anche su Nintendo Switch, dove la natura portatile della console permette di godere ancora meglio del tipico gameplay da roguelite. Vediamo se vale la pena recuperare Dreamscaper anche qui.
Una storia di ascesa
La storia di Dreamscaper ci mette nei panni di Cassady, una giovane donna che soffre di depressione. Fin da subito, infatti, il gioco ci mostra una persona triste, che vive in una stanza disordinata. Proprio alla fine del primo sogno, poi, la protagonista viene trascinata giù da una mano che esce dal terreno che, in modo abbastanza evidente, rappresenta la depressione e i suoi effetti.
Fin dall’inizio, quindi, il titolo ci mostra il suo particolare stile narrativo, fatto di metafore e di un’attenta direzione artistica. Sono piccoli dettagli come la stanza in disordine, le luci degli scenari o l’ambiente dove si affrontano i boss a dirci qualcosa in più su Cassady, sulla sua storia e sulle sue paure.
A questo, poi, si aggiungono anche i menù e gli elementi di gameplay che, a loro volta, contribuiscono a dirci qualcosa in più sulla depressione di Cassady e sul suo percorso. Il loop stesso su cui si fonda il gameplay – quindi l’alternanza di fasi notturne e diurne – è una grande metafora del miglioramento personale e della crescita di una persona che prova a uscire dalla propria depressione.
Infine, Dreamscaper narra la sua storia anche attraverso i dialoghi con i vari personaggi. Andando avanti nel gioco, Cassady avrà il coraggio di parlare con le varie persone presenti nella cittadina e poco alla volta si aprirà con loro, dando modo al giocatore di ricostruire la sua backstory e i suoi sentimenti.
Questi dialoghi sono ben scritti nelle prime battute di gioco ma, a lungo andare, tendono a diventare meno interessanti e limitati a livello ludico. Non ci sono infatti opzioni di scelta multipla o argomenti da approfondire, ma delle lineari linee di testo. Data la grande importanza data alla fase diurna, sarebbe stato utile vedere qualcosa in più.
Tra sogni e realtà
Il gameplay di Dreamscaper prende il classico loop tipico dei roguelike e ci aggiunge un comparto narrativo in modo intelligente, rendendo la metaprogressione tra le varie partite una parte integrante della narrazione e dell’atmosfera del gioco. Il titolo è infatti diviso in due fasi ben distinte, quella notturna e quella diurna. Proprio questo rende il gioco così unico e particolare.
La fase notturna si svolge totalmente nella mente di Cassady e, di fatto, è un sogno. Questa ha un gameplay hack n’ Slash con forti elementi roguelike, dove dovremo esplorare vari dungeon generati proceduralmente a ogni partita. Si inizia ogni volta con equipaggiamento casuale, in stanze casuali e con potenziamenti sempre diversi. Quando si muore, si ricomincia dal primo livello, indipendentemente dal punto in cui siamo arrivati.
Questa fase di gioco costituisce l’esperienza dungeon crawler vera e propria, dove troviamo un ottimo gameplay action. Cassidy potrà infatti eseguire in maniera molto fluida diverse azioni, che possono essere combinate senza limiti. E’ possibile schivare, parare, utilizzare attacchi a distanza, lanciare due magie e persino rallentare il tempo dopo il riempimento di una barra.
Si aggiungono poi gli attacchi con l’arma principale, che hanno un moveset diverso per ogni arma trovata nel gioco. Questi possono essere eseguiti in modo “perfetto” premendo i tasti nel momento esatto in cui un lampo bianco illumina Cassady. Imparare la velocità delle animazioni di ogni arma, quindi, può fare la differenza tra una combo efficace e una meno potente.
Tutte queste azioni, poi, sono modificabili dall’equipaggiamento trovato nelle varie partite: gli attacchi a distanza possono essere palle di neve o fuochi d’artificio, la schivata può essere una rotolata o un foot work da pugile, e allo stesso modo tutte le altre azioni possono cambiare in modo consistente. Ci sono davvero tanti oggetti e di conseguenza ogni partita è diversa dalla precedente, grazie alla combinazione sempre nuova di tutti gli oggetti disponibili.
Una partita durerà fino alla morte della protagonista. Questo vuol dire che gli oggetti trovati verranno portati di piano in piano, rendendo Cassady progressivamente più potente. Al contrario, la morte ci porta a ricominciare senza potenziamenti dal primo piano, che però sarà generato casualmente. Come sempre, quindi, la morte permanente viene bilanciata dalla generazione casuale e dalla grande varietà offerta dall’equipaggiamento.
Purtroppo, però, lo stesso non si può dire dei dungeon e dei nemici. In entrambi i casi abbiamo infatti una mancanza di varietà, che alla lunga rischia di diventare ripetitiva. I dungeon, soprattutto, tendono ad avere poche stanze che si ripetono di partita in partita e la generazione procedurale riguarda soprattutto gli oggetti, la disposizione e i nemici incontrati.
Questi ultimi sono forse l’altro punto dolente della parte notturna. Da un lato per la mancanza di quantità, dato che sono di pochi tipi, e dall’altro lato perché, proseguendo nei vari livelli del dungeon, tendono a diventare delle vere e proprie “spugne”. In alcuni casi, persino trovando un’arma con un alto DPS o utilizzando delle buone magie, sono necessari parecchi colpi per buttare giù un nemico comune.
Se ti piace un dungeon crawler che punta tutto sull’azione, allora apprezzerai questa parte di Dreamscaper. Se però cerchi dungeon più “vivi” (come per esempio quelli di Unexplored o di City of Brass) potresti restare deluso. C’è da dire, però, che il gioco offre molto di più, grazie a una parte diurna.
Svegliarsi da un brutto sogno
Morendo o sconfiggendo un boss, Cassady si risveglierà nella sua camera da letto, dando il via a un gameplay completamente diverso. Di giorno, la visuale passa a una telecamera fissa e i movimenti si fanno più lenti e realistici. Nel mondo reale, abbiamo modo di esplorare i vari luoghi che compongono la cittadina, parlando con i personaggi e potenziandoci per i sogni successivi.
Inizialmente la protagonista non avrà il coraggio di parlare con le persone incontrate e le opzioni di interazione saranno praticamente nulle. Proseguendo nei sogni e affrontando i suoi demoni, però, la giovane donna inizierà ad aprirsi con gli abitanti della città e, di conseguenza, riceverà dei veri e propri potenziamenti che le torneranno utili durante gli scontri.
Allo stesso modo, meditando al parco è possibile aumentare le proprie statistiche, in modo da essere più potenti nel corso dei sogni successivi. E’ interessante notare che questo loop di gameplay richiama ancora una volta il miglioramento personale e lo scontro interiore per uscire dalla depressione: il fatto che i personaggi aiutino Cassady ad affrontare le sue paure (letteralmente, dando potenziamenti) e i nomi delle statistiche (come, Lavorare su me stessa o Affrontare i miei demoni) creano un’atmosfera unica, in grado di staccare in modo evidente Dreamscaper dai congeneri.
Le attività diurne però non si fermano qui. La possibilità di parlare con i personaggi infatti è accompagnata dal alcune elementari meccaniche di affinità, che permettono di migliorare il rapporto con loro regalando degli oggetti. Nel farlo, si sbloccheranno nuovi dialoghi, che poi porteranno ad avere nuovi potenziamenti da utilizzare nei sogni. Questi, per fortuna, dovranno essere trovati casualmente, quindi la metaprogressione non sostituirà l’abilità del giocatore.
Una bella idea, che però pecca di eccessiva semplicità. Di fatto, le interazioni si riducono a dei dialoghi lineari e al semplice regalo, senza scelte multiple od opzioni che possano dare un minimo di profondità aggiuntiva.
Dreamscaper, quindi, crea un loop dove giorno e notte si influenzano vicendevolmente, dato che le risorse trovate nei sogni possono poi essere utilizzare per meditare – aumentando le statistiche – e per creare oggetti da regalare agli abitanti della città – sbloccando nuovo equipaggiamento da trovare -. Infine, ci sono una serie di attività, come i disegni e i sogni a occhi aperti che, a loro volta, si inseriscono in quest’ottica di miglioramento costante.
Se narrativamente questa diventa una metafora riuscitissima, a livello ludico la parte diurna pecca di un’eccessiva mancanza di profondità. In particolare, i dialoghi con i personaggi sono troppo limitati e il sistema di affinità poteva essere sviluppato meglio. In ogni caso, le meccaniche generali creano un prodotto complesso e divertente, soprattutto per gli appassionati che cercano qualcosa di nuovo.
Luci e ombre del comparto tecnico
Arriviamo ora al punto cardine della versione Nintendo Switch. Com’è il comparto tecnico sulla famosa ibrida? La risposta breve è: davvero ottimo. Dreamscaper riesce e riproporre tutto il suo fascino anche sul piccolo schermo, grazie a una grafica low poly che ben sia adatta all’hardware di Switch.
Il gioco presenta scenari sempre belli da vedere, grazie a dei contrasti di luce-ombra sfruttati in modo intelligente. Nonostante lo stile low poly, ogni ambientazione risulta sempre sufficientemente dettagliata e decorata e non si ha mai la sensazione di trovarsi davanti ad ambienti vuoti o spogli. Anche durante i momenti più concitati della parte notturna, poi, gli FPS sono sempre stabili, a parte alcuni rarissimi casi in cui si combinano insieme troppi effetti su schermo.
Il comparto artistico è invece eccellente. Dreamscaper vanta un’atmosfera ricca di fascino, in grado di narrare grazie ai piccoli dettagli sparsi nei vari spazi. Ogni scenario sembra quasi un quadro tridimensionale, composto da fasci di luce, riflessi, palette di colori specifiche ed elementi posizionati in modo oculato.
La stessa stanza di Cassady, per esempio, sarà progressivamente più ordinata con il passare del tempo, comunicando chiaramente il suo stato emotivo. Allo stesso modo, la palette di colori del parco è luminosa e accogliente; mentre i sogni sono tetri e caratterizzati da colori e dettagli surreali, che contribuiscono a creare l’atmosfera onirica.
Infine, il comparto sonoro si conferma eccellente, grazie a musiche sempre adatte alle varie occasioni, agli ambienti di gioco o semplicemente all’atmosfera di tranquilla malinconia che accompagna la storia.