Sviluppato e pubblicato da Yellow Brick Games, Eternal Strands è un action adventure game in terza persona di generi fantasy e dotato di diversi elementi che prendono ispirazione da innumerevoli altri titolo da Shadow of the Colossus a Zelda Breath of the Wild. Noi abbiamo vestito i panni della tessitrice Brynn su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto a scoprire i misteri oltre il “Velo”?
Eternal Strands e il suo gruppo di stravaganti tessitori
Prima di affrontare la narrativa di Eternal Strands è bene approfondire un attimo la composizione del suo team di sviluppo, gli Yellow Breck Games. Trattasi di uno studio indie composto però da numerosi veterani del settore tra cui spicca un ex Bioware, tale Mike Laidlaw, creative director dei primi Dragon Age. Le aspettative narrative per quest’opera prima erano quindi abbastanza elevate e ammettiamo che non sono state del tutto deluse, seppur i limiti dell’opera sono abbastanza evidenti.
Partiamo col dire che se c’è una cosa ben scritta in Eternal Strands sono i suoi personaggi principali ma, per affezionarsi, bisognerà attendere un po’. Il primo impatto con il titolo, infatti, presenta questo sparuto gruppo di personaggi, appartenenti a razze diverse, impegnati in una particolare missione che li vede dirigersi verso l’Enclave, misteriosa capitale di un passato ormai lontano. Un passato divorato da un cataclisma che ha portato scissioni, magie misteriose e altri problemi più o meno originali.
Brynn è la protagonista di cui vestiremo i panni, è una tessitrice e in quanto tale oltre ad abilità con le armi (spada, scudo, spadone a due mani e arco) è in grado di utilizzare anche la magia. Non solo, lei si sta addestrando per diventare una sorta di “esploratrice” ruolo che si ritroverà, suo malgrado, a dover eseguire a tempo pieno. Il motivo è semplice, ogni personaggio della “spedizione” ha un suo particolare ruolo di riferimento, dal fabbro, a colei che si occupa della gestione della carovana (materiali, equipaggiamenti, gestione risorse e relativo utilizzo, ecc.) passando per chi è esperto di codici da decifrare e chi invece si da alla creazione di stoffe magiche.

La varietà dei personaggi, ancorati ai relativi ruoli, mostra inizialmente ed erroneamente una serie di clichè prevedibili e respingenti come la classica tizia “fredda e distaccata” o la coppia di innamorati smielosa all’eccesso. La realtà è che ogni personaggio è dotato di un background da svelare con relativo rapporto con Brynn da costruire e far evolvere. Ed è qui che la scrittura di Eternal Strands offre il meglio di sé, offrendo uno studio caratteriale sfaccettato e gradevole seppur mai realmente originale o memorabile.
Altro elemento interessante e da evidenziare, è il sistema di informazioni e completamento dei “codex”, ossia una serie di documenti da scoprire nel corso della storia o da raccogliere in giro per il mondo di gioco, che dà forma a una lore fantasy di tutto rispetto seppur, anche in questo caso, mai realmente innovativa. Da segnalare anche la presenza di diversi momenti in cui poter decidere che tipo di risposte dare. Elemento che risulta essere fine a se stesso, non offrendo alcun tipologia di riscontro morale o conseguenza concreta se non qualche dialogo leggermente diverso.
Per quanto riguarda la trama principale, la cui longevità supera le venti ore circa (anche a seconda di quanto ci soffermeremo nelle missioni opzionali e/o nell’esplorazione libera), inizia anch’essa con una certa fatica, uno scoglio abbastanza logico considerando che ha le pretese di immergerci in un mondo magico e, almeno su carta, inedito e tutto da scoprire. La realtà è che il ritmo narrativo permane abbastanza altalenante, con pochi momenti realmente degni di nota. A trainare l’esperienza, più che la narrazione, è quindi il curioso mix di elementi che compongono il versante ludico.

Un mondo da esplorare
Eternal Strands è un action adventure in 3D e in terza persona che prende moltissimi elementi da altri gioco e riuscendo ad amalgamare il tutto in modo discretamente coerente e in parte originale. Prima di tutto, avremo un hub da cui partiremo e in cui potremo portare avanti i dialoghi coi nostri alleati, potenziare l’equipaggiamento, investire le risorse raccolte, potenziare l’accampamento stesso e tanto altro.
Dall’hub potremo poi partire all’avventura grazie a un comodo portale che fungerà da teletrasporto con i rispettivi altri portali (che andranno prima rigorosamente “liberati”). Una volta nell’area di gioco, ci ritroveremo in una macro area (il gioco ne ha diverse e con vari biomi) tutta liberamente (o quasi) esplorabile. La mappa di gioco, da svelare man mano che esploriamo, potrebbe trarre un po’ in inganno in quanto a dimensioni reali ma siamo comunque davanti a sezioni discretamente generose.

Non tutto ciò che vediamo è però esplorabile in quanto il titolo dispone di ben due “limitatori”, una sorta di barriera oltre il quale non potremo essere “ludicamente” salvati (Brynn è tenuta costantemente d’occhio dalla “capa” tessitrice che, in caso di game over, ci riporta al punto di partenza, facendoci però perdere gran parte dei materiali raccolti) e che quindi ci va ad azzerare l’energia e una sorta di nebbia magica dentro la quale andremo a crepare velocemente.
Limitatori di spazio a parte, il mondo di gioco di Eternal Strands è vasto, ben articolato e sinceramente gradevole da esplorare, potenziato dal fatto che, come in Zelda Breath of the Wild potremo arrampicarci praticamente ovunque. Brynn, infatti, è dotata di una barra di stamina abbastanza generosa e che le permette di scalare ogni superficie e soprattutto, i nemici più “colossali”. Prima di affrontare il tema colossi, è bene indicare che la stamina è legata anche alla corsa, al salto e soprattutto a ogni mossa di attacco “fisico” effettuata dalla protagonista (evitando quindi gli “spam” continui).
Inoltre, il titolo dispone di un ciclo giorno-notte e di una progressione a giorni che influisce il posizionamento dei nemici, la presenza o meno di eventi climatici particolari e la disposizione di eventuali materiali. Elementi che provano a variegare le innumerevoli spedizioni (si tratta sempre di uscire all’avventura per poi tornare all’hub, anche e soprattutto per liberare un inventario discretamente piccolo) e smorzare l’inevitabile ripetitività di fondo.

Shadow of the Colossus… sei tu?
Inutile girarci intorno, non appena incontriamo il primo grande colosso in Eternal Strands il pensiero fugge al mai dimenticato Shadow of the Colossus. Anche qui, infatti, per eliminare questi colossali e ben animati nemici, dovremo arrampicarci su di loro, sfruttando sapientemente la barra stamina, aggrappandoci disperatamente a loro quando proveranno a scrollarci via e cercando anche di resistere a prese, magie e quant’altro che ci tireranno contro.
Per abbattere questi nemici, avremo però diverse possibilità tra cui quella di scovare “punti deboli” delle loro armature per ridurle letteralmente in pezzi. Non solo, ogni colosso ha un suo percorso di eliminazione “perfetto”, ossia il modo più fruttuoso di eliminazione che garantirà anche i materiali più prestigiosi e, in alcuni casi (come le missioni di eliminazione che hanno tanto il retrogusto alla Monster Hunter), anche dei potenziamenti per le nostre magie.
Eliminare i colossi è una delle cose più riuscite in Eternal Strands in grado di tenerci vivamente impegnati in duelli anche abbastanza longevi e che, in caso di riuscita, regalano una soddisfazione non indifferente. Viceversa, gli scontri coi nemici minori risultano meno accattivanti e più monotoni, complice un sistema di combattimento abbastanza basilare e limitato a poche e ripetitive mosse. Inoltre, la varietà dei nemici non è granché, andando a depotenziare la strategia che spesso va a limitarsi nell’abuso delle sceniche magie.

Harry Potter… sei tu?
No, non è vero, di Harry Potter non c’è quasi niente in Eternal Strands ma la magia sì, quella c’è eccome e il titolo ne fa un uso intelligente e molto scenico. Non sono molte ma quelle poche possono rivoluzionare sia i combattimenti che l’ambiente stesso. Banalmente, si può utilizzare un getto di ghiaccio per creare un ponte tra le fiamme (oltre a spegnerle) o per bloccare un nemico al suolo. Con la telecinesi, invece, si può letteralmente sollevare quasi di tutto o intercettare proiettili nemici.
Questi sono solo alcuni degli esempi di un modo di sfruttare la magia molto accattivante e gradevole. Magia delimitata a una rispettiva barra che ci permette di dar vita a una sequela di azioni anche molto veloci. Occhio però all’ambiente, dar fuoco a una prateria significa dar vita a un campo potenzialmente letale anche per la nostra maga nonostante possiamo metter mano anche alla sua resistenza elementale arrivando così a parlare del paragrafo relativo al crafting e al grinding!

Un crafting che non stanca
Cercare oggettume in giro per le aree di gioco in Eternal Strands è qualcosa che può creare sincera dipendenza. Questo perché i materiali sono l’elemento principale sia per progredire in alcune missioni (come potenziare determinate apparecchiature dei nostri alleati) ma sia e soprattutto perché è tra le poche cose in grado di influire sulle nostre statistiche.
Non essendoci level up, l’unico modo per migliorare la protagonista, è quello di metter mano al suo equipaggiamento e lo possiamo fare in tre modi: creando nuovi equipaggiamenti, riforgiando quelli esistenti o potenziandoli. Tutte e tre le operazioni richiedono diverse tipologie di materiali da investire. Materiali che potrai recuperare da diverse tipologie di oggetti sparsi in tutte le aree di gioco o dai nemici stessi.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Eternal Strands offre un impatto generale gradevole, colorato e accattivante. Il titolo, infatti, non è brutto ma risulta molto, troppo anonimo. Dalle aree di gioco ai personaggi stessi, protagonista inclusa, il tutto sembra “già visto” e fatica non poco, complica anche la narrazione, a restare impresso confondendosi con altri titoli con stile simile (sempre più abusato) come Immortals Fenyx Rising.
Presenti anche qualche bug legato alla compenetrazione o dettagli che si ricaricano lentamente (niente di grave). Il titolo include anche qualche caricamento ma, anche in questo caso, non è nulla che va a danneggiare l’esperienza del titolo. Da segnalare poi gli artwork dei personaggi durante i dialoghi, privi di animazione ma comunque ben realizzati.
Il sonoro offre una colonna gradevole e accattivante, non molto memorabile ma neanche fastidiosa o ridondante. Buono il doppiaggio in inglese che prova a dare maggior carattere ai personaggi. Infine, un’ultima nota dolente: la completa assenza della lingua italiana (assenti anche i sottotitoli). Tale mancanza, considerata la generosa mole di testo, potrebbe tener lontani più di un utente.