Se è vero che la storia c’insegna a non ricadere nuovamente negli errori commessi nel passato, è anche vero che per rivivere la storia è necessario che questa venga raccontata nel modo più dettagliato possibile. Il racconto di una vicenda ricca di dettagli e fedele all’originale viene ricordata più facilmente, perché la mente associa i ricordi alle immagini in modo più sistematico rispetto alle parole. Quando leggiamo un libro, anche se non contiene figure, nello stesso momento in cui leggiamo la descrizione di una scena, di un particolare momento o di un personaggio, immediatamente nella nostra mente cominciano a crearsi delle immagini, anche a livello inconscio e sono proprio quelle che ricorderemo a distanza di tempo quando ripenseremo a quel libro. Le scene che vengono costruite dal cervello prendono elementi che sono stati immagazzinati durante tutta la vita e quindi sono reali, non artefatti come un cartone animato o un videogioco. La familiarità che il cervello ha con quelle immagini ricreate ci permette poi di imprimere i ricordi nella nostra mente. Questo meccanismo viene stimolato nel gaming grazie all’uso del fotorealismo nei videogiochi.
Questo è il principio che alcuni team di sviluppo hanno sfruttato nel realizzare due grandi capolavori del mondo videoludico, che al tempo stesso vogliono essere più che un semplice videogioco, ma delle vere e proprie riproduzioni storiche: parliamo di Battlefield V e 11-11: Memories Retold, due titoli che finora, meglio di ogni altro gioco hanno beneficiato di un grande lavoro di fotorealismo nei videogiochi.
Battlefield V: uno spaccato di storia vera tutto da giocare
Battlefield V è l’ultimo di una saga che dura da ben 16 capitoli, sviluppato da DICE (Digital Illusion Creative Enterteinment) e pubblicato da EA Games (Electronic Arts). Il gioco segue il filone storico del suo predecessore Battlefield 1. Ma se dobbiamo parlare di evoluzione tecnica, dobbiamo partire da qualche anno fa, quando DICE e EA Games hanno lanciato sul mercato Battlefield 3, con il quale sono state posate le fondamenta di quei capolavori che stiamo vedendo in questi anni. Il motore grafico utilizzato per Battlefield V è il Frostbite, lo stesso che ha mosso da sempre le fasi d’azione dei vari capitoli. Questo denota il grande lavoro tecnico da parte del team, che piuttosto che crearne uno nuovo con caratteristiche in grado di tenere il confronto con i nuovi Unreal Engine 4, Unity e altri motori di ultima generazione, hanno preferito perfezionare e spremere al meglio quel già grande lavoro che è il Frostbite e i risultati non possono che dare ragione alla loro scelta.
La visuale in prima persona di Battlefield V è in grado di emozionare il giocatore già dai dettagli degli ambienti, come la neve presente nella missione in Norvegia. Osservando anche solo questo dettaglio ci si rende conto dell’enorme lavoro e attenzione per i dettagli. La neve è stata letteralmente costruita fiocco per fiocco con l’utilizzo di minuscole superfici riflettenti di dimensioni inferiori a un pixel. Gli angoli e le increspature conferiscono un effetto ancora più credibile, grazie a una tecnica di ambient occlusion che simula in maniera perfetta la luce riflessa sulle superfici esposte. Anche il comparto delle ombre è stato curato a tal punto che è possibile notare come queste siano più nette su superfici opache, come il legno e più morbide sulla neve.
Battlefield V è un gioco che prometteva di riprodurre fedelmente tramite i contenuti che sarebbero stati presenti in questo capitolo, cosa che a giudicare dalle ambientazioni è stata mantenuta.
Il livello di distruzione si avvicina molto a quello visto in Battlefield Bad Company 2, il ché significa molti poligoni, ma stavolta ancora più curati, perché ogni frammento che si stacca da un muro, da una colonna o un blocco di cemento, non è un semplice sprite che svolazza e svanisce poco dopo, ma un oggetto concreto, diverso dagli altri, che risponde anche alle leggi della fisica (aspetto nel quale Battlefield V eccelle) e permane sul campo.
Quello che colpisce in Battlefield V è la cura per i dettagli dei vari personaggi, l’effetto di luci e ombre sulla pelle, sui vestiti e sugli armamenti hanno un impatto estetico impressionante. L’espressioni nei volti trasmettono la fatica, la paura e tutte le emozioni che la guerra porta nella natura umana, unita alla devastazione, alla violenza e alla desolazione che solo un conflitto mondiale può causare.
Il fotorealismo nei videogiochi non si limita solo alla grafica, ma a tutto ciò che si presenta sullo schermo: le esplosioni che sollevano zolle di terra e l’effetto dell’onda d’urto, i proiettili che rimbalzano sulle pareti e altre superfici lasciando segni diversi in base all’impatto, i riflessi sui mezzi che si muovo sul campo di battaglia e la fisica che controlla le azioni e i movimenti di ogni singolo giocatore. Battlefield V ci fa strisciare su terreni fangosi, nevosi e trincee dove si sentono fischiare i proiettili sopra la nostra testa, oppure colpire quella del nostro compagno di fianco a noi, con un fiotto di sangue in corrispondenza del colpo subito e una risposta dei movimenti del personaggio che rendono perfettamente l’idea di un corpo colpito da un fucile, talmente realistico che si potrebbe quasi piangere per il compagno caduto, mentre il fumo di un esplosione ci blocca la visuale sul nemico che ha esploso i colpi letali.
11-11: Memories Retold: l’arte della guerra lascia il posto all’arte nella guerra
11-11: Memories Retold è ambientato nella prima guerra mondiale e pone la vicenda come qualcosa di contorno, piuttosto che farne il tema principale. Infatti, quelle che vivremo in questo titolo prodotto da Ubisoft Montpellier sono le storie di diversi protagonisti, attraverso le quali conosceremo spazi d’intimità delle loro esistenze e vivremo il gioco in base alle emozioni provate da questi, piuttosto che quelle suscitate dalle battaglie svolte durante il conflitto.
11-11: Memories Retold accosta una narrativa ben strutturata a un grafica dagli spiccati cenni pittorici, grazie ai quale sembrerà di osservare un quadro animato piuttosto che un film o un videogioco. Anche in questo caso si parla di fotorealismo nei videogiochi, poiché questa tecnica non è fine solo a trasmettere fedeltà dei contenuti visivi, ma anche di quelli emozionali e sentimentali e proprio come nella realtà l’osservazione di un quadro o un’opera d’arte riesce a suscitare emozioni, questo titolo sarà in grado di farci appassionare senza necessariamente vantare i canoni grafici eccelsi ai quali siamo ormai abituati.
Il motore grafico utilizzato per 11-11: Memories Retold è stato ottimizzato per fare sembrare il gioco un dipinto realizzato con l’uso della tecnica dell’impressionismo, con personaggi, strutture e mezzi, composti da piccole macchie di colore di sfumature mutevoli. La capacità di calcolo del motore grafico non deve lavorare tanto sui poligoni ma sulla variazione delle differenti pennellate che compongono l’immagine, le quali in base alla direzione della luce e i movimenti dei personaggi, cambiano d’intensità cromatica e dimensione. La profondità di campo è stata realizzata in maniera molto intelligente e rende l’effetto artistico ancora più credibile grazie all’uso di “pennellate” più grosse e grezze per gli oggetti in lontananza, rispetto a quelle più piccole e dettagliate per gli elementi a breve distanza.
Il team di sviluppatori ha dovuto fare una scelta importante ma difficile, poiché l’utilizzo di questa tecnica rende impossibile uno sculpting dettagliato dei volti dei personaggi e quindi risulta difficile fargli esprimere emozioni attraverso l’espressività facciale, elemento che prima di ogni altra cosa riesce, nei giochi moderni, a trasmettere emozioni. Tuttavia, è l’aspetto fiabesco delle ambientazioni che riesce a trasmettere anche nei momenti più drammatici, convincendo il giocatore a non skippare le scene d’intermezzo.
Il colpo d’occhio artistico ben si lega alla storia dei due personaggi principali: Henry, un fotografo di guerra partito con la speranza di trarre fama e gloria da questa esperienza e Kurt, un ingegnere partito in cerca del figlio di cui non ha più avuto notizie. Le storie dei due finiranno per incontrarsi sul campo di battaglia, dove solo nelle scene di guerra si vivrà la crudeltà e la follia di quello che è stato uno dei conflitti più sanguinari della storia dell’uomo.
L’emozione suscitata da 11-11: Memories Retold non scaturisce dalla narrazione della storia che è a tratti noiosa, poiché la semplicità delle azioni quotidiane dei due protagonisti nonostante gli orrori della guerra, come se questi gli scivolassero addosso, non riesce a entusiasmare il giocatore più di tanto, ma ci saranno compiti da svolgere che ci permetteranno di fermarci un attimo e apprezzare le bellezze che comunque continuano a esistere nonostante tutto, come il dover scattare delle foto a determinati elementi, come un tramonto o un paesaggio, durante alcune fasi del gioco.
Il fotorealismo nei videogiochi è in grado di raccontarci una storia in modo più emozionante, ragione per la quale la ricerca sterile della perfezione grafica non sarà mai un’elemento che da solo può fare un tripla A.
Premetto che non ho giocato nessuno dei due, ma il livello di realismo in queste immagini li rende un’esperienza da provare, anche se non è proprio il mio genere. Ammetto che l’immagine con la neve mi ha impressionato parecchio.
Sono due tipi diversi di fotorealismo, la perfezione grafica di BF V e la pittoricitá di 11 11, entrambi spettacolari a modo loro e non solo per spettacolarità, ma per rendere la storia più emozionante.