Empire of Sin. Impero del peccato: di sicuro non potevano scegliere un nome più corretto per questo gioco.
Ci ritroviamo nell’epopea del Proibizionismo, quell’ epoca storica, ampiamente trattata da cinema e televisione, che va dal 1920 al 1933 in cui negli Stati Uniti d’America, con il Volstead Act, la fabbricazione, vendita, importazione e trasporto di alcool divennero illegali. Questa legge, che per noi che viviamo in Italia, in cui il consumo (moderato) di alcol ha da secoli una connotazione alta e culturale (si pensi alle fortune dell’enoturismo nel nostro paese) può sembrare un’assurdità, non lo era in quegli anni in America, in cui il dibattito in merito era molto acceso, ed alla fine il governo dovette cedere su forte pressione delle cosiddette Società per la Sobrietà, gruppi religiosi e politici, come l’ American Temperance Society, che si ergevano a moralizzatori di una società che stava perdendo i valori cristiani.
Il “nobile esperimento“, così denominato dagli ambienti più favorevoli alla riforma, non ebbe gli effetti sperati, con i consumatori che furono costretti, per soddisfare i propri desideri e bisogni, a rivolgersi al mercato nero. Si creò una vera e propria economia sommersa, fatta di speakeasy (i locali in cui si serviva alcol illegalmente), bordelli, bische e distillerie improvvisate, estremamente redditizia, in cui si muovevano quelli che poi sarebbero diventati i nuovi esponenti di un nuovo e feroce sogno americano : ricchi, famosi e potenti gangster. Considerando che la stragrande maggioranza di loro erano immigrati o figli di immigrati, nati poverissimi ed ai margini della società, il crimine e soprattutto le infinite possibilità che apriva una legge repressiva come questa applicata ad una società invece voluttuosa e benestante, rappresentarono per loro forse l’unico ascensore sociale disponibile. Di sicuro il più immediato.
Naturalmente, l’improvvisa ascesa di clan criminali senza scrupolo, con tanti soldi e poche buone maniere, si rivelò un incubo per la sicurezza e l’ordine pubblico: le strade delle grandi città, in particolare New York e Chicago, furono teatro di sanguinose guerre tra bande che terrorizzarono gli abitanti e preoccuparono non poco il governo federale.
Empire of Sin: nei panni di un gangster alla conquista di Chicago
Il gioco che abbiamo avuto il piacere di recensire parte da qui. Senza troppi indugi ci viene chiesto di scegliere il personaggio che vogliamo controllare. Ci sono ben 14 nomi, appartenenti a gangster realmente esistiti, il che aumenta enormemente il realismo e la sensazione di calarsi per davvero nelle atmosfere noir degli anni ’20. C’è persino la bisnonna di John Romero, lo sviluppatore dietro questo videogame, Elvira Duarte, che fu una protagonista, a sua modo, di questa epopea criminale.
Personalmente ho optato per Alphonse Gabriel “Al” Capone, alla guida del clan Chicago Outfit, sicuramente il boss più famigerato, nonché protagonista di innumerevoli biografie. Un marchio indelebile nella storia americana. Subito dopo aver scelto con quale personaggio cominciare l’avventura, ci ritroveremo all’interno di un taxi, diretti a Little Italy, per iniziare la nostra scalata all’interno del sottobosco criminale che anima la città. A questo punto potremo giocare una breve introduzione, che funge da tutorial a tutti gli effetti, nel quale combatteremo una piccola guerra con un clan rivale. Alla tua prima partita ti consiglio caldamente di non saltare questa parte, perché ti saranno introdotti, con una buona curva di apprendimento, i vari elementi gestionali da tenere in considerazione per avere il tuo clan prospero e pronto all’azione, e gli aspetti tattici dei conflitti a fuoco, il nerbo di Empire of Sin.
Una volta abbattuto il clan rivale, ci ritroveremo tra le mani un piccolo impero criminale, con totale libertà su come farlo crescere, fino a diventare i padroni di Chicago. Con uno speakeasy, una distilleria ed un quartier generale, gli introiti generati saranno irrisori, per cui il suggerimento è quello di utilizzare il piccolo budget iniziale per fortificare la nostra batteria di fuoco, costituita dal nostro boss principale e da due scagnozzi reclutati nel tutorial, per dare l’assalto subito alle attività criminali del vicinato. Oltre a quelle appartenenti ai clan rivali, che faranno scoppiare una guerra se attaccate, ci sono anche quelle autogestite, ugualmente difese ma che, una volta sconfitte le guardie al loro interno, saranno nostre senza troppi grattacapi. Consiglio quindi di iniziare da loro. Vinta la battaglia potremo scegliere tra: avviare una attività criminale, a scelta tra speakeasy, bordelli, casinò, hotel, distillerie, rifugi sicuri, razziare il locale (per un maggior introito immediato di contanti), o distruggerlo, così da impedire ad altri di rientrarci in possesso, utile nel caso ritenessimo che l’edificio sia scarsamente difendibile, perché magari lontano dai nostri centri di potere abituali. Insomma questo Empire of Sin garantisce una libertà assoluta, come è proprio in questo genere di giochi. Occhio però a fare troppo rumore: potresti allertare la polizia!
Chiedere educatamente con una pistola in mano è meglio che chiedere solo educatamente
In Empire of Sin non c’è una vera e propria trama da seguire: la trama la creeremo noi, con accordi, scontri, e relazioni spericolate. Ogni boss ha anche le proprie trame personali, dipanate su una serie di missioni, che appariranno man mano che avanzeremo nel gioco. Ad esempio, Elvira ha bisogno di salvare ripetutamente i suoi figli e affrontare le tensioni tra di loro mentre Al Capone deve sistemare le cose con il suo ex datore di lavoro Frankie Yale. Il completamento di queste missioni può fornire grandi ricompense sotto forma di denaro, migliorare le statistiche del tuo capo e offrire l’opportunità di conquistare nuovi locali clandestini. Ti rimane anche una varietà di scelta durante le riunioni di riappacificazione, chiamati sit down, tra negoziare un accordo o terminare la seduta con un rocambolesco scontro a fuoco.
Le battaglie sono molto divertenti e presentano un discreto livello di sfida. L’intelligenza artificiale dei nostri nemici non è sempre al passo, anzi a volte commette errori abbastanza grossolani anche a difficoltà elevate (cinque livelli, che influiscono sui danni inferti e subiti, sulle risorse iniziali e quanto i clienti spenderanno nelle attività controllate da te), ma nel complesso verosimile. Ricordiamoci infatti che i criminali, specie quelli di basso rango come potevano essere dei teppisti di strada a guardia di una distilleria alla periferia di una Chicago degli anni 20′, non erano certo dei soldati addestrati e ligi al dovere.
Ci sono vari parametri da considerare, come le coperture, le angolazione dei proiettili, il tipo di arma utilizzata, probabilità di colpo critico e abilità speciali (sbloccabili nel tempo). La crescita dei personaggi della nostra banda, così come i loro arsenali, è molto importante per assicurarsi di non ritrovarsi in difficoltà durante le fasi più concitate degli scontri. Parametri più elevati nelle caratteristiche, ci consentiranno di colpire prima, meglio e causando un danno maggiore, così come essere più veloci, a volte, può farci scappare da una situazione spiacevole. Le armi, razziate al nemico o comprate al mercato nero, rivestono una importanza massima, in quanto costituiscono la maggiore leva per aumentare, di molto, il danno potenziale. Non andare mai incontro ad una boss fight senza controllare, ed eventualmente rinnovare, il tuo parco armi.
Empire of Sin: un gioco che abbraccia più generi
Su Empire of Sin si è detto spesso che ricorda un X-COM in salsa anni ’20. Il paragone può essere azzeccato, soprattutto se guardiamo alla parte degli scontri a fuoco, ovviamente facendo i dovuti distingui per le armi utilizzate. Ovviamente potremo accostarlo a qualsiasi altro videogame del genere tactical, ed avremo lo stesso risultato. In questo gioco però c’è tanto altro. Forse in uno stato embrionale ma c’è. Prendiamo per esempio la gestione del proprio impero che a tratti ricorda più Civilization, con fazioni che hanno bonus caratteristici e leader caratterizzati da un atteggiamento macchiettistico e caricaturale, fin troppo evidente nelle animazioni durante gli incontri faccia a faccia, utili ai fini della gestione della rete dei rapporti con gli altri clan in lotta per il dominio di Chicago.
Proprio la diplomazia, sebbene sia presente e per certi versi funzioni, appare una funzione non indispensabile ai fini della vittoria finale, ma soprattutto monca. L’impressione è quella che gli sviluppatori si siano riservati del tempo per fare delle migliorie in questo senso nei prossimi aggiornamenti o dlc, cosa a cui tra l’altro i giochi a marchio Paradox ci hanno abituato e non è per forza un cosa negativa, se fatta con criterio. Potremo commerciare armi ed alcol, negoziare accordi di protezione (una sorta di patto difensivo), avere un rapporto amichevole che ci garantirà il bonus dell’altra fazione. La polizia di Chicago non è esclusa dal circo diplomatico, anche se entrare in affari con essa è ben più complicato.
Come ci si può aspettare da un gioco sul proibizionismo, il bene più prezioso in Empire of Sin è appunto l’alcol, in varie forme. Dovremmo assicurarci di non restare mai a secco, così da poter rifornire i nostri locali clandestini ed da ottenere entrate sicure da reinvestire per la nostra espansione. Lo diciamo subito, non sarà uno scherzo. Si avrà sempre l’impressione di non avere mai abbastanza soldi, il che ci può anche stare. Non potremo potenziare sempre tutto indiscriminatamente: dovremo scegliere bene, per evitare di finire in bancarotta. La clientela schizofrenica ci mette del suo, mutando spesso, e a volte in maniera totalmente nonsense, le proprie preferenze in materie di consumo alcolico, dovendo correre subito ai ripari con la produzione della corretta opzione nelle varie distillerie in nostro possesso.
I giocatori meno abituati a dover gestire molte schermate, piene zeppe di informazioni da processare, potrebbero ritrovarsi un po’ spiazzati. Possiamo dire che probabilmente i vari menù sarebbero potuti essere concepiti meglio, ma con un po’ di pratica e buona volontà, ci si riesce a fare l’abitudine.
La componente ruolistica di Empire of Sin
In Empire of Sin a farla da padrone è l’essenza ruolistica. Ci sentiremo immersi nella storia e svilupperemo una curiosità nei confronti dei personaggi che hanno animato quegli anni, spingendoci a ricercare in rete maggiori informazioni, specie per i personaggi meno noti, come Stephanie St. Clair, giocatrice d’azzardo di origini francesi, la quale ha gestito le attività criminali ad Harlem. Ci chiederemo: chissà come avrebbe reagito lei a questa decisione. Oppure: chissà cosa le passava per la testa!
Le scelte tra il bene o il male, concetti sempre molto sfumati, sono molte e si nascondono ad ogni passo: accetteremo una soluzione di comodo ma poco redditizia, o correremo il rischio per ottenere una ricompensa maggiore? Le trame non seguono solo il boss principale che avremo scelto, ma coinvolgono anche i subalterni che nel frattempo avremo reclutato, ognuno con un suo background personale, portandosi con se amicizie e rivalità all’interno del mondo del crimine. Non semplici manichini che brandiscono una pistola quindi, ma vere e proprie personalità sfaccettate e soprattutto umane.
Ogni personaggio, che sia il boss o un banale gregario, inizia con alcuni tratti ispirati al proprio background, a cui se ne possono accumulare altri a seconda delle esperienze che farà nella sua vita. Questi possono incidere sul loro comportamento, sullo stile di combattimento preferito o sui ruoli in cui sono più capaci all’interno della gestione economica dell’impero. Questo chiaramente aumenta l’immersività e rende ogni partita diversa dall’altra, aumentando la longevità di questo titolo. L’unica nota negativa in merito è che le occasioni in cui il role play di manifesta in maniera esplicita sono i rari momenti di sit down, i quali però coinvolgono solo i boss principali.