Ultimamente la vecchia scuola sta tornando sotto la luce dei riflettori grazie a diversi porting, remake e riedizioni dei giochi del passato. Basti pensare ai remake di Crash e Spyro, all’imminente Chocobo GP, a Final Fantasy Pixel Remastered e, per entrare direttamente nel mondo arcade, alle edizioni Recharged di Missile Command e Centipede.
Nintendo Switch, poi, ospita parecchie glorie del passato, a cui si aggiunge lo sconosciuto Gleylancer. Il gioco è uno shoot ’em up a scorrimento orizzontale che prende a piene mani da titoli come R-Type.
Parliamo però di un’esperienza meno conosciuta e meno giocata, per diversi motivi. Oltre alla difficile reperibilità, essendo il gioco destinato al mercato giapponese, Gleylancer poggia fin troppo sulla classica struttura del genere, proponendo un gameplay per certi versi derivativo. Vediamo quindi se vale la pena giocarlo anni dopo.
Vecchia scuola anche nelle cutscene
Incredibile ma vero, Glaylancer ha una trama che, pur non essendo troppo elaborata, contribuisce a creare un’atmosfera unica. La storia narra di una guerra tra l’umanità e una razza aliena tecnologicamente superiore, riprendendo il topos che andava tanto di moda quegli anni.
Da questo incipit, però, parte una storia più “intima”, narrata con uno stile che richiama i classici cliché degli anime vecchia scuola: il padre della protagonista viene catturato dagli alieni insieme all’intera nave di cui era al comando e sua figlia decide di tentare un salvataggio rubando il prototipo di un nuovo veicolo militare.
Come puoi notare, la storia di Glaylancer, pur essendo più elaborata della media del genere, resta comunque marginale. Semplicemente, tra i vari livelli assistiamo a delle cuscene che richiamano l’estetica degli anime vecchia scuola. Il risultato è piacevole, ma mai troppo emozionante.
Tra spari e detriti
Il gameplay di Gleylancer è quanto di più classico si possa pensare, quando si guardano gli sparatutto a scorrimento a laterale: abbiamo diversi livelli dove si affrontano vari nemici in schermate dinamiche e, alla fine, troviamo un gigantesco e difficilissimo boss ad attenderci. Durante le sparatorie dei livelli, poi, possiamo imbatterci in vari potenziamenti, che migliorano le nostre capacità offensive e modificano gli effetti dei colpi.
I livelli propongono una buona varietà di situazioni, dato che i diversi tipi di nemici si alternano a strettoie di vario tipo o a forme particolari dello scenario.
A queste basi Gleylancer aggiunge solo una piccola meccanica: due torrette che ruotano attorno alla navicella controllata dal giocatore. Queste, di fatto costituiscono la vera potenza di fuoco della nave, dato che possono essere controllate in modo più preciso. Mentre la nostra nave spara solo davanti, infatti, le due torrette possono essere controllate direttamente con il pad destro, modificando la loro traiettoria di fuoco per sparare anche dietro di noi o addirittura nelle direzioni oblique.
Inoltre, il comportamento di questi piccoli droni può essere modificato a piacimento con la pressione di un tasto (o scelto all’inizio dei livelli). E’ infatti possibile selezionare diversi pattern di attacco, che vanno dalla mira automatica, al fuoco intorno alla nostra nave, passando per altre varianti.
La prima cosa che salta all’occhio, però, è l’inutilità di questa impostazione. Se infatti in passato poteva essere utile scegliere il comportamento delle torrette, i controlli aggiornati di Glaylancer annullano del tutto questa necessità. Sfruttando a dovere la levetta destra, di fatto, è possibile mirare e sparare senza problemi in ogni direzione e, con un minimo di abilità, ignorare del tutto il comando per modificare i pattern d’attacco.
Oltre a queste basi, poi, Gleylancer aggiunge piccole impostazioni “da emulazione” attivabili con un vero e proprio menù aggiuntivo, esterno al gioco originale. Da qui è possibile modificare alcuni dettagli e, cosa più importante, salvare e caricare in ogni momento. Anche stavolta, però, il lavoro degli sviluppatori è andato troppo oltre.
Di fatto, il sistema di salvataggio non ha limiti, permettendo quindi di salvare e caricare senza nessun limite. Questo, potenzialmente, può tradursi in giocatori che abusano del sistema, distruggendo l’esperienza di gioco. Nonostante questa pigrizia, però, un appassionato del genere può tranquillamente porsi dei paletti ben precisi, in modo da non rovinare il bilanciamento del gioco.
La grande libertà offerta al giocatore, però, può essere anche un pregio: Gleylancer può essere personalizzato in diversi aspetti, che vanno dalla difficoltà generale, alla velocità, passando per la modalità di fuoco e per piccoli dettagli. Chiunque, indipendentemente dalle sue preferenze, troverà quello che cerca.
In generale, il porting su Nintendo Switch rende giustizia al gioco e, soprattutto, lo rende facilmente reperibile ai giocatori che, magari, non sono riusciti a recuperarlo in passato. Le opzioni offerte dal menù di emulazione del porting permettono infatti di godere dell’esperienza nel migliore dei modi, senza scendere a troppi compromessi.
Nel complesso, Gleylancer è un classico shoot ’em up a scorrimento orizzontale, che difficilmente offrirà qualcosa di nuovo agli appassionati del genere. Il titolo, banalmente, poggia del tutto sulla classica struttura che era in voga negli anni della sua uscita originale, senza offrire nulla di unico.
Il gioco, quindi, è consigliabile solo agli appassionatissimi che hanno già provato tutti i classici del genere, ma cercano ancora qualcosa di nuovo. Al contrario, i novizi dovrebbero passare prima dai titoli più famosi prima di valutarne l’acquisto. Va precisato che Gleylancer non è un brutto gioco ma, semplicemente, è molto derivativo, ora come allora.
Vecchia scuola anche esteticamente
Il comparto tecnico di Gleylancer riprende in tutto e per tutto l’estetica originale del titolo, qui riproposta con pochi cambiamenti. Troviamo quindi una grafica vecchia scuola, senza troppi dettagli e con colori non troppo accesi. Proprio questo è un problema che poteva essere risolto: i colori simili tra loro rendono infatti difficile distinguere alcuni ostacoli dalle decorazioni dello scenario, risultando in morti inutili e inaspettate.
Il comparto artistico pecca invece di eccessiva genericità, soprattutto durante le sezioni di gameplay. Allo stesso modo, la parte animata non spicca per originalità.
Il comparto sonoro non è troppo elaborato, con musiche ed effetti che si limitano a fare il loro lavoro.