Un paio di giorni fa abbiamo riportato la notizia che vede coinvolte due aziende di grande spessore, Gearbox Software e Embracer Group. È infatti confermato che il gruppo svedese acquisirà, entro i prossimi tre mesi, la software house americana.
Gearbox, secondo il giornalista Brad Sams, era stata contattata anche da Microsoft che aveva tutta la volontà di acquisire la software house, con l’intenzione di allargare il “parco studi interni”, se ancora ce ne fosse bisogno mi viene da dire. Va detto però che, la grande popolarità e qualità dei titoli sviluppati dallo studio texano (Borderlands, Brothers in Arms), giustifica in pieno le intenzioni delle aziende più grandi di entrarne in possesso.
In questo articolo voglio però parlarti di Randy Pitchford, founder e CEO di Gearbox, e di quello che pensa di questa acquisizione, approfondendo le dichiarazioni da lui rilasciate in merito alla faccenda, in una recente intervista con VentureBeat.
We are incredibly excited and proud of today’s news that The Gearbox Entertainment Company is joining Embracer Group!
Read the full release here: https://t.co/tGa7eAJvCB pic.twitter.com/kVQPnJcwgL
— GearboxOfficial (@GearboxOfficial) February 3, 2021
I progetti di Pitchford e il futuro di Gearbox
Se pensi a Gearbox, il primo gioco che ti passa per la testa è sicuramente Borderlands, ma come detto in precedenza non è l’unica saga di ottima qualità sviluppata dalla software house, anzi ci sono i Brothers in Arms o gli sparatutto Duke Nukem e Aliens: Colonial Marines.
Beh, le dichiarazioni di Pitchford in merito a queste ip non lascia scampo a dubbi, difficilmente rivedremo uno di questi titoli nel breve periodo. Ha infatti affermato che: “Lo studio ha in realtà moltissime idee che vorrebbe realizzare, e la recente acquisizione da parte di Embracer Group gli consentirà di farlo”
Pitchford ha approfondito l’argomento affermando che:
“Abbiamo così tanti nuovi concetti e IP nel nostro incubatore, che sono pronti a esplodere. Potremmo aspettare il partner editoriale giusto che sia disposto a fare una scommessa, piuttosto che correre un rischio solo su qualcosa che Gearbox ha già fatto prima. Gli editori che hanno rischiato su di noi per quello che possiamo vedere sono sempre stati ricompensati. Ma per qualche motivo non possono più correre quel tipo di rischio. Ora possiamo assumerci quel rischio “.
In sostanza l’dea di Pitchford non sarebbe quella di percorrere vie già battute in passato, parlando di rischi si riferisce al fatto che grazie a questa acquisizione, lo studio sarà in grado di presentare nuovi progetti e nuove IP senza remore. In passato, nonostante i successi ottenuti, gli editori che hanno dato fiducia allo studio hanno corso dei rischi, che oggigiorno, forse anche a causa della pandemia, non sono più in grado di correre.
Continuando sull’acquisizione ha espresso poi il suo entusiasmo dicendo:
“Possiamo fornire il massimo sull’IP che abbiamo e perseguire nuove IP come conseguenza di questa relazione. È incredibilmente eccitante per me. Mi sento come se fossimo solo all’inizio. Non so quanti anni mi restano, ma voglio fare il più possibile mentre sono ancora utile per questo settore, mentre sono ancora utile per le persone che vogliono i videogiochi. Farlo finché il mondo vuole che lo faccia. Ho intenzione di morire in carica. Spero che sia molto tempo da ora“.
Leggendo queste parole risulta chiara l’intenzione di non rinunciare del tutto alle IP che hanno reso grande lo studio, sfruttando invece l’esperienza accumulata grazie ad esse per lo sviluppo di nuovi progetti. È chiara anche la voglia di non abbandonare il settore videoludico, fin quando sarà in grado di soddisfare il bisogno di giocare da parte delle persone e di dare un apporto concreto.
In conclusone le dichiarazioni del fondatore di Gearbox fanno capire l’importanza che hanno questo tipo di acquisizioni per questo settore. Nel particolare momento che il mercato videoludico sta attraversando, in cui, nonostante il numero impressionante di titoli che ogni anno vengono lanciati (tripla A o produzioni indipendenti), il settore sembra esser vittima di un “immobilismo” nella ricerca di qualcosa di davvero innovativo.
I grandi publisher e le grandi software house hanno paura di rischiare e sempre più spesso si limitano a riproporre minestroni riscaldati in piatti nuovi di zecca. Le acquisizioni di studi più piccoli da parte di aziende più grandi, come dice Pitchford, potrebbero essere utili per le produzioni future, potrebbero portare benefici a tutta l’industria videoludica, che è forse troppo concentrata ad accontentare “l’utente medio leone da tastiera”, e impaurita da quello che scrive e riversa sui social, invece di essere alla ricerca costante di novità e qualità.