Fairy Tail: Dungeons è un titolo che sembra partire da ottime premesse: prendere l’universo narrativo di Fairy Tail, appunto, per farci un dungeon crawler rigiocabile potenzialmente all’infinito.
Se quindi prendiamo un genere come i roguelike e ci uniamo un universo narrativo di successo, cosa potrebbe mai andare storto? Alcune cose, in realtà, come ora vedremo nella nostra recensione.
Narrativamente parlando, Fairy Tail: Dungeons presenta una premessa semplice e molto classica: nei sotterranei della Gilda è comparso un portale che conduce a un dungeon misterioso, dove le pareti mutano continuamente e i poteri di chi vi entra sembrano scomparire.
Natzu decide quindi di indagare insieme ad Happy. Inizia quindi un’avventura a cui si uniranno molti personaggi che i fan già conoscono. L’obiettivo resta però molto semplice: trovare il misterioso amico che un certo Labi sembra aver smarrito nel dungeon.
Parliamo quindi di quello che è, a tutti gli effetti, un pretesto semplicemente videoludico, il quale non dona lustro al materiale originale da cui proviene il titolo. L’universo di Fairy Tail è quindi soltanto estetico, e viene sfruttato molto poco. Le stesse comparse dei personaggi, possono essere viste come fan service e non come delle occasioni narrativamente degne di nota.
Se questo in un roguelike non è un problema, quando invece nel titolo del gioco si legge un nome importante come Fairy Tail, allora è lecito aspettarsi qualcosina in più a livello narrativo.
Le carte di Fairy Tail: Dungeons
Il gameplay di Fairy Tail: Dungeons ricalca il tipico loop del genere: si inizia da un hub dove personalizzare il proprio personaggio, scegliere fra i vari eroi disponibili, e costruire la build con cui iniziare la partita. Da qui ci si addentra in un dungeon generato casualmente, cercando di arrivare alla fine.
Come sempre in questi casi, la morte è permanente, e corrisponde a un inizio forzato di una nuova partita. Allo stesso modo, ogni partita presenta una forma di progressione interna, che viene persa con il game over. Ma quindi, come si esplorano questi dungeon?
Tanto per cominciare, l’esplorazione è molto semplice. Il dungeon è rappresentato da una mappa di gioco divisa in grosse caselle. Ogni casella corrisponde a una stanza, dentro la quale troviamo diverse interazioni. Queste vanno da semplici scontri, ai forzieri da cui scegliere carte, a una valuta che permette di acquistare le carte, passando per eventi a scelte multiple.
Come si intuisce, sono le carte a essere al centro di tutta la progressione, così come del sistema di combattimento. Ma andiamo con ordine. Ogni passo effettuato nella mappa consuma un turno di una lanterna. Quando questa si esaurisce, si affronta immediatamente e obbligatoriamente il boss del piano.
In questo caso, così come negli scontri normali, il gioco cambia schermata, che a questo punto diventa quella di un combattimento a turni simile a quanto visto in quella piccola perla di Slay the Spire.
Negli scontri, ogni turno si pescano quattro carte, che poi vanno concatenate utilizzando un numero limitato di MP (per esempio avendo tre MP è possibile utilizzare una carta che costa 1 e un’altra che costa 2). Le carte possono poi essere combinate tenendo conto di effetti in grado di creare combo, per esempio aumentando l’attacco delle carte successive o attivando effetti particolari.
A queste basi si aggiungono le varie tipologie di carte. Quelle di attacco, che permettono di infliggere il danno indicato, quelle di difesa, che consentono di sottrarre il danno ricevuto con l’attacco nemico, e quelle di supporto, che influenzano la battaglia con effetti specifici.
Ogni turno vede quindi il giocatore gestire continuamente attacco e difesa – per esempio scegliendo se giocare carte per ammortizzare il danno o altre per infliggerlo – creando combinazioni tra le carte in mano.
Si aggiungono poi meccaniche extra, come la possibilità di attivare catene che procurano danni maggiori o la possibilità di ripescare la propria mano una volta per turno. Nonostante tutto questo, però, il titolo non riesce a soddisfare nel suo aspetto più importante: il deckbuilding.
Giocando il già citato Slay the Spire, per esempio, è facile rendersi conto fin dalle prime ore di gioco delle tantissime combinazioni disponibili con ogni personaggio, che poi aumentano ulteriormente considerando gli altri eroi. Fairy Tail: Dungeons, al contrario, presenta un numero molto limitato di combo, che difficilmente sono troppo interessanti.
Ne conseguono combattimenti lenti e ripetitivi che, nonostante proseguendo nell’avventura migliorino, non riescono comunque a diventare troppo interessanti per coloro che hanno dimestichezza con il genere.
Allo stesso modo l’esplorazione dei dungeon divisi in caselle viene facilmente “ottimizzata” fin troppo dal giocatore, che si limita alla ricerca di forzieri e valuta per l’acquisto di carte, con una dose bassissima di imprevedibilità. Altro elemento, questo, che peggiora la sensazione di ripetitività.
In sintesi, Fairy Tail: Dungeons si adagia troppo sulla tipica struttura del genere, proponendo un loop sicuramente funzionante, ma composto da singole meccaniche che non riescono a eccellere. Il risultato è un titolo divertente per brevi sessioni, ma mai troppo emozionante a livello ludico.
Sia chiaro: la presenza di più eroi che variano leggermente il gameplay e la discreta varietà di carte riescono comunque a confezionare un’esperienza divertente e interessante che, pur non raggiungendo le vette del genere, piacerà comunque agli appassionati e ai fan.
Tecnicamente interessante
Il comparto tecnico di Fairy Tail: Dungeons non è male. Il titolo presenta una pixel art di qualità, dove sprite dettagliati e animazioni ben fatte compongono un colpo d’occhio generale che si difende bene. Alcuni nemici, però, non sono animati con la stessa qualità dei protagonisti e, in alcuni casi, questo si nota molto.
Il comparto estetico richiama invece quello dell’universo narrativo di Fairy Tail, risultando quindi ricco di fascino e immediatamente riconoscibile.
Infine, il comparto sonoro chiude il cerchio, facendo un ottimo lavoro con musiche orecchiabili ed effetti sonori sempre di qualità.