A distanza di oltre tre anni dal mio primo e fino a pochi giorni fa unico incontro con la serie di Fallen Legion, avvenuto proprio su PlayStation 4 grazie al servizio in abbonamento di Sony, torno ad accendere la mia vecchia console per approcciarmi al nuovo Revenants che dopo Sins of an Empire e Flames of Rebellion, ovvero i suoi predecessori, punta nuovamente su quella stessa identica formula.
Mi trovo quindi per la seconda volta davanti a un impero destinato a crollare, una delle molte costanti che caratterizzano l’intera IP, costretto a lottare per una causa che non sono certo di considerare mia. Questo, almeno fino a quando non inizio a conoscere i protagonisti e le motivazioni che li spingono a compiere determinati gesti, come ad esempio lo scendere a terribili compromessi e l’aggrapparsi a ciò che resta della vita dopo la morte.
È più o meno a quel punto che ricordo di essere un redattore con il compito di analizzare ciò a cui sta giocando, perciò agguanto il mio fidato block-notes e inizio a raccogliere i primi pensieri. Cos’è a rendere Fallen Legion Revenants un’esperienza degna di plauso, oltre al fatto di essere erede del primo gioco indonesiano uscito su console? Bella domanda.
In nome di ciò che resta
“Ero un uccello rapace che volava tra le nuvole, finché una freccia dal suolo non mi ha trafitto l’ala”.
Una terra ormai segnata dalla diffusione di un miasma, una madre motivata a ritrovare il proprio figlio e l’inizio di un’alleanza apparentemente improbabile, basata per lo più sull’avere un nemico in comune. Da un lato abbiamo Rowena, donna ridotta a spirito dopo una morte ingiusta e prematura, mentre dall’altro spicca Lucien con il suo amore per la teatralità, anch’egli deciso a spodestare chiunque lo intralci.
Senza addentrarci troppo in uno degli aspetti più importanti di Fallen Legion Revenants, vale a dire gli eventi narrati che fanno da traino all’intera esperienza, posso dirti fin da subito che l’impegno degli sviluppatori mi è sembrato evidente. Nonostante questo però, seppure al netto di una discreta caratterizzazione dei personaggi, questo Fallen Legion rimane spanne sotto agli standard che ormai definiscono il genere.
L’enorme peso dato alle scelte di chi gioca e il conseguente gran numero di finali possibili, entrambi elementi più che apprezzabili all’interno di un titolo tanto lineare, perdono infatti il loro valore se incoerenti o poco curati rispetto alle basi che lo stesso gioco aveva posto fin dall’inizio. Poche sorprese e alcuni dubbi, quindi, per quel che riguarda la narrativa ma a far la fortuna di un titolo action, più di ogni altra cosa, è spesso il gameplay nudo e crudo.
Una coerenza deleteria
Come vuole la tradizione della serie, anche Fallen Legion Revenants si distingue per un gameplay a metà strada tra lo strategico e il frenetico, che ripesca sia elementi classici quali una sorta di sistema ATB, l’Active Time Battle introdotto per la prima volta in Final Fantasy IV, sia un indicatore combo da far saltare in aria.
Attaccare velocemente cercando di concatenare il maggior numero di colpi possibile, risulta infatti fondamentale per permettere a Rowena di lanciare le sue abilità o quelle di chi la sta accompagnando. A tal proposito, tornano anche l’impostazione tipica dei giochi a scorrimento laterale e l’utilizzo di Esemplari (ognuno con abilità uniche chiamate Deathblow) da impiegare in battaglia; altri due capisaldi di qualsiasi Fallen Legion targato YummyYummyTummy.
Per quanto riguarda invece le manovre difensive, fondamentali quanto il resto in ogni Fallen Legion, è importante citare la possibilità di parare la maggior parte dei colpi nemici. Questa meccanica, se sfruttata con il giusto tempismo e al massimo delle sue possibilità (Perfect Block), permette non solo di prevenire il danno in entrata sui nostri Esemplari, ma anche respingere eventuali proiettili in cambio di Mana e altri vantaggi.
Gli scontri e l’importanza data a ogni loro meccanica, fanno sembrare il gioco confusionario e poco accessibile a chi non ha dimestichezza con le rapide sequenze di tasti. Un buon esempio in tal senso è rappresentato dalle boss fight che giá a partire dalla prima, se affrontate impartendo ordini a caso, potrebbero richiedere un’infinità di tempo prima di essere superate; scenario che cambia radicalmente se le si affronta con cognizione di causa.
Non mancano poi debolezze elementali, status alterati e abilità attive che interessano soltanto certe zone del campo e che rendono Fallen Legion Revenants, in linea con la legge di Bushnell, un titolo facile da imparare ma complesso da padroneggiare. Il problema, è che ancora una volta ti sto parlando di cose già note a chi conosce la serie e che non aggiungono quasi nulla che lasci intravedere un’evoluzione in corso. Arrivati al terzo videogioco, potrebbe trattarsi di un difetto.
Mantenere l’equilibrio stando seduti
Alle numerose e convulse battaglie affrontate da Rowena, questo Fallen Legion affianca sezioni in cui prendiamo il controllo di Lucien, il già citato coprotagonista che vive dentro le mura di Welkin. Nelle sue vesti di giovane politico e nuovo membro del consiglio, sempre pronto a manipolare gli altri abitanti del castello, questo personaggio incarna forse la vera sorpresa all’interno di Revenants.
Durante le sezioni di gioco in cui si ha modo di controllarlo, infatti, spiccano piú di ogni cosa i dialoghi a scelta multipla regolati da un timer, fondamentali per cercare di ottenere informazioni potenzialmente utili. Queste, talvolta ottenute tramite l’utilizzo di uno stealth davvero grossolano, possono esercitare un certo peso sulle battaglie affrontate da Rowena e, di conseguenza, sulle ricompense che il giocatore può ottenere durante il gioco.
È nel mezzo di questo scorrere tra gli interni e l’esterno di Welkin, tra nemici poco vari e dialoghi un po’ improvvisati, che emerge l’ennesimo problema di Fallen Legion Revenants: la pressante monotonia. A spezzarla di tanto in tanto, se così si può dire, la chance di trovare un’arma che contenga un nuovo Esemplare o che fornisca colpi aggiuntivi a quelli in tuo possesso. È un po’ poco, te lo assicuro.
A proposito di Esemplari, nemmeno il loro sistema di sviluppo osa più del minimo sindacabile, risultando così limitato pur trasmettendo un’idea di progresso. Se non altro, al banale equipaggiamento di bonus passivi come quelli forniti dai cosiddetti Archeus, si aggiungono altri elementi sicuramente piú interessanti. Un esempio? Le maestrie (Mastery), ovvero abilità sbloccabili tramite sfide da completare, che variano a seconda del personaggio in questione.
Il peggior Fallen Legion dal lato tecnico e artistico?
Ora che abbiamo appurato quanto Revenants giochi al ribasso, ereditando pregi e difetti della serie di cui fa parte, è il caso di porsi una domanda che sorge quasi spontanea e che considero fondamentale ai fini di questa analisi: esiste qualcosa in cui il titolo è peggiore dei suoi antenati? La risposta, per alcuni, potrebbe essere affermativa.
Dal punto di vista tecnico, Fallen Legion Revenants ha infatti qualche inciampo e oltre ai caricamenti fin troppo prolungati, denota un’instabilità del tutto immotivata. Personalmente, a infastidirmi sono stati i sistematici rallentamenti che impedivano di abbandonare un dialogo già concluso, ma se non sbaglio l’ultima patch si è occupata proprio di questo e pertanto non è il caso di preoccuparsene ulteriormente.
Rimangono però i dubbi sulla direzione artistica e le variazioni introdotte rispetto al passato, a favore di uno stile di disegno un po’ più cupo, piatto e la cui resa potrebbe far storcere il naso. Discutibile anche la cura di animazioni e fondali, le prime basilari e i secondi molto statici, entrambi lontani anni luce dai notevoli standard moderni: Odin Sphere, Dragon’s Crown, 13 Sentinels: Aegis Rim o qualsiasi altro titolo sviluppato da Vanillaware.