Dopo essersi occupato di giochi prevalentemente dedicati al crafting, alle componenti gestionali e all’avventura, lo sviluppatore ed editore Pathea Games, con Ever Forward, ha deciso di passare a qualcosa di più intimistico ed emozionale. Pathea Games nasce nel 2010 ed ha sede in Cina a Chongqing e a Memphis negli Stati Uniti.
La casa di sviluppo, come avevo iniziato a dire prima, ha avuto un buon successo con una diversa tipologia di videogame, ovvero My Time at Portia e Planet Explorers. Ever Forward è previsto per questo luglio, mentre non c’è ancora una data di uscita per Super Buckyball Tournament, un futuristico gioco sportivo multiplayer 3 vs 3. Pathea games si dice aperta alle ultime tecnologie, scegliendo sin dal primo momento la strada del 3d, così come all’innovazione e alla creazione di una community di giocatori.
Minimalista ma sofisticato
Ho avuto dunque la possibilità di testare il prologo di questo gioco piccolo ma affascinante. Senza particolari spiegazioni ti ritroverai a controllare Maya, la ragazzina vestita di bianco, protagonista del titolo. La tua avventura comincia da una spiaggia soleggiata e sognante. Ci siete solo tu, una peculiare raffigurazione della natura ed un misteriosa entità cubica che ti accompagnerà un po’ ovunque.
Questa prima fase può essere considerata essenzialmente di esplorazione, con mouse e tastiera che ti permettono di controllare la bambina come in un qualsiasi platform: ci si muove in tutte le direzioni e si salta, insomma niente di complesso. Alla fine della spiaggia però, si percepisce che qualcosa non va: c’è come una sorta di frattura malevola che va a spezzare l’incanto del paesaggio.
Avvicinandosi ad essa Maya viene trasportata in un’altra dimensione, spoglia, sterile, formata da cubi volanti, dove dominano i toni del grigio e del rosso, con un grande albero bruciato sullo sfondo. In questa fase avrai a che fare con un vero e proprio puzzle-game, a base di percorsi dove incontrerai pericolosi droidi guardiani, non tanto governati da una vera e propria intelligenza artificiale quanto da un pattern comportamentale e strani meccanismi pseudo-tecnologici.
In questa dimensione ti potrai muovere anche volando, grazie al supporto dell’entità cubica di cui ti parlavo all’inizio che, a quanto pare, è in grado di trasportare la ragazzina. Una volta completati tutti i rompicapo potrai tornare alla spiaggia e andare così avanti con l’esplorazione fino ad imbatterti in una nuova frattura.
Un ciclo che funziona molto bene
La giocabilità si divide dunque tra esplorazione e rompicapo in un misterioso alternarsi di dimensioni. I tutorial sono semplici e poco invasivi. Sin da subito si capisce che gli elementi da tenere in considerazione sono pochi. Tutto è abbastanza intuitivo e non c’è nemmeno una vera e propria interfaccia. Se sbagli qualcosa verrai rimaterializzato immediatamente presso l’ultimo checkpoint. Tutto quello che devi fare è esplorare l’ambiente alla ricerca del prossimo enigma.
Le premesse sembrano semplici, ma la realtà è tutt’altra: trovo geniale il modo in cui, con pochi elementi, i creatori del gioco siano riusciti ad elaborare enigmi tanto ardui quanto soddisfacenti. Ever Forward ti ammalierà, ma ti darà appunto anche tanto filo da torcere. Non che ce ne fosse bisogno, grazie ai numerosi salvataggi automatici, ma il gioco permette di salvare praticamente ovunque e questo in fondo è un bene.
Ever Forward è un gioco assolutamente single player: modalità multigiocatore non sono infatti contemplate. La versione da me testata ricomprendeva solo la prima parte del gioco. Per quanto vincano le atmosfere e la complessità crescente degli enigmi, non vorrei che sulla lunga distanza la giocabilità diventi ripetitiva. Se la durata del gioco resta entro certi limiti probabilmente non ci saranno problemi. Comunque staremo a vedere, la risposta potrai averla tra un mese circa.
Una realtà da scoprire un tassello alla volta
Lo stile narrativo di Ever Forward è semplice ma affascinante. Come dicevo prima, si comincia da una spiaggia senza sapere praticamente nulla della protagonista e del mondo di gioco. Ogni puzzle risolto ti proporrà un pezzetto di ricordo dove vedrai quella che ritengo essere l’esperienza che ha portato Maya a vivere gli eventi presenti. La bambina vive da sola a casa con la madre, presumibilmente, in un epoca futura della quale percepiremo solo gli echi.
La madre di Maya lavora in un misterioso laboratorio e la ragazzina resta spesso da sola nel suo appartamento. Ad un certo punto qualche strano evento blocca la popolazione dentro casa, con le autorità che vietano categoricamente di uscire. Che qualche esperimento sia finito male? Insomma, apparentemente non ci sono né buoni né cattivi, bensì solo un’introspezione intimistica e suggestiva, narrata attraverso poche animazioni e molte statiche tridimensionali, che sembra suggerire un interessante contesto fantascientifico.
Una piccola gioia per gli occhi
Visivamente il gioco è suddiviso in tre livelli: la dimensione naturalistica, colorata e vibrante, con erba accarezzata dal vento e soffioni che volano via al tuo passaggio, la dimensione dominata dai rompicapo, sterile ed angosciante, ed il piano dei ricordi, dominato da colori sbiaditi, che richiamano tristezza e solitudine, a cui si sovrappongono figure luminose e scintillanti.
Stilisticamente è stato fatto molto: pur con pochi poligoni e con texture abbastanza semplici Ever Forward riece quasi sempre ad appagare lo sguardo dello spettatore. Soffre un po’ solo nelle sequenze narrative a causa della mancanza di vere e proprie animazioni per i personaggi, che avrebbero di certo aumentato il coinvolgimento dell’utente. E’ qui che viene un po’ fuori la natura indie del progetto, il quale si lascia comunque apprezzare.
In gioco invece le animazioni ci sono, son fluide e piacevoli e con semplicità riescono a trasmettere lo stato d’animo della bambina, ora curioso, ora spaventato ed impacciato. Tutte queste componenti sono comunque legate insieme dal filo conduttore del minimalismo che riesce, senza fronzoli, ma con gli elementi giusti al posto giusto, a trasmettere un senso di leggerezza e pulizia generale.
L’unico appunto che posso fare è relativamente alla pesantezza del comparto: infatti, un gioco del genere, al massimo del dettaglio, in full hd, dovrebbe essere alla portata praticamente di tutti, e invece, anche in presenza di un hardware potente si percepisce qualche tentennamento. Per il resto nulla da dire, il tutto è anche ampiamente scalabile.
Poche note al posto giusto
Anche il comparto sonoro segue lo stile già visto nel resto della produzione: poco ma dove serve davvero. In mezzo alla natura sentirai solo il rumore delle onde ed il frusciare delle foglie. Nel mondo dei rompicapo ti imbatterai in musiche ambientali cupe ed elettroniche. Ad accompagnare le sequenze narrative invece troverai melodie tristi e delicate.
Nella versione da me testata è presente inoltre un ottimo doppiaggio in lingua cinese. Da quello che ho potuto vedere l’edizione inglese purtroppo non è all’altezza della controparte originale, con voci meno espressive ed azzeccate. Pochi ma ben fatti gli effetti sonori, come il ronzio dei droidi, che riescono a conferire credibilità ad un mondo surreale e immaginifico.