Il peggior allievo per un aspirante professore come il sottoscritto, più ancora del bullo menefreghista o del raccomandato figlio di papà, è l’inclassificabile: un ragazzo che parte con le migliori premesse e le più brillanti ambizioni, che stuzzica la tua immaginazione di insegnante, a cui senti di poter chiedere quel qualcosa di più e che inevitabilmente esce dal seminato in modo non solo spettacolare, diametralmente opposto al previsto, ma con risultati catastrofici. Questo è stato per me Forgiveness, progetto nato dall’ambizione del programmatore Noam Matan Rotem di creare un puzzle game basato sulle escape room a tema “sette peccati capitali”. Il peccato maggiore a cui si deve far fronte, però, è l’assoluta inutilità di questo titolo.
La trama di fondo di Forgiveness è perfino accattivante: siamo intrappolati in una stanza dal dottor Benjamin Smith, psichiatra autoproclamatosi Dio e che ha scelto noi, proprio noi, per poterci epurare dai nostri peccati (“tu sai quali”, ci dice, e i plot hole possono accompagnare solo), così come lui stesso ha fatto in passato. Non ci resta quindi che uscire dalla stanza di prologo creata per metterci alla prova e dirigerci verso la nostra effettiva stanza del giudizio finale, calibrata su un breve questionario a risposta duplice per scoprire quale vizio capitale ci caratterizza di più.
Il punto è che non si riesce a uscire!
Non fraintendermi, o tu peccatore impenitente che mi stai leggendo, l’enigma del prologo è semplice da risolvere (almeno questo), ma a meno che tu non scovi l’introvabile (e facilmente intuibile anche senza bisogno di ulteriori indizi) quarto elemento della serie non potrai nemmeno attivare la pulsantiera per attivare l’uscita (problema che, sebbene risolto con una patch, non rende il gioco più godibile, purtroppo). In aggiunta, quella che dovrebbe essere una stanza in tema con il peccato da noi commesso finisce col divenire una mera cornice, relegata a elemento non direttamente influente né rilevante alla soluzione dell’enigma.
Le musiche, poi, che si riducono a cinque note di pianoforte messe in croce per creare tensione, finiscono semplicemente per cercare di distrarti dalla noia dilagante che permea il gioco. Nulla di memorabile o comunque degno di eccessiva menzione: un semplice accompagnamento nella scoperta degli indizi, i quali poco o nulla hanno a che vedere con la tematica intrinseca dei sette peccati capitali di cui Forgiveness ha fatto vanto fin dal trailer. Dopo circa due minuti ci si ritrova a rimpiangere il tema di Lavandonia in 8 bit del primo Pokemon.
Un esempio lampante di come le tematiche non abbiano nulla a che vedere con la risoluzione degli enigmi viene dalla stanza della Gola: qui veniamo catapultati in un anonimo angolo cucina/sala da pranzo, dove ci fa da cornice (e vaghissimo suggerimento) il diario alimentare di Allie e Jack, due presumibili obesi patologici. Ebbene, a parte indirizzarci verso la terrina dei croissant, dove possiamo trovare un numero/lettera della password, non avrà altro scopo. Ogni enigma si riduce nel trovare il tale foglietto, metterlo nel tale posto e, in generale, “farsi due patagorri così”, come direbbero Aldo, Giovanni e Giacomo. La possibilità di prendere gli oggetti e lasciarli cadere in giro in ordine sparso, a parte far emergere il nostro lato maniacale e compulsivo, non serve a nulla.
E ancora, in Forgiveness la soluzione di certi enigmi, lungi dall’essere intuibile, si tuffa in un intreccio cervellotico di livello inutilmente elevato per riuscire a trovare i dannati foglietti, che sarebbe risultato sopportabile ancorché fosse stata resa disponibile la possibilità di poter interagire liberamente (ma con criterio, beninteso, cosa che al gioco manca del tutto) con gli elementi della soluzione senza dover per forza seguire un filo di azione/reazione che non ammette eccezioni: la tale azione va fatta per forza per prima, altrimenti il resto non si sblocca. Ci tocca quindi continuare a girare come trottole in un ambiente claustrofobico e in certi casi, per qualche stranissima ragione, radical chic (come la stanza dell’Invidia, che è praticamente un attico da scapolo/hipster in qualche grande città). Ma non temere, potrai fare il tutto con le classiche modalità della navigazione dei giochi in prima persona, le quali, coerentemente a tutto il resto, non hanno alcuna utilità.
A parte il comando per accucciarsi, “utile” per esaminare oggetti che sono caduti sul pavimento (non esiste un’opzione per poggiarli decorosamente su una superficie piana), ci sarà data la fantasmagorica, vana possibilità di scattare e saltare. Wow. Semplicemente wow. In un solo, semplice videogioco si è riusciti a riassumere la massima einsteiniana sul pesce giudicato da come si arrampica sugli alberi: ci viene fornito un protagonista alla Gordon Freeman di Half Life, ovviamente privo della personalità, delle armi e dell’ispirazione all’empatia, calato in un universo da Professor Layton renderizzato poco, programmato male e immaginato peggio. Ah, è le stanze saranno sempre le stesse, perché l’assegnazione sarà anche automatica, ma la generazione casuale no. E onestamente a questo prezzo non vale assolutamente la pena di rifare gli stessi enigmi più e più volte, che li si sia risolti o meno.
Ti prego di credermi, o gentile lettore, se ti dico che mi fa male usare termini tanto crudeli per un gioco indie, ma la delusione è stata ed è tuttora tanta: un gioco partito con ottime premesse (ambientazioni da Saw in fascinazioni alla Seven) che non solo è fatto da cani, ma che mostra in ogni sua piega la propria profondissima presunzione di voler essere un bel gioco, privo com’è di coerenza e di desiderio di far divertire il giocatore. Non avrei neanche potuto analizzare il resto delle stanze, prima della patch, senza la modalità in free roaming, e la cosiddetta Modalità Estrema (che altro non è che un timer di 30 minuti per risolvere la stanza, quando bastano 30 secondi per capire che non ne vale la pena) è in linea con la generale assenza di necessità di un titolo simile.
Forgiveness è un titolo che prima di proporre il perdono dovrebbe chiederlo, per aver anche solo pensato di mostrarsi sul mercato: nella breve parentesi che ha avuto e spero non avrà mai più nella mia vita ha saputo tirar fuori il peggio di me, come uomo e videogiocatore.
Almeno in questo l’obiettivo di Forgiveness nel racchiudere lo spirito dei sette vizi capitali è stato raggiunto: il giocatore prova Ira nel vedere le sue attese così deluse, Invidia per chiunque abbia sotto mano qualcosa di meglio, si fa preda dell’Accidia nel mollare immediatamente un simile prodotto, percepito come ebbro di Superbia e spinto solo dall’Avidità nel voler spillare soldi ad ignari utenti, che potrebbero spenderli in altri titoli che fanno decisamente più Gola.
Quanto alla Lussuria, beh…con otto euro e 99 potete farvi un mese di abbonamento Premium a Pornhub.
Decisamente una spesa migliore.