Sviluppato da Gust e da Koei Tecmo Games e pubblicato da quest’ultima, Fairy Tail 2 è un gioco di ruolo in 3D con una virata lievemente più action oltre a essere il sequel diretto di Fairy Tail, puntando a completare le trame rimaste in sospeso e cercando anche di deviare in piccola parte da quanto ideato nel manga (materiale a cui rimane comunque abbastanza fedele). Noi abbiamo vissuto le avventure di Natsu e amici su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione!
Fairy Tail 2 si conclude così?
Prima di approfondire la narrazione di Fairy Tail 2 è bene evidenziare un paio di cose importanti, soprattutto per non sentirsi spaesati. Il titolo in esame è sì il sequel dell’omonimo videogioco ma non è strettamente necessario (seppur calorosamente consigliato) averci giocato ma richiede però una buona conoscenza dell’anime (meglio ancora, del manga). I motivi sono semplici: l’arco narrativo, ipoteticamente conclusivo, delle vicende dell’opera originale di Hiro Mashima vengono qui ripresentate in modo altalenante e inconcludente.
La mole narrativa, complice un gran numero di personaggi e una serie di eventi assai generosa e anche dal peso rilevante, si ritrova compassata all’interno di Fairy Tail 2 con inevitabili compromessi che rendono il titolo difficile da seguire per chi non conosce l’opera di riferimento. Viceversa, chi conosce manga/anima avrà modo di notare, con l’amaro in bocca, come alcuni eventi vengano tralasciati o brutalmente sintetizzati in monologhi fumosi e poco accattivanti.
Questo, purtroppo, porta a vivere un’avventura sì piena di eventi ma anche preoccupantemente claudicante sul ritmo e sul coinvolgimento, tenendo fuori dai giochi diversi personaggi, amputando intere evoluzioni caratteriali e riducendo l’impatto, anche drammatico, che l’opera originale riusciva a donare. Viceversa, l’aspetto più umoristico e i contenuti lievemente più ammiccanti, riescono a emergere con coerenza, riuscendo a strappare anche più di un sorriso.
Ma qual è l’arco narrativo trattato da Fairy Tail 2? La saga dell’Impero Alvarez, ossia, come già anticipato: l’arco conclusivo. Il titolo segue quindi quanto mostrato nel capitolo videoludico precedente ma decide di andare anche oltre, stuzzicando la curiosità dei fan con alcuni cambiamenti nel corso d’opera (nessuno stravolgimento narrativo se non delle mere scelte ludiche come l’eliminazione di scontri 1vs1 molto caratteristici di quest’arco narrativo) e un capitolo completamente inedito e che funge da sequel.
A conti fatti, però, Fairy Tail 2, come il prequel, non è altro che un tie-in dal valore modesto e dal poco coraggio. In compenso, il capitolo extra offre piccoli contenuti inediti che potrebbero appagare i fan più accaniti e soprattutto curiosi. Riassumendo, chi vive di pane e Fairy Tail troverà nell’opera sviluppata dal team di Gust un modo “gradevole interattivo e un po’ frettoloso di rivivere le avventure di Natsu e amici, qui impegnati ad affrontare l’Imperatore Zeref e i suoi dodici generali Spriggan che minacciano una guerra di dimensioni epocali. Il tutto per una storia in bilico tra dramma e umorismo, tra tradimenti, nuovi e vecchi amici, ammiccamenti di vario genere e tanto altro.
Più action e più semplice
Appurato che la narrazione di Fairy Tail 2 ne esce in parte sconfitta a causa di alcuni tagli e di una compressione ingenerosa di alcuni eventi, anche importanti, è giunto il momento di analizzare il gameplay. Prima di tutto, il titolo firmato Gust è un JRPG in terza persona estremamente classico nell’esplorazione e nel suo svolgimento lineare nonostante la decisione di offrire aree di più ampio respiro (il tutto per un’avventura suddivisa in 10 capitoli).
Purtroppo, a una missione principale sì corposa di eventi e abbastanza altalenante nella qualità e nel coinvolgimento, dobbiamo subito segnalare un cambio di rotta e importanza per le missioni secondarie (soprattutto se paragonato al diretto prequel). Queste, infatti, risultano più sciape, di minor numero e relegate ad attività classiche e ripetitive (come la ricerca di determinati oggetti). L’unica cosa positiva di tali missioni, tralasciando piccoli cenni che provano a rinfoltire la lore dell’opera, è l’accumulo di esperienza per il nostro team di eroi (con relative ricompense materiali).
Dove il titolo spicca maggiormente, seppur non in modo perfetto, è il combatitmento. Chi ha giocato ad Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & Secret Key (di cui puoi recuperare la nostra recensione), troverà in Fairy Tail 2 diverse (se non troppe) similitudini. Parliamo sempre di combattimenti a team dove controlliamo direttamente un solo personaggio (comodamente switchabile con uno degli altri due sul campo per un totale di tre personaggi in battaglia) dove la lentezza dei turni cede il passo a un ritmo più serrato in un ibrido action non molto innovativo ma discretamente coinvolgente e appagante.
Complice un sistema di magie sufficientemente ampio e abbastanza personalizzabile, combattere in Fairy Tail 2 è, almeno nelle prime battute, divertente e quasi assuefacente. Il problema sorge però nel lungo periodo in quanto il divertimento cede il passo a una monotonia e ripetitività che evidenzia la mancanza di idee e innovazioni e a una povertà strategica che ne lima la stessa personalizzazione, che diventa quindi essenziale principalmente negli scontri coi boss.
La priorità in battaglia, infatti, rimane quella di scoprire i punti deboli dell’avversario per poi abbatterli senza alcuna pietà. C’è davvero poco spazio e utilità nello studiare e mettere in atto strategie più articolate (comunque possibili) anche nei livelli di difficoltà più elevati. Un peccato considerando la mole di contenuti implementati dagli sviluppatori e che prevede anche l’utilizzo (furbo e in parte amaro) di alcuni personaggi come supporto in battaglia (con tanto di card personali). Un modo per includere personaggi altrimenti quasi del tutto assenti (con conseguenti modifiche alla narrazione precedentemente accennate).
Tra mosse da concatenare, la rimozione dei punti magia per una barra condivisa e una serie di tecniche speciali ad accumulo con tanto di abbattimento della fatica avversaria, gli elementi in campo sono molti ma non sempre essenziali o utili oltre che afflitti da un’interfaccia poco accattivante e poco chiara. Questa, infatti, richiede un po’ di pratica per poter essere padroneggiata, soprattutto per i tempi di esecuzione sul campo, considerando l’abbandono dei turni e l’adozione di un sistema più attivo e veloce ma comunque ripetitivo e abbastanza anonimo.
Così come è anonimo il mondo di gioco in cui andremo a smarrirci. La scelta di ampliare l’orizzonte immergendoci in una sorta di “open world” va ad ampliare i problemi già riscontrati nel prequel videoludico: tecnicamente Fairy Tail 2 è un titolo vecchio. E qui non abbiamo notato miglioramenti netti che possano portare il titolo ad affrontare come si deve i rivali moderni, tutt’altro. Le stesse aree di gioco risultano essere sciape e vuote, con elementi ripetuti più volte e che non incitano granché all’esplorazione di ogni angolo (tutt’altro).
Grafica e sonoro
Graficamente, quindi, abbiamo tra le mani un titolo che fatica ad andare oltre la sufficienza se non fosse per delle cut-scene che rievocano con efficacia quanto già visto nell’anime. Il potere di queste scene, lo ammettiamo, riesce ad ammantare buona parte di tutto il resto. Un “resto” che ci rifila nemici minori poco ispirati e ripetuti fin troppo (oltre che di numero non molto ampio se messo a confronto ad altri JRPG).
Ne escono meglio i personaggi principali, discretamente animati e fedeli alla controparte animata. Purtroppo, tecnicamente, ci tocca segnalare una certa legnosità dell’azione che mina l’idea alla base di un titolo più fluido e action. Per quanto riguarda il sonoro, abbiamo musiche non sempre coerenti con quanto messo in scena ma impreziosite dalla presenza di un doppiaggio originale giapponese estremamente curato e che dona una recitazione coinvolgente e funzionale.
Infine, da segnalare la dolorosa assenza dei sottotitoli in lingua italiana (ma d’altronde, neanche il prequel li aveva). tale mancanza potrebbe far desistere più di un utente considerando la generosa mole di testo presente nel titolo. Testo utilizzato spesso per “rushare” interi capitoli narrativi, chiudendoli nei già citati (e tristi) monologhi.