Com’è la prima visita
FutureGrind si presenta così, con un immediato invito a giocarlo. I colori, le musiche, l’estetica di ogni elemento del gioco rimanda ad un futuro cybernetico, a cavallo tra Tron e Blade Runner. E questo già è un elemento che colpisce, accattivante, che fa venir voglia di scoprire di cosa si tratta. Il gioco, sviluppato e pubblicato da Milkbag Games, propone l’avvento di uno sport futuristico intorno al quale gira il tutto.
Infatti, o almeno questo era il tentativo della software house, ci si palesa immediatamente l’introduzione della trama che dovrebbe fungere da collante tra i vari livelli. Trama che ci vede nei panni di atleta professionista di questo nuovo sport a compiere piste su piste per soddisfare le aspettative e gli affari dei vari sponsor, i quali via via che si accumulano successi forniranno veicoli nuovi…ma nel lato oscuro di questo mondo futuristico si cela qualcuno che ci osserva, e che irromperà a mo’ di hacking nel nostro menù principale, lasciandoci messaggi occulti e frasi ambigue.
La riporto ad onor di cronaca, dal momento che, per come viene condotta, la sua manifestazione in game si limita ad un messaggio di testo all’inizio di ogni nuova mappa e qualche intermezzo legato a questa figura misteriosa che fa la sua apparizione. Tuttavia, e dispiace cominciare questa recensione da un tasto dolente, la narrazione passa immediatamente in secondo piano, tanto da non curarcene per tutta la durata del gioco. L’attenzione si sposta subito sui veicoli, sui tracciati, sulla difficoltà e sulle acrobazie, colonne portanti del titolo, nel quale però è difficile prestare considerazione ad una trama che risulta da subito superflua e accessoria.
Come si gioca? Comandi e struttura
Percorrere i binari colorati dei vari tragitti è comodo e semplice. Infatti, a prescindere dalla periferica utilizzata, FutureGrind dimostra come bastino i tasti direzionali e uno per saltare per divertirsi in modo tutt’altro che banale. E questo vale sia per tastiera che per joypad, tra i quali c’è solo una differenza di abitudine, essendo praticamente identica l’esperienza di questo gioco per entrambi i device. Che si usi ASWD + Space (il mouse non è contemplato tra i comandi, la schermata iniziale te lo dice esplicitamente) o LS + A, per compiere le acrobazie e giungere a fine percorso basta direzionare l’inclinazione della nostra super moto e decidere quando decollare o eseguire doppi salti.
La struttura del gioco la potremmo definire progressiva, e francamente ben progettata. Dall’inizio, andando avanti per i livelli, vengono via via proposte nuove sfide con nuovi percorsi e sfondi, nuove quest (se così possiamo chiamarle) e soprattutto nuove moto, elemento, questo, che dà molta variabilità al gioco, come vediamo più avanti. Avvicinandosi ad ogni nuova mappa, fin dal primo livello, il punto di partenza è sempre lo stesso: sperimentare la pista. Ci viene chiesto infatti di arrivare “semplicemente” in fondo, al traguardo. Una volta superato questo, viene riproposto come step successivo quello di percorrerla nuovamente, ma con obiettivi più specifici, come compiere 720° Backflips, Undergrind x3, raggiungere un moltiplicatore pari a x12, mostrando in un primo momento in quanti modi può essere attraversato quel tratto, ma soprattutto stuzzicando la fantasia da stuntman che, sotto sotto, abbiamo tutti ma non sempre cogliamo l’occasione per esprimere. Più volte infatti è capitato di fare a ripetizione un percorso solo per vedere se sarei riuscito a fare quell’incredibile acrobazia, possibile solo nella mente.
E come per queste, anche per le prove proposte dal gioco serve tentare e tentare ancora. Infatti, equilibrando successo e frustrazione, avanzando nel gioco si incontrano sfide sempre più ardue, che a primo acchito sembrano impossibili. Dopo aver schiantato il povero pilota su ogni superficie esistente nella mappa, dopo plurime esplosioni e resistenze alla tentazione di spegnere tutto e pensarci il giorno dopo, ci si accorge che in realtà è fattibile, che quel sentimento di arrendevolezza si tramuta in curiosità, in fiducia e talvolta in festeggiamento. Questa giostra emotiva è ben costruita, e funge da elemento motivante che tiene il giocatore sul pezzo, lo porta a coltivare il desiderio di riuscire a superare quell’ostacolo, e anche a divertirsi alla vista di quei trabiccoli che esplodono all’improvviso, arricchiti da una fisica ragdoll del corpo del pilota che fa sorridere. Inoltre, tutto questo accade ad un ritmo frenetico, dal momento che FutureGrind presenta uno dei più grandi pregi che un giocatore possa ricercare in un’esperienza videoludica: NON ESISTONO TEMPI DI CARICAMENTO. Esatto, i tuoi occhi hanno letto bene il graffiante Caps Lock. Ogni volta che si avvia il gioco, questo si carica immediatamente, con i motori già caldi. Quando succede di non arrivare a fine percorso perché precipitati fuori dai binari, o perché saltati in aria dopo aver poggiato la ruota sul colore sbagliato, basterà cliccare Restart (o Y per il joypad) e immediatamente il livello ripartirà. Chiedo scusa per l’enfasi, ma è facile intuire come questa caratteristica renda il tutto molto più fruibile, meno snervante, rendendo il passo molto rapido e per questo godibile.
Gameplay e feeling
Il gameplay è molto fluido e intuitivo, tanto da sentirsi subito confidenti nelle proprie capacità di manovrare i bolidi a due ruote, per poi essere stroncati nell’entusiasmo dalle difficoltà di percorso.
Difficoltà dettata non solo da un sempre più rapido susseguirsi di binari, ma dall’aggiunta di tanti elementi. Infatti, se ai primi livelli la nostra moto ha ruote dello stesso colore e anche i binari sono monocromatici (a esclusione di quelli bianchi che ci sono sempre), successivamente si aggiungono binari di un secondo colore, moto dalle caratteristiche diverse e persino elementi dell’ambiente coi quali poter interagire per proseguire nel tragitto, come sfere, pareti luminose e via dicendo, conferendo all’esperienza sempre più gusto e necessità di adattamento alle novità da parte del giocatore.
Un’altra cosa davvero apprezzabile è il fatto che dopo un po’ di livelli fatti con lo stesso veicolo la “storia” ti fornisca una moto nuova, diversa dalla precedente, con la quale fare le mappe successive. La bellezza la si trova nel fatto che le moto in questione sono diverse non solo nel design, ma anche per una questione di feeling nell’usarle. E così cambia anche il modo in cui si affrontano le sfide determinate dai binari colorati posti a costituire il percorso da attraversare.
A colpo d’occhio si nota che, oltre ad essere bello e tamarro, il design di questi veicoli sposta per ognuno il baricentro di tutta la struttura; questa cosa viene resa molto bene appunto nel feeling dei comandi, tramite i quali si sente la differenza tra una moto simmetrica (immagine 1) e una asimmetrica come quella arancione e verde. Inutile specificarlo, ma lo faccio lo stesso, questo cambia le cose non solo a livello di sensazione di pesantezza del veicolo, ma proprio nella prestazione della moto in pista, per la quale saranno più facili alcune acrobazie rispetto ad altre. Differenze che, è bene dirlo, si sentono sì, ma quanto basta per percepire una variazione nel gioco, non in modo così incisivo da determinare uno squilibrio tale da dire che una sia meglio dell’altra.
Tuttavia, una nota dolente viene dal fatto che, sebbene tutti questi elementi conferiscano variabilità al titolo, di fatto la formula è sempre la stessa, che è sì divertente, ma alla lunga molto ripetitiva. Una melodia eterna che può essere però resa piacevole da improvvisazioni personali, ponendosi obiettivi ulteriori rispetto a quelli proposti dal gioco, che a tempo perso permettano di fare infinite volte lo stesso percorso perché quel che conta non è più arrivare in fondo, ma riuscire a fare peripezie senza eguali.
Infatti, per quanta varietà di stimoli si possa sperare di trovare, il gioco si fonda su dinamiche molto semplici. In sella ad una moto (come abbiamo visto, disporremo via via nel gioco di più veicoli dalle diverse caratteristiche) dovremo compiere un percorso costruito da binari, inizialmente dello stesso colore, poi di colori diversi, su cui poggiare la ruota del relativo colore, intervallati da binari bianchi, i quali non considerano la ruota sulla quale si atterra, ma hanno come effetto quello di annullare i moltiplicatori accumulati che aumentano il punteggio ottenuto con le nostre prestazioni in gioco. Perché è importante? Facile, l’obiettivo del gioco è sì raggiungere gli obiettivi proposti per ogni livello, ma soprattutto fare più punti possibile!
Per chi non ama le sfide, la software house ha inserito la possibilità di impostare una Assist Mode, ovvero una modalità in cui si potrà decidere di quanto rallentare la velocità di scorrimento, o persino rimuovere la diversificazione delle ruote così da non avere problemi di sorta:
Oltre a non permettere di sbloccare alcuni achievements, questa modalità semplificata toglie veramente tutto il gusto del gioco. Infatti, in un arcade dove l’obiettivo è fare più punti, realizzare acrobazie, peripezie rocambolesche e che permette di porsi da soli delle sfide, dove sta il divertimento se non ho ostacoli tra me e il mio traguardo?
Longevità
Da qui è naturale iniziare a parlare della longevità dell’esperienza proposta da Milkbag Games. Che dire, in 35 minuti di gioco ho raggiunto il 20% di completamento, a cui vanno annessi tentativi e test delle varie modalità e periferiche. Ciò nonostante, va detto che la difficoltà aumenta durante il gioco, dilatando la durata della partita al crescere della difficoltà dei livelli. Ad esempio, dopo 2 ore di gioco ho completato solo il 40%, vuoi per l’aumento della difficoltà che senza dubbio rallenta e al tempo stesso stimola a giocare, vuoi perché mi sono perso nel provare nuovi tricks in piste ormai a me familiari. Non ha senso parlare di durata vera e propria del gioco. Potenzialmente, a mio avviso, questo gioco è infinito, ed è uno di quei titoli piacevoli da tenere sempre installato in libreria, dal momento che sul disco occupa meno di 500MB (il download è intorno ai 200MB). Così, senza impegno, è possibile riprenderlo in mano quante volte si vuole, anche solo per il piacere di fare un paio di piste, provare nuove mosse, e risultare sempre sul pezzo pur avendolo completato al 100%. Sta quindi al giocatore definire la durata dell’esperienza, dal momento che i propri record possono essere nuovamente superati e nuovi punteggi raggiunti.
Comparto grafico e audio
Graficamente il gioco si presenta bene, dà la sensazione di essere esattamente come dovrebbe. I colori, l’atmosfera cyber che si respira, e alcune trovate molto gradevoli migliorano tutta l’esperienza. Primo fra tutti l’effetto scintillio di quando la ruota tocca il binario, che ricorda vagamente il contatto tra due spade laser dei celeberrimi Star Wars. Apprezzabile anche il contrasto dei colori tra lo sfondo e i fluorescenti della pista e del velicolo, che portano un risultato piacevole alla vista e in piena coerenza con il concept del gioco. L’alternanza tra paesaggi nostrani come valli verdeggianti e colline innevate con avveneristiche città dalla fisionomia simile a quelle proposte in Nathan Never o Balde Runner risulta un buon elemento di variazione che gratifica l’occhio, essendo il tutto reso con dettagli minimi ma efficaci.
Una chicca che ho trovato carina è il fatto che al tocco della ruota il binario emette un suono per tutta la durata del contatto, e il suono varia, anche se leggermente, in base al colore del binario; il suono che ne esce è in perfetta armonia con la colonna sonora, dando a tratti l’idea che si stia contribuendo al tappeto musicale che accompagna il giocatore in tutti i livelli.
Parlando proprio di musica, le scelte fatte dalla software house sono azzeccatissime, in perfetta linea con la concitazione delle percorrenze e divertenti. Insomma ci sta bene, e ancor di più perché di tanto in tanto si prende un pausa di qualche secondo lasciando la scena, appunto, al suono dei binari.
Giudizio conclusivo
Complessivamente l’arcade di Milkbag Games è un titolo ben riuscito, sia per l’aspetto estetico e colonna sonora, sia proprio nelle dinamiche e struttura di gioco, nonostante possa risultare alla lunga un po’ troppo ripetitivo, ma solo se preso “alla lettera”, svolgendo quindi solo ciò che il gioco ci chiede. Di elementi che spingono ad andare avanti nel gioco e sperimentare ce ne sono, primo fra tutti l’equilibrio tra frustrazione e ricompensa, continuando con la possibilità di ripetere gli stessi percorsi che, sebbene si leghi alla dimensione di ripetitività del gioco, dà la possibilità di provare nuovi modi di vivere la pista, permettendo al giocatore non solo di giocare, ma di reinventare il gioco in base alle proprie inclinazioni.