Nel 1993, da un’idea dell’autore di giochi da tavolo e cartacei Richard Garfield, nasce Magic: The Gathering, universalmente riconosciuto come primo gioco di carte collezionabili. In quel momento, l’autore non stava soltanto creando un gioco fine a sé stesso (con un seguito che lo identifica come un successo ancora oggi), ma inconsapevolmente sanciva la nascita di un intero nuovo settore dell’intrattenimento.
Nel corso di quasi trent’anni, il mercato ha visto una proliferazione impressionante di questa tipologia di intrattenimento, con prodotti nati da brand già affermati come Pokémon che nel 1996, quasi in concomitanza con la coppia di titoli che ha dato origine al franchising, Rosso e Blu, vedeva la prima distribuzione giapponese del gioco di carte collezionabili ufficiali, oppure Yu-Gi-Oh!, nato sempre nel 1996 in Giappone, ma diventato popolare in tutto il mondo grazie alla distribuzione dell’anime del 2000 (non contando naturalmente quello della Toei Animation risalente al 1998, molto meno conosciuto e non focalizzato principalmente sul gioco di carte).
Questi giochi di carte nascono con una doppia anima, la prima legata all’intrattenimento e la seconda al collezionismo, ed è quindi indispensabile che continuino a essere concepiti come veri e propri giochi fisici, con oggetti da acquistare per continuare ad espandere i propri mazzi e collezioni. Tuttavia, già nel 1998, il gioco di carte Pokémon veniva portato in formato digitale su Game Boy Color, riscuotendo un discreto successo e dimostrando che un gioco di carte collezionabili poteva funzionare anche in formato digitale, tradendo l’anima del collezionismo e puntando tutto sul gameplay.
Nel 2014 nasce Hearthstone, gioco di carte collezionabili di Blizzard concepito interamente in digitale (presenta infatti carte e modalità di gioco con meccaniche uniche, impossibili da replicare dal vivo) e spin-off di Warcraft; attualmente uno dei titoli più rilevanti del settore, in diretta competizione con l’incarnazione digitale di Magic, ovvero Magic: The Gathering Arena, che a partire dal 2019 ha sostituito le versioni (di scarso successo) annuali rilasciate da Wizard of the Coast.
Faeria, sviluppato da Abrakam Entertainment, parte dalla stessa idea di base di Hearthstone, ovvero creare un gioco di carte collezionabili interamente in digitale, così da poter mettere in atto alcune peculiarità altrimenti impossibili da proporre. Il titolo ha fatto il suo debutto nel 2017 su PC, seguito da release per Xbox One e Nintendo Switch ad agosto 2020 e da PlayStation 4 negli scorsi giorni. Il lancio su console di casa Sony è un’occasione perfetta per analizzare uno dei titoli strategici più interessanti attualmente in circolazione!
C’era tante volte…
Il titolo, com’è lecito aspettarsi d’altronde, non può vantare una vera e propria trama portante; piuttosto, presenta un’introduzione abbastanza generica al più classico dei mondi di gioco fantasy, che, tanto per cambiare, è martoriato dalla guerra. In poche battute (termine che uso di proposito, la narrazione è costantemente pervasa da un umorismo brillante) ci viene spiegato che ci sono diverse divinità che popolano il mondo di gioco, in lotta costante per la supremazia.
E in realtà a livello di trama è tutto qui, ciò che apprenderemo del mondo di gioco si troverà all’intero dei cosiddetti testi di colore (o flavour text), ovvero quei testi all’interno delle carte che descrivono una piccola parte della lore. Al contrario degli altri giochi di carte collezionabili, queste informazioni non si troveranno direttamente sulle carte, piuttosto, a livello 3 sbloccheremo un compendio in cui potremo visualizzare i testi relativi alle specifiche carte dopo che le avremo utilizzabile un certo numero di volte.
Come accennato in precedenza, il titolo è pregno di ironia che traspare alla grande da questi testi, pieni di giochi di parole e riferimenti ad altre opere dello stesso genere e non. Per quanto la lore del mondo di gioco non brilli certamente per originalità, va comunque riconosciuto che c’è stata davvero una gran cura nel tentare di rendere unico e riconoscibile il mood dell’universo di Faeria, ancora oggi in espansione.
Come in molti giochi del genere infatti, le varie carte avranno diversi colori (rosso, blu, giallo, verde e incolore), ognuno viene rappresentato da un diverso tipo di terreno (rispettivamente montagna, isola, deserto, foresta e pianura) e in base al colore cambia anche la tipologia di creature e magie. La pianura infatti è il terreno perfetto per ospitare contadini, yak e cavalieri, mentre tra le montagne si annidano giganti e goblin, invece le isole sono, naturalmente, l’habitat di pesci e tritoni.
Il tutto concorre a formare un quadro vivido del mondo di gioco, reso ancora più realistico dall’impostazione del gioco che, come vedremo nel paragrafo successivo, unisce un gioco di carte a uno strategico, costruendo veri e propri campi di battaglia in ogni incontro.
Le regole del gioco
Come anticipato, Faeria ha un’impostazione a metà strada tra gioco di carte e strategico a turni. Le partite si svolgono su un campo da gioco esagonale, costituito a sua volta da esagoni più piccoli. I due giocatori si trovano ai poli opposti e, turno dopo turno, potranno riempire gli esagoni vuoti coi terreni di vario tipo a cui facevo riferimento prima, facendoci man mano strada verso l’avversario.
L’obiettivo è ridurre a 0 i 20 punti vita dell’avversario, attaccandolo direttamente con le nostre creature. A livello strategico, questo comporta un impegno simultaneo sul fronte della difesa e su quello dell’attacco: se infatti ci concentreremo solo sull’attacco, l’avversario potrebbe evocare i propri guerrieri vicino al nostro avatar e infliggere danni più in fretta; in caso contrario, rimanendo troppo sulla difensiva, potremmo essere facilmente sopraffatti dalle creature più potenti (o numerose) dell’avversario, non riuscendo quindi ad attaccare.
Questa natura del titolo comporta un grande impegno a livello mentale, e il fattore casualità della pescata (tipico dei giochi di carte collezionabili) può essere ridotto, o addirittura eliminato, grazie a un’attenta strategia che potrebbe far guadagnare turni dopo una cosiddetta “pescata morta” (ovvero la carta sbagliata, pescata nel momento sbagliato). Infatti, a ogni turno guadagneremo tre mana, che potremo spendere liberamente nel corso del turno, scegliendo se esaurirli o tenerne una parte che si aggiungerà ai mana successivi, inoltre, ai quattro poli del campo di gioco ci saranno fonti di mana che potranno essere raccolti a inizio turno dalle nostre creature se piazzate negli esagoni adiacenti alle fonti.
Per affrontare le varie battaglie potremo sia utilizzare i mazzi precostruiti forniti direttamente dal gioco all’avanzare di livello, che crearne di nostri specifici grazie agli Scrigni. Questi equivalenti delle più generiche bustine si possono ottenere completando specifiche missioni giornaliere che ci daranno direttamente Scrigni oppure cristalli da spendere nello shop interno del gioco per acquistarli. Il gioco base comprende circa 300 carte, ma si possono acquistare (con valuta reale) diverse espansioni tematiche per arricchire l’esperienza di gioco.
L’impostazione del gioco si presta a diverse modalità, avremo i classici scontri, accompagnati da boss battle contro avversari più forti del normale, ma anche battaglie Puzzle, in cui dovremo portarci a casa la vittoria in un turno utilizzando gli elementi a nostra disposizione sul campo di gioco. Non può poi mancare il gioco PvP online, contro avversari da tutto il mondo, va notato però che, almeno su PlayStation 4, bisogna armarsi di pazienza dal momento che, a pochi giorni dal lancio, i server non sono ancora il massimo della stabilità e non sarà rarissimo incorrere in crash.
Una modalità divertentissima e degna di nota è il Draft, in cui apriremo a rotazione diversi scrigni contenti cinque carte l’uno e dovremo costruire un mazzo improvvisato con ciò che troveremo negli scrigni, scegliendo ciò che gli avversari non hanno ancora preso. Una volta composto il mazzo, affronteremo gli altri giocatori in una specie di torneo e, dopo aver combattuto contro tutti, ci porteremo a casa una ricompensa proporzionale al numero delle vittorie ottenute.
Creature fantastiche e come giocarle
Nella mano iniziale avremo tre carte, a inizio partita potremo decidere di tenere le carte pescate o prendere un mulligan che potrebbe riguardare una sola, due, o tutte e tre le carte nei casi peggiori. Un consiglio per la mano iniziale riguarda la struttura stessa del gioco: il mana sarà sempre incolore, quello che determinerà l’utilizzo di creature di colori specifici sarà il numero di terre di quel colore.
Mi spiego meglio: una creatura verde particolarmente potente da giocare potrebbe richiedere 6 mana per essere giocata (quindi teoricamente potrebbe essere giocata al secondo turno non spendendo mana nel primo), allo stesso tempo però potrebbe anche richiedere 3 foreste per essere giocata, questo vuol dire che, finché non avremo abbastanza foreste sul terreno di gioco, sarà impossibile giocare quella creatura anche avendo un numero di mana sufficiente a coprirne il costo.
Per equilibrare il tutto, il sistema di gioco permette di creare a ogni turno due terre incolore oppure una sola terra di un colore specifico, inoltre, le creature caratterizzate da un colore, devono necessariamente essere posizionate su una terra dello stesso colore. Questo comporta che in ogni turno dovremo prendere una decisione, ovvero se creare più terre incolore pur di avvicinarci all’avversario, oppure rimanere più vicini al nostro avatar, ma creando una terra di un colore specifico.
Per favorire ancora di più il già citato equilibrio del turno e variarne il più possibile l’andamento, avremo ulteriori opzioni, invece di posizionare nuove terre infatti, potremo scegliere di pescare una carta, oppure aggiungere un mana a quelli già in nostro possesso. Insomma, la strategia regna sovrana a Faeria!
Le creature saranno caratterizzate da un valore d’attacco, uno di vitalità (che non viene rigenerato a fine turno) ed effetti specifici. Ce ne saranno alcuni che si attiveranno all’entrata della creatura in campo oppure alla sua sconfitta, altri invece che la doteranno di abilità uniche. Ad esempio ci sono le creature con Haste (Rapidità), che potranno muoversi e attaccare già appena entrate in campo, senza aspettare un turno come le altre, oppure Deathtouch (Tocco Letale), che permetterà alla creatura di distruggere le altre con cui combatte anche senza ridurne a 0 la vitalità.
A livello di nomenclatura e abilità si può notare quanto il titolo abbia preso a piene mani da Magic: The Gathering, copiando in tutto e per tutto effetti e abilità; la cosa può far storcere il naso al primo impatto, ma andando avanti con la conoscenza del gioco, le differenze che rendono Faeria unico, tenderanno a sovrastare le similitudini che, come vedremo, non si limitano solo a Magic. Inoltre, piccolo fun fact, Richard Garfield stesso è rimasto molto sorpreso e soddisfatto da Faeria, complimentandosi pubblicamente col team di sviluppo.
Comparto tecnico… non male!
Per quanto, ripetiamo, il fulcro vero e proprio di un gioco del genere sia il suo gameplay, gli sviluppatori di Abrakam Entertainment si sono anche impegnati a rendere il tutto gradevole da giocare grazie a un comparto tecnico essenziale, ma ben rifinito.
Per quanto riguarda la direzione artistica delle illustrazioni di creature e magie in sé, purtroppo è un po’ anonima, siamo ben lontani dallo stile anime di Yu-Gi-Oh! o dai veri e propri dipinti di Magic: The Gathering. Le carte di Faeria sembrano non avere personalità, anzi si confondono… nel mazzo (ba dum tss); l’impostazione grafica poi ricade ancora una volta nella mancanza di originalità, essendo ripresa quasi del tutto da Hearthstone.
Tuttavia, sebbene la direzione artistica non si riveli realmente fantasiosa, il tutto è sostenuto da un comparto grafico non male, abbastanza pulito da non confondere il giocatore (requisito essenziale per il genere), ma che riesce comunque ad avere una buona complessità negli sfondi dei vari campi di gioco, abbastanza da non far venire il tutto a noia dopo poche partite.
Anche la colonna sonora ricade nell’anonimato, con accompagnamenti musicali tutto sommato in linea con la produzione e il mood del mondo di gioco, ma estremamente poco memorabili. Un’occasione mancata, ma alla fin fine una perdita relativa, dal momento che per giochi del genere i giocatori tendono non di rado a mutare il titolo preferendo colonne sonore personalizzate (in particolare su PlayStation 4 dopo qualche ora di gioco ho preferito senza remore le mie playlist di Spotify).
In conclusione, Faeria è un titolo con un concept di base indubbiamente interessante, ma che non riesce a spiccare dal punto di vista dello stile per due motivi che gravano pesantemente sulla produzione: lo stile anonimo e le forti influenze di Magic: The Gathering e Hearthstone. Rimane tuttavia un’ottima alternativa agli altri giochi di carte collezionabili in circolazione grazie alla fusione unica tra strategico e gioco di carte; penso che rimanga comunque difficile staccare gli appassionati da altri titoli in circolazione con un background più solido alle spalle, come per l’appunto i già citati Hearthstone, Magic: The Gathering Arena oppure Yu-Gi-Oh Duel Links!.
Mi sentirei ugualmente di consigliarlo, ma non su PlayStation 4 in particolare, il classico Joystick da console si rivela infatti la scelta più infelice per utilizzare un titolo del genere, risultando estremamente preferibile affrontare l’esperienza su PC con mouse e tastiera.