Chi ha qualche anno sul groppone ricorda di sicuro, e non senza un po’ di nostalgia, tutto quello che fece da sfondo all’uscita della prima PlayStation, nella seconda metà degli anni ’90: il salto grafico fu strabiliante e tuttora rimane ineguagliato, si aveva la possibilità di giocare nel proprio salotto e con una spesa contenuta ai titoli che fino a qualche mese prima vedevamo solo nelle sale giochi, iniziavano a prendere piede videogiochi impensabili fino alla generazione precedente dei 16 bit, come Tomb Raider o Resident Evil, che per limiti tecnici non avremmo mai potuto vedere su un Mega Drive o un Super Nintendo.
L’abbondanza della prima PlayStation
In seconda battuta, una volta aver accolto e assimilato tutto questo ben di Dio, a fare capolino per poi diffondersi a macchia d’olio tra i videogiocatori ci fu un fenomeno che prima di allora era conosciuto soprattutto tra i possessori PC: la pirateria.
Con un semplice masterizzatore e un cd vergine da poche lire (gli euro dovevano ancora fare la loro comparsa) ci si poteva portare a casa un gioco magari prestato da un amico oppure preso a noleggio in una qualche videoteca o catena in voga in quel periodo.
Molti tra i possessori di PlayStation si ritrovarono ben presto con un’intera softeca di giochi, il tutto ad un costo davvero irrisorio. Un vero paradiso in terra per ogni appassionato.
Il lato negativo, come sempre accade, non solo c’era, ma andava paradossalmente a discapito degli appassionati stessi; succedeva infatti che molto spesso si avevano così tanti giochi a disposizione che non solo si era spesso indecisi su quale iniziare, ma capitava anche che la curiosità di passare al prossimo mollando il precedente, magari iniziato poco prima, era talmente grande da poter essere sopita.
Il punto era proprio quello: si possedevano decine e decine di giochi, ma si finiva molto spesso per apprezzarne (e finirne) davvero pochi, con la logica conseguenza che quella del videogiocare non era più una passione, un divertimento, ma diventava il mero soddisfacimento di una curiosità.
Ebbene si, anche io, mio malgrado, ho fatto parte di quella schiera di sfruttatori della pirateria, cosa di cui ora non vado molto fiero, per diverse ragioni, ed anche io ho subìto il contraccolpo di non apprezzare più il videogioco in quanto tale perché ne possedevo talmente tanti che di fatto non ne riuscivo a portare a termine nemmeno uno.
Per mia fortuna mi resi presto conto che tutto questo, oltre ad essere illegale e dal mio punto di vista immorale, penalizzava non poco il mio essere videogiocatore appassionato, e fu quasi naturale che da PlayStation 2 in poi non volli più saperne di “modifiche” hardware e giochi masterizzati, e non ti dico come la mia passione ne abbia beneficiato nel corso degli anni, a tal punto che l’idea di tornare a quelle brutte abitudini non mi sfiorò mai più.
Quella appena descritta è un’epoca lontana oltre 20 anni da adesso; sono cambiate le abitudini anche grazie allo stravolgimento della tecnologia, tra store on line che ci hanno fatto dimenticare spesso il gioco fisico che si acquista in negozio o addirittura la possibilità di giocare in streaming senza nemmeno dover scaricare il titolo sulla console.
Tutto è cambiato, quindi. Assolutamente, ma forse qualcosa, in un certo senso, può essere rimasto simile a quel periodo?
Il Game Pass può alimentare la nostra passione o rischiare di soffocarla?
Da quando nel Natale 2018 sono divenuto possessore di Xbox One, mi sono da subito abbonato al Game Pass. Anzi, potrei addirittura dire che per me il Game Pass è stata la vera killer application che mi ha spinto a prendere la console Microsoft, dal momento che ero particolarmente attratto da quel servizio innovativo che per meno di 10 euro al mese ti dava la possibilità di fruire di un catalogo comprendente circa 100 giochi, tra cui tutte le esclusive Microsoft al lancio, oltre ad una serie di titoli tripla A.
Potevo farmi scappare questa possibilità così conveniente? Assolutamente no. E difatti non lo feci.
Ma il primo pensiero che mi raggiunse nell’atto stesso in cui mi trovai di fronte al ricco catalogo offerto dal Game Pass mi portò alla memoria proprio gli anni della mia carriera di “giocatore pirata” sulla prima PlayStation, e le domande sorsero subito spontanee: non è che faccio la stessa fine, con decine di giochi dei quali non ne porto avanti nemmeno uno? Rischio di perdere il gusto di giocare per inseguire la curiosità di vedere com’è il gioco che hanno appena inserito?
Dubbi assolutamente leciti, se si considera poi che, a differenza della pirateria, il Game Pass è un servizio assolutamente lecito.
A circa due anni di distanza, posso con totale serenità dire che tutti i miei timori si sono rivelati infondati. Essendo probabilmente ora un giocatore più maturo e consapevole (termini ricercati per non dire “vecchio”…) la curiosità quasi bulimica di volere provare un nuovo gioco ha lasciato spazio alla voglia e il piacere di approfondire quello che sto provando in quel momento. Ed è così che sono arrivate le 120 ore trascorse su Metal Gear Solid: The Phantom Pain, o i 2 mesi abbondanti su The Witcher 3: Wild Hunt, o l’intera campagna principale vissuta su Red Dead Redemption 2.
Mi è capitato di leggere varie volte in rete commenti di fruitori del Game Pass, e per molti l’abitudine era la mia stessa di 20 anni fa, ovvero quella di voler provare sempre un nuovo titolo senza però approfondirne e goderne di nessuno in maniera completa, facendo perdere il gusto per quella che dovrebbe essere l’essenza stessa del videogiocare.
Capire se il “problema” sia effettivamente del giocatore stesso, del prodotto o ancora di un particolare momento, è difficile da dirsi. Quello che è certo è che dovremmo essere sempre noi utenti ad avere il controllo sulla nostra passione, perché quando diventa il contrario, ecco che si presenta il pericolo di non viverla come merita e come vorremmo.
Grazie, davvero, per questo articolo. Ho faticato non poco per cercare in rete qualche articolo Italiano (estero molti) sulla considerazione del game pass da questo lato. Ce ne un altro in giro che parla del game pass come il “netflix” dei videogiochi.
Non c’è niente di più orribile: è giusto avere un lato entertainment puro di zapping videoludico come è giusto sapere che esiste nella scala delle intensità dei consumatori per ogni altro medium: serie tv, film, etcetc.
Tuttavia, il game pass, pur riconoscendo a microsoft che è un’opera magna (e lo dico da pro-fan microsoft) rischia di non andare incontro a quei videogiocatori che hanno semplicemente un gusto analitico più attento nella selezione e nella scelta. Avere tutto e sempre è un male per l’incentivare la concentrazione e la visceralità del singolo titolo. Sono d’accordissimo quando si parla di problema del videogiocatore forse e non dei titoli.
Tuttavia, da quando esiste, il gamepass secondo i miei gusti di videogiocatore da 20 anni su ogni piattaforma esistente ed ogni genere esistente, sono rimasti un po’ contrariati.
Se la totalità della massa invoglia un mercato di prodotti di massa, questo è indubbiamente comprensibile. Microsoft ha creato questo mercato nel videoludico con Game Pass e deve tenere conto dei profitti.
Ricordiamo, prendendo i fatti e non le sensazioni, che game pass non ti fa proprietario di un gioco. Lo hai in affitto finquando esso è incluso nel catalogo. E, tendenzialmente, chi fa il pass ideologicamente non dovrebbe acquistare altri giochi singoli (o quanto meno non è indicato dal punto di vista economico). Invece io, possessore del game pass, mi sono trovato spesso a dover effettuare un acquisto esterno. E non lo dico da ignorante: è chiaro che si aderisce a microsoft quando si aderisce a game pass; quindi l’etica dello sviluppo Microsoft, con le IP Microsoft, con gli studi Microsoft. Lo dico piuttosto da possessore. Io non posseggo alcun gioco su game pass, non sono più un videogiocatore, sono un consumatore marcescente.
Ottima riflessione di questo articolo!!!!